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E Illian, e metà dell’est! Credi davvero che le streghe siano divise?

Lo credi?» Lentamente trasse un profondo respiro, calmandosi. Tentando, perlomeno. Ogni racconto dall’est era peggiore del precedente. Una raffica di vento giù per il camino soffiò scintille per la stanza e lui si ritrasse con un’imprecazione. Dannata stamberga!

Perfino il camino era fatto male!

Asunawa richiuse di colpo il libricino fra i suoi palmi. Le sue mani erano giunte come in preghiera, ma i suoi occhi infossati all’improvviso parvero più ardenti del fuoco. «Io credo che le streghe debbano essere distrutte! Ecco cosa credo!»

«Mi basterebbe sapere come i Seanchan riescono ad addomesticarle.» Con abbastanza streghe addomesticate, avrebbe potuto scacciare al’Thor dall’Andor, da Illian e da qualunque altro posto in cui si era stabilito come l’Ombra stessa. Avrebbe potuto superare lo stesso Hawkwing!

«Devono essere distrutte» disse Asunawa in tono testardo.

«E noi con loro?» domandò Valda.

Bussarono alla porta e, al secco invito di Asunawa, uno degli uomini di guardia all’esterno apparve sulla soglia, rigidamente dritto, un braccio che gli scattò al petto in un deciso gesto di saluto.

«Mio Sommo lord Inquisitore,» disse in tono rispettoso «il Consiglio degli Illuminati è qui.»

Valda attese. Il vecchio sciocco avrebbe continuato a essere ostinato con tutti e dieci i lord capitani sopravvissuti lì fuori, in sella e pronti a partire? Quel che era fatto era fatto. Quello che doveva essere fatto.

«Se ciò abbatterà la Torre Bianca,» disse Asunawa infine «posso considerarmi contento. Per ora. Verrò a questo incontro.»

Valda mostrò un debole sorriso. «Allora io sono contento. Vedremo assieme le streghe cadere.» Lui di certo le avrebbe viste cadere. «Ti suggerisco di far preparare il tuo destriero. Ci aspetta una lunga cavalcata all’imbrunire.» Se Asunawa avrebbe assistito alla loro caduta con lui era un’altra faccenda.

Gabrelle apprezzava le cavalcate attraverso i boschi ammantati di neve con Logain e Toveine. Lui consentiva sempre a Toveine e lei di seguire alla loro andatura in una parvenza di riservatezza, sempre che non indugiassero un po’ troppo indietro. Tuttavia le due Aes Sedai di rado parlavano più di quanto fosse strettamente necessario, perfino quando erano davvero in privato. Erano lungi dall’essere amiche. In effetti, Gabrelle spesso desiderava che Toveine chiedesse di non venire quando Logain offriva queste escursioni. Sarebbe stato molto piacevole essere davvero sola. Reggendo le redini in una mano guantata di verde e tenendo chiuso il mantello bordato di volpe con l’altra, fece in modo di percepire il freddo, appena un poco, solo per il suo rinfrescante vigore. La neve non era profonda, ma l’aria mattutina era frizzante. Scure nubi grigie promettevano presto altra neve. Su in alto volava un qualche uccello dalle lunghe ali. Un’aquila, forse; gli uccelli non erano il suo punto forte. Piante e minerali rimanevano nello stesso posto mentre li studiava, e così libri e manoscritti, anche se questi potevano sfaldarsi tra le sue mani nel caso fossero molto vecchi. A ogni modo, riusciva a malapena a distinguere un uccello a quell’altitudine, ma un’aquila era adatta al paesaggio. Erano circondati da terreno boschivo, piccole macchie dense punteggiate fra più ampi intervalli di alberi. Pini e abeti torreggianti ed enormi querce avevano soffocato la maggior parte del sottobosco, anche se qua e là i folti resti bruni di un intrepido viticcio, in attesa di una sorgente d’acqua ancora distante, si abbarbicavano a un macigno o a una bassa sporgenza rocciosa grigia. Lei trattenne attentamente quel paesaggio nella sua mente come un esercizio da novizia, freddo e vuoto.

Senza nessun altro in vista tranne i suoi due compagni, riusciva quasi a immaginare di essere in qualche posto diverso dalla Torre Nera. Quell’orrido nome le balzava alla mente fin troppo facilmente, ora. Una cosa reale quanto la Torre Bianca, e non più ‘cosiddetta’ per chiunque posasse gli occhi sulle grandi caserme di pietra che contenevano centinaia di uomini in addestramento e il villaggio che era cresciuto attorno a esse. Aveva vissuto in quel villaggio per quasi due settimane e c’erano parti della Torre Nera che non aveva ancora visto. I suoi terreni ricoprivano miglia, circondati dal principio di un muro di pietra nera. Tuttavia, riusciva quasi a dimenticarsene, qui nei boschi.

Quasi. Tranne per il groviglio di percezioni ed emozioni, l’essenza di Logain Ablar, che galleggiava sempre in fondo alla sua mente, una costante sensazione di cautela controllata, di muscoli perennemente sull’orlo della tensione. Un lupo in caccia poteva provare tali sensazioni, o forse un leone. La testa dell’uomo era in costante movimento: perfino qui osservava l’ambiente circostante come se si aspettasse un attacco.

Lei non aveva mai avuto un Custode – erano ostentazioni inutili per le Marroni, un servitore a pagamento poteva fare tutto ciò che le serviva – ed era una sensazione strana non solo far parte di un legame, ma farlo dal lato sbagliato, per così dire. Peggio ancora che essere semplicemente dal lato sbagliato: questo legame esigeva la sua obbedienza, e lei era contornata da proibizioni. Perciò in realtà non era la stessa cosa di un legame da Custode. Le Sorelle non costringevano i loro Custodi all’obbedienza. Quantomeno non molto spesso. Ed erano secoli che le Sorelle non legavano uomini contro la loro volontà. Tuttavia, forniva uno studio affascinante. Aveva lavorato sull’interpretazione di ciò che percepiva. A volte poteva quasi leggergli la mente. In altre occasioni era come procedere a tentoni nel cunicolo di una miniera senza alcuna lampada. Supponeva che, se il suo collo fosse stato steso sul ceppo del boia, avrebbe cercato di studiare anche quello. Il che era vero, in un certo senso. Lui poteva percepire lei tanto quanto lei poteva percepire lui. Doveva rammentarselo sempre. Alcuni degli Asha’man potevano credere che le Aes Sedai si fossero rassegnate alla loro prigionia, ma solo uno sciocco poteva ritenere che cinquantuno Sorelle che erano state legate con la forza si sarebbero ridotte tutte alla rassegnazione, e Logain non era uno sciocco. Inoltre, lui sapeva che erano state mandate per distruggere la Torre Nera. Tuttavia se avesse sospettato che stavano ancora tentando di trovare un modo per porre fine alla minaccia di centinaia di uomini in grado di incanalare... Luce, vincolate com’erano, sarebbe bastato un ordine per farle fermare di colpo! Non farete nulla per nuocere alla Torre Nera. Lei non riusciva a comprendere perché quel comando non fosse stato impartito come semplice precauzione. Dovevano riuscire. Se avessero fallito, il mondo sarebbe stato condannato. Logain si voltò sulla sua sella, una figura imponente dalle spalle larghe in una giubba nera come la pece che gli calzava a pennello, senza alcun tocco di colore tranne per la spada argentea e il drago rosso e oro sul suo alto colletto. Il suo mantello nero era tirato indietro, come se si stesse rifiutando di lasciare che il freddo lo toccasse. Era possibile: questi uomini sembravano credere di dover combattere qualunque cosa, tutto il tempo. Lui le sorrise – con aria rassicurante? – e lei sbatté le palpebre. Aveva forse lasciato scivolare troppa ansia dal suo capo del legame? Era una danza talmente delicata, cercare di controllare le sue emozioni, fornire solo le risposte corrette. Era quasi come sottoporsi alla prova per lo scialle, dove ogni flusso doveva essere preciso, senza la minima titubanza malgrado ogni forma di distrazione, solo che questa prova andava avanti all’infinito.