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Pandemonio stava prendendo forma.

Umanoidi, androidi, omuncoli, e alcuni autentici esseri umani furono i penultimi a entrare in scena, segno inequivocabile che di lì a poco avrebbe fatto la sua comparsa la Regista in persona.

Alcuni di quegl'ibridi umanobasati e umanoderivati erano interpreti, altri semplici comparse. Alcuni erano dinoccolati nonmorti di fronte ai quali persino i piccoli congegni senza cervello parevano ritrarsi. Pochissimi erano i protagonisti. Luther fece il suo maestoso ingresso con gli occhi folli che mandavano fiamme, e condusse i suoi Apostoli direttamente alla loro disadorna cappella. Brigham e i suoi Ragazzi giunsero a cavallo e si misero a cercare il tempio che ancora non era stato loro approntato. Ci furono recriminazioni e crisi isteriche. Erano presenti anche Marybaker ed Elron. Correva voce che nei paraggi ci fosse Billy Sunday, e forse anche Kali. Sarebbe stata una gran bella festa.

Non appena un bolex, un arriflex o un panaflex finiva di mangiare, il relativo produttore gli si connetteva, e i due proseguivano come un'unica entità. Al pari dei produttori, anche i fotofauni si assomigliavano a tal punto che uno qualsiasi di loro avrebbe potuto far da modello agli altri, a parte le dimensioni. Caratteristiche salienti di un panaflex erano la grandezza del suo unico, vitreo occhio, e l'ampiezza del suo ano orizzontale, che misurava esattamente settanta millimetri.

Un panaflex provava un solo impulso: realizzare la sua ripresa. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di girare una scena… compiere un volo in elicottero, spenzolarsi da una gru, buttarsi giù per una cascata dentro una botte. Nulla sfuggiva agli avidi sguardi del suo occhio imperturbabilmente spalancato, e quando era pronto, cominciava a filmare. Da qualche parte, nelle sue viscere, nitrocellulosa e canfora e altre sgradevoli sostanze si combinavano, per effetto di alte pressioni, a formare una ininterrotta striscia di celluloide. Tale striscia veniva ricoperta di sostanze chimiche fotosensibili trasformandosi in una pellicola negativa a colori. La pellicola trascorreva infine dietro l'occhio del panaflex, rimanendo esposta in singoli fotogrammi grazie a un meccanismo osseomuscolare di griffa e otturatore che Edison non avrebbe faticato a riconoscere.

Il produttore se ne stava a cavalcioni del panaflex mirandone il posteriore, pronto allo scaturire della pellicola, ch'egli divorava. Ciò richiedeva naturalmente uno stretto contatto onde scongiurare velature da luce ambiente. Né comunque si scomponeva, il produttore, sempre affamato di pellicola. Mangiandola, egli otteneva peraltro di svilupparla e fissarla. Allorché successivamente i produttori defecavano, il prodotto ne sortiva già pronto a metraggio per andare in proiezione, ed era appunto per questo che Gea li definiva produttori.

Erano trascorsi sessanta riv, da quando il localizzatore in avanscoperta aveva per primo individuato il luogo, ritenendolo adeguato. I fiaschi e le siringhe tornavano dalle loro scorrerie nei boschi carichi di selvaggina. Erano creature simili a scimmie: due delle poche specie di animali da preda che Gea avesse mai prodotto. Gea non era un ambiente adatto ai predatori. Una siringa se la sarebbe passata piuttosto male in una giungla africana. Ma su Gea la maggior parte della fauna non era in grado di volare per il semplice fatto che non c'erano predatori. I sorrisoni, che rappresentavano la principale sorgente di carne, non avevano bisogno di essere inseguiti, in quanto non scappavano, e neppure uccisi. La carne poteva essere raccolta dal loro corpo in lunghe strisce, senza danneggiarli. Molte bistecche di sorrisone sfrigolavano nel ristorante mentre si andava preparando la prima grande festa, e venivano imbandite sui lunghi tavoli a cavalletto adorni di candide tovaglie immacolate e grandi caraffe di cristallo ricolme di Chablis. Mentre tutti si ponevano in attesa dell'arrivo di Gea, si diffuse sul luogo un silenzio assoluto, rotto solamente dagli agitati quii, quii, quiii dei bolexi che si accalcavano pigliandosi a spintoni nel tentativo di assicurarsi i posti migliori.

Il suolo incominciò a tremare. Lei giungeva attraverso la foresta. Un ansito reverenziale scaturì dal gruppo dei Preti nel momento in cui la sua testa comparve sopra le cime degli alberi.

Gea era alta quindici metri. O, come preferiva che si dicesse, "cinquanta piedi dalla testa in giù, con gli occhi blu".

E in effetti erano blu, quantunque non li si potesse vedere nascosti com'erano dietro il più gran paio di occhiali da sole mai costruito. Aveva capelli biondoplatino. Indossava abbastanza tela di cànapa pesante color tintazzurra da equipaggiarne un galeone spagnolo. Il tessuto era stato tagliato e cucito, da una squadra di fabbricatende, in foggia d'abito lungo fino alle ginocchia. Ai piedi portava mocassini delle dimensioni di ampie canoe. Sul volto e nel personale manifestava una prodigiosa rassomiglianza con Marilyn Monroe.

Ella sostò quando raggiunse la radura, e volse dall'alto uno sguardo su tutti i suoi sudditi e le loro realizzazioni. Infine annuì: bene così. Le luci degli alberiflettori si volsero a fronteggiarla rischiarando le sue grandi labbra dischiuse in un sorriso rivelatore di nivei denti regolari grandi come piastrelle da bagno. Tutt'intorno a lei, bolexi e arriflexi ronzavano ammirati.

Le avevano costruito uno scranno, che scricchiolò mentr'ella vi si accomodava. Tutti i suoi movimenti parevano disvolgersi lentamente. Per un batter di ciglia ci voleva quasi un secondo. I panaflexi avevano imparato il trucco delle riprese rallentate, cosicché lei sembrasse, in proiezione, muoversi a velocità normale, mentre i suoi devoti avrebbero scorrazzato rapidi come topi.

Alle sue spalle s'inerpicò su per scale a pioli una squadra d'estetisti armati di rastrelli per acconciarle i capelli, damigiane di smalto per unghie, catini di mascara. Lei li ignorò; era loro compito prevederne i movimenti, ma non sempre ci riuscivano. Ella fissò il grande schermo che era stato innalzato di fronte al suo sedile.

Pandemonio, Festival Cinematografico Itinerante, stava per avere inizio. Gli alberiflettori si affievolirono gradualmente sino a spegnersi. La valle si abbuiò. Gea si schiarì la gola, rumore simile a quello d'un propulsore diesel, ma quando parlò la sua voce suonò impostata s'una gamma femminile. Molto profonda, ma femminile.

— Motore! — disse.

CINEGIORNALE

Era nozione diffusa che la V Guerra Mondiale avesse avuto origine da una Matrice Moletronica difettosa appartenente a un computer per il controllo del tiro, da poco installato a quattro miglia di profondità sotto Cheyenne Mountain, Wyoming.

Un'indagine condusse alfine all'appartamento di Jacob Smith, trentott'anni. Via del Tempio n. 3400, Salt Lake City. Era stato Smith a verificare la MM e a consentirne l'installazione nel Dispositivo Cibernetico Mark XX "Arcangelo" della Western Bioelectric. L'Arcangelo aveva poi rimpiazzato l'obsoleto Mark XIX a difesa dei Territori dei Mormoni Riformati, comunemente noti come "Terre Normanne".

La storiella era apocrifa come quella della mucca della signora O'Leary. Ma venne fatta arrivare all'orecchio di un giovane giornalista zelante al soldo di una delle reti radiotelevisive mondiali, finendo per diventare l'argomento principe di un servizio speciale in TiGiSera, "La Quinta Guerra Mondiale: Terzo Giorno". Il Quinto Giorno Jack Smith salì di nuoyo agli onori della cronaca, perché una turba inferocita lo strascinò fuori dalla centrale di polizia impiccandolo a un lampione in Piazza del Tempio, a meno di trenta metri dalla statua di un altro famoso Smith, circostanza puramente casuale.