Poiché mi guardava in attesa di una risposta, dissi: — Be’, sono sicuro che prima o poi verrà fuori l’occasione giusta per mostrare la tua capacità d’iniziativa.
— Iniziativa — ripeté, e per un istante pensai di dovergli spiegare che cosa fosse. Invece, per fortuna, scosse la testa, inacidito, e aggiunse: — Merda.
Prima che potessimo analizzare gli oscuri addentellati di quel suo pensiero, arrivò Chambers e posò una mano sulla spalla di Deborah. — D’accordo, Morgan — disse. — Lei sa quello che deve fare. Al piano di sotto, tra novanta minuti.
Debs lo guardò con l’espressione più vicina al terrore che le fosse mai comparsa sul viso. — Non posso — fece. — Insomma, credevo che lei… non può andarci lei?
Chambers scosse il capo con un crudele sorrisetto da elfo malvagio. — Non posso — disse. — Il capo qui è lei. Io sono solo il coordinatore. Il suo capitano vuole che sia lei a farlo. — Le diede un’altra pacca sulla spalla e se ne andò.
— Merda — mormorò Deborah, e per un attimo trovai profondamente irritante che per tutta la mattina quella fosse l’unica parola che tutti tiravano in ballo. Poi fece un gestaccio per aria e mi accorsi che la sua mano stava tremando.
— Di che cosa si tratta, Debs? — Mi domandavo che cosa mai potesse spingere la mia impavida sorellina a tremare come una foglia al vento.
Trasse un profondo sospiro e raddrizzò le spalle. — La conferenza stampa — rispose. — Vogliono che sia io a parlare con i giornalisti. — Deglutì e si leccò le labbra come se fosse già completamente disidratata. — Merda — ripeté.
17
Uno degli aspetti più gratificanti del mio lavoro è che è sempre molto vario. Certi giorni mi capita di utilizzare enormi e costosi macchinari per effettuare test altamente scientifici e moderni, altre volte non faccio che guardare dentro a un microscopio. Come se non bastasse, la situazione cambia a ogni scena del crimine. Ovviamente, ogni delitto è diverso dall’altro, a partire dalla più comune e volgare moglie fatta a pezzi fino a certi notevoli e pittoreschi sventramenti.
Eppure in tutta la mia variegata esperienza nel dipartimento, non mi era mai stato richiesto di mettere la mia formazione professionale e il mio acume al servizio della mia terrorizzata sorella per preparare una conferenza stampa. E meno male. Infatti, se sul lavoro mi avessero mai richiesto una tale competenza, avrei seriamente considerato la possibilità di rinunciare all’impiego di analista nella polizia per dedicarmi all’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole medie.
Deborah mi trascinò nel suo ufficio e cominciò brutalmente a farsela sotto: si sedette, si alzò, fece tre passi in tutte le direzioni, si sedette di nuovo e prese a torcersi le mani. Poi, tanto per innalzare alle stelle il Quoziente di Sgradevolezza, si mise a ripetere: — Merda. Merda, merda, merda, merda, merda — senza smettere, declinandolo in tutte le tonalità e inflessioni, finché cominciai a pensare che avesse perso anche la capacità di esprimersi intelligentemente.
— Debs — dissi infine — se queste saranno le tue dichiarazioni, dubito che il capitano Matthews sarà molto contento.
— Merda — ripeté, facendomi venir voglia di tirarle una sberla.
— Dexter, Gesù, ti prego… che cosa gli dico?
— Tutto, ma non “merda” — risposi.
Si alzò un’altra volta e si diresse verso la finestra, continuando a torcersi le mani. Da sempre, tutte le ragazzine sono cresciute sognando di diventare attrici, ballerine o comunque gente di spettacolo… tutte, eccetto Deborah. Fin dalla tenera età di cinque anni la sua ambizione era sempre stata quella di possedere un distintivo e una pistola. E grazie a un infaticabile impegno, a una tenacia fuori dal comune e a dolorosissimi pugni nel mio braccio era riuscita a ottenerli, per poi scoprire adesso che, per poterli conservare, le sarebbe toccato fare l’attrice. Il termine “ironia” è parecchio abusato, ma non posso certo negare che la situazione alimentasse in un certo qual modo il mio spirito beffardo.
Nello stesso tempo, però, Debs mi suscitò un po’ della compassione che avevo cominciato a provare dopo la nascita di Lily Anne, visto che, senza il mio aiuto, avrebbe presto fornito la prova inoppugnabile dell’esistenza della combustione spontanea. Così, quando stabilii che mia sorella aveva sofferto troppo, mi alzai dalla sedia sgangherata e le andai vicino. — Debs — dissi. — Se c’è riuscito il capitano Matthews, ce la puoi fare anche tu.
Pensavo che avrebbe ripetuto di nuovo “merda”, ma si trattenne, limitandosi a mordersi il labbro. — Non ce la faccio — disse.
— Tutte quelle persone… i giornalisti… le telecamere… non ce la faccio, Dexter.
Notai con gioia che si era ripresa un poco, quel tanto che le permetteva di distinguere tra la “gente” e i “giornalisti”, ma era chiaro che le restava ancora parecchio lavoro da fare. — Invece ce la farai, Deborah — le dissi, fermamente. — E sarà molto più facile di quanto credi. Ti piacerà persino.
Digrignò i denti e credo che mi avrebbe tirato un pugno, se solo non fosse stata così agitata. — Aspetta e spera — fece.
— Sarà facile — ripetei. — Scriveremo qualche breve appunto e a te toccherà soltanto leggerli a voce alta. Come un tema alle superiori.
— Prendevo sempre l’insufficienza nei temi — grugnì Debs.
— Non sei obbligata ad aiutarmi — dissi, mostrandomi più fiducioso di quanto non fossi in realtà. — Forza, sediamoci e buttiamo giù questa roba.
Digrignò di nuovo i denti e si torse le mani per qualche secondo, come se stesse meditando di gettarsi dalla finestra. Ma ci trovavamo soltanto al secondo piano e le finestre erano ermeticamente chiuse, così alla fine rinunciò e si lasciò cadere sulla sedia. — Okay — disse tra i denti. — Scriviamo.
Bastavano poche frasi in poliziottese per spiegare praticamente tutto alla stampa. Ecco perché uno come il capitano Matthews faceva bella figura, grazie alla sua capacità di memorizzare luoghi comuni e di pronunciarli nell’ordine giusto davanti a una telecamera. Il suo non si poteva certo definire talento, anche perché richiedeva una destrezza molto minore di quella necessaria a uno dei più semplici trucchi con le carte.
Eppure si trattava di un’abilità che Deborah non possedeva affatto, e tentare di spiegargliela era un po’ come descrivere un plaid scozzese a un non vedente. Nel complesso si rivelò una parentesi faticosa e alquanto sgradevole e, quando ci dirigemmo alla conferenza, ero devastato ed esaurito quasi quanto mia sorella. Ci sentimmo entrambi ancora peggio quando ci trovammo davanti alla folla di bavosi predatori che ci attendeva. Per un istante credetti che Deborah si bloccasse, con il piede alzato. Poi, come se qualcuno avesse premuto un interruttore, i giornalisti le andarono incontro e diedero inizio alla loro routine di domande urlate a voce alta e di scatti fotografici. Quando Debs serrò la mascella e li fissò accigliata, mi tranquillizzai. “Ce la farà” pensai con una punta di orgoglio per la mia creazione, mentre saliva sul podio.
L’orgoglio svanì non appena mia sorella aprì la bocca per dare origine a uno dei peggiori quarti d’ora della mia vita. Deborah che cercava di parlare in una sala gremita di poliziotti era un qualcosa di profondamente imbarazzante. Deborah che cercava di pronunciare una frase a una conferenza stampa era una tortura così dolorosa da far rabbrividire gli incappucciati dell’Inquisizione, convincendoli a dare forfait. Mia sorella balbettò, incespicò, esitò, sudò, mescolando le frasi che avevamo accuratamente preparato in un groviglio così contorto che sembrava dovesse confessare uno stupro infantile. Quando finalmente terminò il discorso a cui avevo lavorato con così tanto impegno, la sala ammutolì per qualche secondo. Poi, ahimè, i giornalisti approfittarono della situazione e le si gettarono frenetici addosso.