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Scossi il capo. — Non intendevo quello — dissi, determinato a sviscerare l’argomento e a scoprire quel che Brian nascondeva.

Ma il cellulare emise un’altra volta quel frenetico ritornello wagneriano. Lui lo prese e lo spense. — Un’altra volta, Dexter — fece. — Ora devo proprio andare. — E prima che potessi replicare, mi assestò una goffa pacca sulla spalla e si diresse rapido verso la macchina.

Lo guardai allontanarsi, e la mia unica consolazione fu che la spalla su cui mi aveva dato la pacca era quella ancora bagnata dal rigurgito di Lily Anne.

23

Mi fermai a osservare i fanali dell’auto di Brian che si allontanavano nella notte. Ma la mia frustrazione non se ne andò con mio fratello. Mi turbinava dentro e si faceva sempre più acuta, accentuata dalla luce della luna e dalla rabbia che provavo. Ancora una volta quella voce da rettile mi blandiva, sibilando i suoi scaltri consigli. Vieni con noi, sussurrava mielosa e insieme ragionevole. Vieni con noi nella notte; vieni a giocare e ti sentirai molto meglio…

La scacciai, resistendo fermo e risoluto nella nuova terra, quella della mia paternità. Ma la luna non si arrendeva, continuava a premere, costringendomi a chiudere gli occhi per allontanarla. Pensai a Lily Anne. Poi a Cody e ad Astor, e alla servile simpatia che mostravano nei confronti di Brian, il che mi suscitò un altro moto di rabbia. Lo repressi e pensai a Deborah e alla sua profonda infelicità. Era così contenta quando aveva catturato Victor Chapin, e così triste quando aveva dovuto lasciarlo andare. Volevo che fosse felice. Volevo che anche i bambini fossero felici… La vocina perversa riaffiorò, mormorando: So io come renderli felici, e lo sai anche tu.

L’ascoltai per un istante, e tutto si incastrava in modo nitido e perfetto. Mi vidi scivolare nella notte, con il coltello e il nastro isolante…

Respinsi per l’ennesima volta quel pensiero, a fatica, e la scena scomparve. Trassi un profondo respiro e aprii gli occhi. La luna era ancora al suo posto e risplendeva, come in attesa. Ma io scossi fermamente il capo. Sarei stato più forte, e l’avrei spuntata. Mi accomiatai con difficoltà dalla notte e rientrai bruscamente in casa.

Rita era in cucina che puliva. Lily Anne gorgogliava nella culla di vimini, mentre Cody e Astor erano di nuovo attaccati al televisore, a giocare con la Wii. Era giunto il momento di cominciare a parlarci chiaro, di fugare la nefasta influenza di Brian e condurre i bambini fuori dal buio. Era possibile e io ce l’avrei fatta.

Puntai risoluto verso Cody e Astor, piazzandomi tra loro e il televisore. Mi guardarono come se quella sera mi vedessero per la prima volta.

— Ti sei messo in mezzo — protestò Astor.

— Dobbiamo parlare — dissi.

— E noi dobbiamo giocare a Dragon Blade — replicò Cody.

Il suo tono non mi piacque. Lo guardai, guardai Astor, e loro mi squadrarono con l’aria supponente e irritata di chi crede di essere nella ragione. Mi protesi verso la Wii e staccai la spina.

— Ehi! — saltò su Astor. — Hai annullato la partita! Adesso dobbiamo ricominciare dal primo livello!

— Me ne infischio della vostra partita — dichiarai.

Mi fissarono a bocca aperta. — Non è giusto — disse Cody.

— La giustizia non c’entra niente — feci. — È una questione di onestà.

— Non ha senso — intervenne Astor. — Se una cosa è giusta, allora è anche onesta. Avevi detto che… — Stava per continuare, poi vide la mia espressione e si bloccò. — Che cosa c’è? — domandò.

— Il cibo cinese non vi è mai piaciuto — dissi gravemente. Due faccine mi fissarono interdette, poi si guardarono reciprocamente, mentre ripensavo a quello che avevo appena detto. Non aveva molto senso neanche per me. — Mi riferivo a quando siete usciti con Brian. — Tornarono a scrutarmi. — Mio fratello. Zio Brian.

— Abbiamo capito — fece Astor.

— Avete detto a vostra madre che siete andati a mangiare cinese — dissi. — Invece era una bugia.

Cody scosse il capo e Astor precisò: — È stato lui che gliel’ha detto. Noi avremmo detto la pizza.

— E anche quella sarebbe stata una bugia — continuai.

— Ma, Dexter, ce l’avevi detto tu — replicò la bambina, e Cody annuì. — Mamma non deve sapere niente di quella storia, lo sai. E di tutto il resto. Così abbiamo dovuto mentirle.

— No — feci. — Quel che dovete fare è non farlo mai più.

Lo stupore si dipinse sulle loro facce. Cody scosse la testa, sconcertato, e Astor prese a dire: — Ma non è… cioè, non puoi, davvero… che cosa intendi? — Per la prima volta in vita sua, stava parlando come sua madre.

Sedetti sul divano in mezzo a loro. — Che cos’avete fatto quella sera con zio Brian? — domandai. — Quando ha detto che vi aveva portato a mangiare cinese?

Si guardarono a vicenda, allacciando una conversazione muta che nessuno, a parte loro, poteva capire. Infine Cody si voltò verso di me: — Cane randagio — disse.

Annuii. E la rabbia mi rimontò dentro. Brian li aveva portati fuori e aveva trovato loro un cane randagio con cui sperimentare e imparare. Una cosa simile dovevo immaginarmela, ma riceverne conferma accrebbe lo sdegno nei confronti di mio fratello e dei bambini. Stranamente però, seppur arroccato nella torre della mia legittima indignazione, una sottile e malefica voce mi sussurrava che avrei dovuto essere io a farlo. Avrebbe dovuto essere la mia mano a rendere saldi i loro inesperti colpi di coltello, e la mia voce paziente e saggia a guidarli, insegnando loro come catturare, affettare e poi ripulire quando il gioco era finito.

Eppure era assurdo; ero qui per condurli fuori dall’oscurità, non per spiegargli come trarne diletto. Scossi la testa e lasciai che la mia parte sana prendesse il sopravvento. — Quel che avete fatto è sbagliato — dichiarai. Ancora una volta mi fissarono sbalorditi.

— Che cosa vuoi dire? — chiese Astor.

— Voglio dire che dovete smetterla di…

— Oh, Dexter. — Rita irruppe nella stanza, asciugandosi le mani in un telo per i piatti. — Non devono più giocare; domani vanno a scuola. Guarda l’ora, santo cielo. E non avete neanche… Forza, voi due, preparatevi per andare a letto. — E li spinse fuori dalla stanza prima che potessi battere ciglio.

Cody si voltò a guardarmi prima che la madre lo conducesse in corridoio. La sua faccia era un misto di confusione, sofferenza e irritazione.

Mentre si affaccendavano in bagno, tra i rumori dell’acqua corrente e lo strofinare degli spazzolini, digrignai i denti, frustrato.

Nulla stava andando per il verso giusto. Avevo cercato di rendere più unita la mia famigliola, e mio fratello ci aveva pensato prima di me. Avevo tentato di confrontarmi con lui, ma Brian mi aveva mollato su due piedi, lasciandomi con tutti i miei interrogativi. Avevo appena intrapreso l’importante compito di condurre i ragazzi lontano dalla malvagità, per essere interrotto nel punto cruciale. Adesso loro se l’erano presa, Rita mi ignorava, mia sorella era gelosa di me… e io continuavo a non capire che cosa Brian avesse in mente.

Avevo fatto il possibile per trasformarmi in un padre di famiglia ideale e irreprensibile, ma continuavo a essere zittito, umiliato e deriso. L’irritazione crebbe dentro di me fino a sfociare in rabbia, e poi anche questa cominciò a cambiare forma, finché non mi sentii gorgogliare dentro un acido senso di disprezzo: disprezzo per Brian, Rita, Deborah, Cody e Astor, per tutti quegli idioti bavosi in questo mondo claudicante… Ma soprattutto provai disprezzo per me, il Demente Dexter, che voleva camminare alla luce del sole, annusare i fiori e osservare spirali di arcobaleno nel cielo dipinto di rosa. Ma aveva dimenticato che il sole è quasi sempre offuscato da nubi, i fiori hanno le spine e gli arcobaleni sono irraggiungibili. Puoi anche sognare l’impossibile, ma quando ti svegli resti comunque con un pugno di mosche.