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— Mi dispiace.

— Qualcosa di importante, eh? — Chu assunse un’espressione pensierosa, quindi fece schioccare la lingua. — Be’, ma che cosa ne sappiamo dell’uomo stesso?

— Sorprendentemente poco. Il suo aspetto fisico, naturalmente, un’impronta genetica e una serie di profili per richieste di autorizzazione. Qualche intervista a persone a lui vicine. A quanto pare non aveva alcun vero amico, e non parlava mai con nessuno del suo passato. Vedendo la cosa in retrospettiva, appare evidente che si è mantenuto al coperto il più possibile. Probabilmente aveva già programmato il furto da anni.

— Avete un dossier su di lui?

— Una copia del dossier di Gregorian — disse il burocrate. Aprì la sua valigetta, estrasse l’articolo in questione, gli diede una scrollatina per asciugarlo.

Chu si protese in avanti con aria incuriosita. — Che altro avete lì dentro?

— Nulla — rispose il burocrate. Inclinò la 24 ore per mostrargli che era vuota, quindi gli passò il dossier. Era stato stampato nel formato white lotus che andava tanto di moda in quel periodo nei mondi alti, ed era stato ripiegato in un quadrato delle dimensioni di un fazzoletto.

— Grazie. — Chu si portò il dossier sopra la testa e girò la mano. Il foglio di carta scomparve. Girò nuovamente la mano, mostrandone entrambi i lati per far vedere che era vuota.

Il burocrate sorrise. — Rifatelo.

— Oh, la prima regola della magia è di non rifare mai lo stesso trucco due volte di fila. Il pubblico sa già che cosa aspettarsi. — I suoi occhi lampeggiarono in maniera insolente. — Ma mi piacerebbe mostrarvi un’altra cosa.

— È pertinente?

Chu scrollò le spalle. — Se non altro, può essere istruttivo.

— Oh, fate pure — disse il burocrate. — Basta che non sia una cosa troppo lunga.

Chu aprì una delle gabbiette e vi tirò fuori un uccello della pioggia. — Grazie. — Con un gesto, oscurò parzialmente le vetrate, lasciando il salone nella penombra. — Apro il mio spettacolo con questa illusione. — Si inchinò profondamente, allungando una mano. I suoi movimenti erano precisi, distinti, quasi artificiali. — Benvenuti, cari amici, gente di campagna e gente di fuorimondo. È mio dovere e mio piacere intrattenervi e illuminarvi oggi con giochi di prestigio e chiacchiere scientifiche. — Inarcò un sopracciglio. — A questo punto faccio una bella arringa sulla mutevolezza della vita di qui, su come si adatta in miriadi di forme alle maree del giubileo. Laddove la flora e la fauna terrestri, e in particolare noi stessi, non possono sopravvivere al ritorno dell’oceano, le forme vitali locali accettano il passare delle maree come un evento comune e regolare. Evoluzione, coni infiniti di allagamenti, eccetera, eccetera. A volte arrivo fino al punto di paragonare la natura a un mago (me stesso, implicitamente) che cambia il volto degli oggetti con i suoi trucchi. Tutto ciò per arrivare all’osservazione del fatto che la gran parte della vita animale di questo luogo è dimorfica, il che significa semplicemente che possiede due forme vitali ben distinte, che utilizza a seconda della stagione del grande anno in corso.

— Quindi, passo alla dimostrazione. — Mantenne l’uccello appollaiato sul suo dito, accarezzandogli dolcemente la testa. Le lunghe piume della coda dell’animale pendevano verso il basso, come lacrime in procinto di cadere. — L’uccello della pioggia è un tipico cambiaforma. Quando il mutamento vivente ricopre la regione del Tidewater, quando l’oceano si innalza per annegare mezzo continente, questo uccellino si adatta, trasformandosi in una configurazione più consona. — Con un gesto improvviso, infilò entrambe le mani nella boccia d’acqua. L’uccello si dimenò selvaggiamente, scomparendo in un turbine di bolle e di sabbia.

L’illusionista tirò fuori le mani. Il burocrate notò che non si era nemmeno bagnato le maniche.

Quando l’acqua si schiarì nuovamente, vi stava nuotando dentro un pesce multicolore, piuttosto agitato, che si trascinava dietro due lunghe pinne. — Ammirate! — esclamò Chu. — Il pesce-passero; nel grande ozio dell’estate, un animale del cielo, nel lungo grande inverno, un animale dell’acqua. Uno dei meravigliosi trucchi che la natura esercita in questo luogo.

Il burocrate applaudì. — Molto ben eseguito — disse con solo un pelino d’ironia.

— Faccio anche dei trucchetti con un barattolo di elio liquido. Disfando rose, e cose del genere.

— Dubito che sarà necessario. Avete detto che vi era uno scopo nella vostra dimostrazione.

— Assolutamente. — Gli occhi dell’illusionista scintillarono. — Si tratta di questo; Gregorian risulterà molto difficile da catturare per voi. Dovete sapere che si tratta di un mago, e per lo più nativo del Tidewater. Può mutare la sua stessa forma, o quella del suo nemico, come gli pare e piace. Può uccidere con un solo pensiero. E, cosa ancor più importante, capisce questa terra, mentre voi non la potete capire. Può sfruttare il potere della terra e usarlo contro di voi.

— Non crederete mica che Gregorian sia veramente un mago? Intendo dire, che abbia effettivamente dei poteri sovrannaturali?

— È risaputo.

Davanti a una simile fanatica certezza, il burocrate non sapeva più che cosa dire. — Ahem. Sì. Grazie per il vostro interessamento. Che ne pensate di metterci al lavoro, ora?

— Oh sì, signore. Immediatamente, signore. — Il giovanotto si toccò una tasca, quindi l’altra. La sua espressione mutò in una di dispiacere. — Ah… — disse con tono imbarazzato — temo di aver lasciato il mio materiale nella stiva di prua. Vi spiace aspettarmi un istante?

— Ma certo. — Il burocrate cercò di non compiacersi troppo del disagio del giovanotto.

Quando Chu si fu allontanato, il burocrate tornò a fissare la sua attenzione sulla foresta che scorreva di sotto. L’aereonave planò in un’ampia curva, puntando il muso verso il basso e scendendo di quota. Il burocrate ricordò il momento in cui l’aveva vista per la prima volta, mentre atterrava a Port Richmond. Con la sua struttura complessa piena di patte, ascensori e piattaforme di sollevamento, la grande aereonave riusciva in qualche modo a trascendere dalla goffaggine della sua linea. Atterrava lentamente, con grazia, facendo tuonare le lame dei rotori. La parte inferiore della sua chiglia era ricoperta di cirripedi, e le cime di attracco pendevano dalle sue mascelle come fili di fuoco.

Pochi minuti dopo, il Leviathan si fermò presso una torre di attracco posta ai margini di un polveroso paesino sul fiume. Una figura solitaria con indosso un abito bianco salì per la scala di corda, quindi l’eliostato decollò nuovamente. Nessuno sbarcò.

La porta del salone si aprì, e apparve una donna piuttosto magra con indosso l’uniforme della sicurezza interna. La donna si fece avanti, con la mano destra protesa, offrendo le sue credenziali. — Ufficiale di collegamento tenente Emilie Chu — disse. E poi: — Signore? Vi sentite bene?

2. Culti stregoneschi di Whitemarsh

Gregorian baciò la vecchia e la buttò giù dal dirupo. La donna precipitò verso l’acqua fredda e grigia a testa in giù, contorcendosi nel volo. Colpì la superficie formando un piccolo spruzzo bianco, piombando nelle profondità. Non riapparve. A una certa distanza, l’acqua venne rotta da una sagoma scura e liscia, come una lontra marina, che apparve per un attimo per poi riimmergersi.

— Si tratta di un trucco — spiegò il vero tenente Chu. Il volto di Gregorian apparve sullo schermo; un volto dai lineamenti duri, maturo, sicuro di sé. Le sue labbra si mossero senza profferire alcun suono. “Siate tutto ciò che volete essere”. Il burocrate aveva tolto l’audio dopo la quinta ripetizione, ma ormai conosceva il testo a memoria. “Abbandonate le vostre debolezze. Osate vivere in eterno”. Lo spot pubblicitario terminò, quindi riiniziò automaticamente.