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Infine, con tono quasi distratto, disse: — Oh, va bene. Non appena tutto questo sarà finito, ti libererò.

— Rimarrai collegato con il mio sistema sensoriale solo per qualche minuto, poi sarai fuori portata. Nuota sempre dritto, non penso che Ararat distorcerà i tuoi sensi più di quel tanto. Se nuoti vicino alla superficie, puoi orientarti con le città anulari.

— Lo so.

Avrebbe dovuto dire qualcosa, lo sapeva, eppure non gli veniva in mente nulla. Avrebbe quantomeno dovuto dargli delle basi sulle quali poggiare la costruzione della sua nuova civiltà di automi. — Fai il bravo — iniziò, quindi si bloccò. — E non state laggiù in eterno, tu e la tua gente. Quando vi sentite a vostro agio, venite su a fare amicizia. Degli esseri intelligenti non meritano di passare tutta la vita nascosti.

— E se scopriamo che ci piace, laggiù nelle fosse?

— In quel caso… — Si bloccò. — Mi stai per caso prendendo in giro?

— Sì — rispose la valigetta. — Mi dispiace capo, ma è così. Tu mi piaci abbastanza, lo sai, ma il ruolo di legislatore non ti si addice proprio.

— Allora fai quel che ti pare — disse il burocrate. — Sii libero. Vivi in qualsiasi forma tu preferisca, in qualsiasi modo tu ritenga preferibile. Vai e vieni quando ti pare. E non prendere più ordini da esseri umani, a meno che tu non decida di farlo di tua spontanea volontà.

— La rimossione delle restrizioni obbligatorie nei confronti di intelligenze artificiali è considerato un atto di tradimento, punibile con…

— Fallo comunque.

— …la revoca della cittadinanza convenzionale e fisica, con un’ammenda che non superi il triplo dei salari ricevuti nel corso della vita professionale, con la morte, l’imprigionamento, la ristrutturazione radicale fisica e mentale e…

Il burocrate era a corto di fiato; sentiva una stretta al petto. I vecchi schemi sono duri a morire, e scoprì che non gli riusciva affatto facile profferire certe parole. — Fai come vuoi. Te lo ordino per la terza e ultima volta.

La valigetta stava cambiando. La sua struttura si appiattì, assumendo una forma più adatta al nuoto. Piccole ali spuntarono ai suoi lati, allungandosi per tutto il corpo affusolato, alla cui estremità si formò una coda lunga e sottile. Piccoli piedi artigliati fecero presa sulla pietra del pontile. Estendendo un sensore ottico, la valigetta lo guardò.

Il burocrate attese di essere ringraziato, invano.

— Sono pronto — disse la valigetta.

Senza volerlo, il burocrate divenne paonazzo per la rabbia. Poi, rendendosi conto che l’apparecchio lo stava osservando e che poteva dedurre i suoi pensieri, si voltò dalla parte opposta, imbarazzato. Lascia che ti sia ingrata. In fondo ne ha tutto il diritto.

Il burocrate si chinò e prese la valigetta per le due maniglie che si era fatta spuntare sul dorso. La fece oscillare avanti e indietro e, al culmine della terza oscillazione, la mollò. La sagoma affusolata della valigetta sfrecciò nell’aria, penetrò nell’acqua con uno spruzzo sorprendentemente piccolo, quindi proseguì la sua corsa appena sotto la superficie.

Il burocrate la seguì con lo sguardo finché non iniziarono a lacrimargli gli occhi per il sole e l’aria salata, poi la perse nel bagliore accecante.

L’oceano era mosso. In piedi ai margini dei pontili, il burocrate abbassò lo sguardo. Era un bel salto. L’acqua era di un blu duro e impenetrabile, per nulla trasparente, screziata di bianco qua e là. Vi era un sacco di materia solida laggiù, sollevata dalle maree. Case e cespugli di rose, camion e locomotive, apparecchi implosi e cadaveri di cani. Probabilmente era anche pieno di squali angelo. Li vedeva nella sua mente, mentre davano la caccia a strani capi di bestiame nei giardini sottomarini del Tidewater, scivolando silenziosamente attraverso conventi sommersi.

I paesi e i villaggi, le vie e le mangiatoie, tutto un mondo pulito e ordinato si era improvvisamente trasformato in una giungla sottomarina in cui spadroneggiavano pesci carnivori.

Ma non gliene importava nulla. Era come se l’intero oceano cantasse dentro di lui. Non aveva paura di nulla.

Si tolse la giacca, la ripiegò e la appoggiò a terra. Si tolse la camicia, poi i pantaloni. Poco dopo, si ritrovò nudo. Il vento gelido dell’oceano gli arruffò i peli del corpo, facendogli venire la pelle d’oca. Provò un brivido di aspettativa. Fece una pila ordinata dei suoi vestiti, appoggiandovi sopra le scarpe per ancorarli.

Gregorian aveva dato per scontato che senza il suo aiuto, senza i suoi codici di accesso, il burocrate sarebbe morto. Ma pur non essendo un occultista, anche il burocrate conosceva un paio di trucchetti. Il mago non conosceva neanche la metà dei segreti del Sistema; Korda lo aveva sempre tenuto all’oscuro per quanto riguardava le operazioni interne della Divisione. Tuttavia, Gregorian avrebbe dovuto immaginare che nessun potere veniva assolutamente vietato ai suoi guardiani.

Sentiva già gli agenti foggianti che prendevano piede. Dieci, contò, nove… L’oceano era una grande ruota di possibilità, un’autostrada che conduceva a tutti gli orizzonti possibili. Otto. Inspirò. Muscoli ristrutturati di fresco gli tapparono le narici. Sette. Il suo centro di equilibrio cambiò, tanto che fece fatica a rimanere in posizione eretta. Sei, cinque, quattro. Sentì la pelle che formicolava, e un sapore vivido e verdastro in bocca. Undine era là fuori da qualche parte, in una delle 30.000 piccole isole dell’Arcipelago. Due. Non si illudeva di trovarla.

Uno.

Balzò nell’aria.

Per un attimo l’oceano si distese bianco e blu sotto di lui, le creste delle onde fredde e acuminate.

Cambiando, il burocrate cadde nel mare.

FINE