Выбрать главу

Ed la squadrò con gli occhi spalancati. «Non fare la stupida.»

Lei gli restituì lo sguardo con atteggiamento di sfida.

A parte la sera prima, nella semioscurità del Saloon, Ed aveva sempre visto Helen perfettamente truccata e vestita con la massima eleganza, curata nei minimi particolari. Forse era più attraente così, pensò. Quando avrebbe avuto l’età di Mary Malone, la grande stella del cinema e della TV, magari avrebbe dovuto ricorrere all’aiuto della scienza per dare una mano a madre natura. Ma a venticinque anni…

Helen interruppe i suoi pensieri. «Ed, tu c’eri ieri sera.»

«Certo che c’ero. Il vecchio Tubber ha agitato le braccia qua e là, è diventato rosso in faccia e poi giù la formula magica contro di te. E tu ci sei cascata.»

«Ci sono cascata perché funziona» ribatté Helen.

«Non essere sciocca, Helen! Le maledizioni non funzionano a meno che la vittima non ci creda. Lo sanno anche i bambini.»

«Bravo! Ma in questo caso la maledizione è stata efficace senza che io ci credessi. O pensi che io creda alle maledizioni?»

«Sì.»

«Ecco, forse ora ci credo. Ma ieri non ci credevo. E voglio dirti anche un’ultima cosa, Piccolo Ed Wonder. Quella sua figlia trasandata e quei seguaci che lo stavano ad aspettare sotto la tenda, anche loro credono nel suo potere, come l’hanno chiamato. L’hanno già visto all’opera, prima. Ti ricordi com’era spaventata sua figlia quando l’ha sentito gridare in preda all’ira?»

«Sono una massa di fanatici.»

«D’accordo, d’accordo. Pensala come ti pare. E ora vattene. Mi alzo e mi vesto. Ma mi metterò addosso il vestito più semplice che abbia, hai capito?»

«A più tardi» la salutò Ed, dominando a fatica il tono disgustato che gli saliva spontaneo alle labbra.

«Più tardi sarà, meglio sarà» ribatté Helen mentre Ed usciva.

Wonder doveva fare i salti mortali per mettere in onda la trasmissione della seconda settimana. Non era consigliabile trovarsi all’ultimo momento con l’acqua alla gola. Per il venerdì della settimana in corso aveva già provveduto a far intervenire una telepatica, una ragazza che aveva fatto miracoli in un paio di università dove erano in funzione centri di ricerca sulla telepatia. La telepatia era uno dei pochi argomenti al limite della realtà che Ed Wonder era disposto a comprare quasi a occhi chiusi. Ormai c’erano troppe prove che dimostravano l’esistenza dei fenomeni telepatici.

Passando davanti al tavolo di Dolly, disse: «Chiama al telefono Jim Westbrook. E mettici un po’ di energia, eh?»

«Chi?» domandò Dolly. Ed non riusciva a mandare giù l’idea di aver davanti agli occhi quel suo visetto pulito da bambina, l’abitino di cotone stampato, la pettinatura da contadinella olandese.

«Jim Westbrook. Ha partecipato alla trasmissione molte volte. Lo trovi nell’elenco sotto James Westbrook.»

Si sedette al suo tavolo e infilò la chiave nella serratura del cassetto. C’era qualcosa che lo turbava a proposito dell’abbigliamento campagnolo di Dolly, qualcosa che però non riusciva a mettere bene a fuoco. Doveva essere una cosa molto ovvia, eppure gli sfuggiva. Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero e dedicarsi al lavoro. Rilesse la lettera inviatagli dal cultore di yoga. Accidenti, era il tipico individuo da portare in televisione. Il suo programma sembrava proprio nato per la TV. Almeno metà dei tipi originali che invitava dovevano essere visti per venire apprezzati.

Squillò il telefono.

«Piccolo Ed? Parla Jim Westbrook.»

«Salve, Jim. Senti, ho per le mani un fanatico induista; si chiama Swami Respa Rammal. Sostiene di saper camminare sui carboni ardenti. È possibile?»

Jim Westbrook rispose lentamente: «Con quel nome, caro mio, è certamente un imbroglione. Un respa è un allievo lama, che nel Tibet affronta temperature rigidissime per diventare un buon lama. Rammal è un nome musulmano e non indù. E non dovrebbe nemmeno chiamarsi Swami. Un suami è semplicemente un dotto nella religione induista. Deriva dal sanscrito svamin che vuol dire maestro.»

«Ho capito, ho capito» disse Ed. «A parte il nome fasullo, è possibile che cammini sui carboni ardenti?»

«C’è chi lo fa.»

Ed era incredulo. «Alla temperatura di più di quattrocento gradi?»

«È sempre meno caldo del punto di fusione dell’acciaio» rispose Jim. «Comunque, ti assicuro che è stato fatto.»

«Quando e da chi?»

«Così sui due piedi non me la sento di snocciolare nomi e date, ma posso dirti che esistono due modi principali di eseguire l’esercizio. Nel primo si cammina su braci e carbone acceso, nel secondo su pietre infuocate. Sono i sistemi usati dagli induisti e dai seguaci di altre sette religiose dei mari del Sud. Ti interesserà anche sapere che ogni anno, nella Grecia settentrionale e nella Bulgaria meridionale, c’è una giornata tradizionalmente dedicata alla corsa sui carboni. L’Istituto Britannico di Ricerche Psichiche e l’Istituto Londinese di Indagini Psichiche hanno preso in esame il fenomeno, hanno mandato studiosi e alcuni soci si sono anche voluti sottoporre alla prova. Alcuni sono riusciti.»

«E gli altri?» lo sollecitò Ed.

«E gli altri si sono bruciati i piedi fino all’osso.»

Ed rimase per un istante soprappensiero, infine propose: «Senti, Jim, conosci qualcuno con una preparazione scientifica abbastanza convincente che non sia d’accordo con te? Potremmo organizzare un dibattito a quattro. Io, il suami, tu che confermi la possibilità dell’esperimento, e questo scienziato che sostiene il contrario. Magari si può tirare in lungo per due trasmissioni. Nella prima intervistiamo il santone indiano e discutiamo. Poi, uno dei giorni successivi, sottoponiamo il suami alla prova e, nella seconda trasmissione, riferiamo i risultati dell’esperimento.»

«Adesso che mi ci fai pensare» disse Jim Westbrook «ho avuto una discussione con Manny Levy proprio su questo argomento un paio d’anni fa.»

«Con chi?»

«Il dottor Manfred Levy, a Super New York. È un grosso personaggio della divulgazione scientifica e ha scritto parecchi libri. E per di più ha un accento tedesco che ti farà andare in brodo di giuggiole. Gli dà un tono profondamente scientifico.»

«Pensi che riuscirai a convincerlo a partecipare al programma?» chiese Ed.

«Certamente, se potrai stanziare il massimo possibile.»

«Non verrà gratis, vero? Solo per divertimento? Il mio bilancio è piuttosto esangue in questo periodo.»

Jim si mise a ridere. «Non conosci Manny, mio caro.»

Ed sospirò. «E va bene, Jim. Mettiti in contatto con lui. E fammi sapere subito la sua risposta.»

Riattaccò il telefono e accese il dittafono. Dettò una lettera per Swami Respa Rammal. Fosse riuscito o meno a far partecipare alla discussione questo dottor Levy, era deciso a portare davanti al microfono l’uomo che camminava sul fuoco. Anche se, in fondo in fondo, a lui non importava proprio niente dell’uomo che camminava sul fuoco. Chissà perché era finito a fare un programma simile. Ed voleva diventare un attore. Gli ci erano voluti dieci anni per capire che non lo sarebbe mai diventato. Dentro di sé, divideva il mondo in due gruppi: quelli che stavano in platea ad ascoltare, cioè i fessi, e quelli che recitavano sul palcoscenico. Non riusciva a digerire l’idea di non essere fra i secondi.

Si alzò e si diresse verso il distributore di coca-cola, anche se non aveva sete; passando davanti alle telescriventi delle agenzie di stampa, scorse gli ultimi dispacci. El Hassan stava per riunire l’Africa Settentrionale, suo malgrado si poteva dire. Terremoti interni stavano ancora sconvolgendo il Complesso Sovietico. Gli ungheresi stavano sostituendo a poco a poco i russi nelle più alte gerarchie del partito.