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Elmara aggrottò le sopracciglia e annuì molto lentamente. «Sì», affermò a bassa voce. «Hai ragione».

Braer continuò: «Lo so. È la disgrazia della mia razza».

La ragazza lo osservò per un attimo, poi scoppiò a ridere. Dopo alcuni singhiozzi incontrollati, si interruppe, udendo un rumore che non aveva mai sentito: un suono profondo, secco… Baerithryn degli elfi stava ridacchiando.

Si stava facendo giorno fra gli alberi, quando Braer domandò: «Troppo stanca per continuare?»

Elmara era irrigidita per essere stata troppo a lungo seduta e vacillò per la stanchezza, ma sussurrò ardentemente: «No! Devo sapere! Continua».

Braer inclinò la testa in segno di approvazione, e proseguì: «Sappi allora che la Grande Foresta sta morendo, a poco a poco, anno dopo anno, sotto le asce degli uomini e gli incantesimi dei maghi. Essi conoscono il nostro potere, e incerti del loro, credono di poter ottenere la sicurezza del loro regno solo distruggendoci».

Lentamente, con la mano tracciò un arco per indicare gli alberi silenziosi intorno a loro. «Il nostro potere è radicato nell’alternarsi delle stagioni. È tratto dalla vitalità e dalla forza della terra, e non ha nulla a che fare con incantesimi di battaglia e con la distruzione. I signori maghi sono consapevoli di ciò e sanno come costringerci a combattere in modi e luoghi in cui possono sconfiggerci, pertanto, spesso, non osiamo combatterli apertamente… e sanno anche questo. Ho perso molti amici che si rifiutavano di ammettere che il potere dei maghi fa concorrenza o addirittura supera il nostro».

Braer sospirò e continuò: «Noi possiamo aiutare te, e altri come te, nelle vostre battaglie contro di loro… e lo faremo. Fintanto che rispetterai la terra e che vivrai in armonia con essa, le nostre strade saranno unite, e anche le nostre battaglie lo saranno. Quando avrai bisogno di aiuto contro i maghi e ci chiamerai, verremo in tuo soccorso. Te lo giuriamo».

Dopo un istante, una decina di alberi intorno a loro ondeggiò e fece un passo avanti, e le sue parole vennero ripetute sonoramente. «Te lo giuriamo».

Elmara guardò intorno a sé quegli occhi solenni di elfo, deglutì, e chinò la testa. «E io, in cambio, giuro di non fare mai del male a voi o. alla terra. Mostratemi come si fa, vi prego».

Gli elfi ricambiarono l’inchino e si dissolsero nuovamente nella foresta.

La giovane deglutì nuovamente. «Sono sempre qui, sotto forma di alberi, intorno a noi?»

Braer sorrise. «No. Ti è capitato di fermarti e piangere in un luogo speciale».

El gli rivolse un’espressione feroce, che si trasformò subito in un sorriso, accompagnato da un cenno stanco della testa. «Sono onorata… e ora comprendo a sufficienza la tua gente, per non mettere il piede in fallo a ogni passo». Non poté fare a meno di sbadigliare, poi aggiunse: «Penso proprio di essere pronta anche per dormire. Promettimi che nei giorni prossimi mi mostrerai, finalmente, qualche magia che possa scuotere la terra!»

Baerithryn sorrise. «Te lo prometto». Allungò una mano e le sfiorò una guancia, e quando il suo incantesimo la fece addormentare, la prese per le spalle e la depose teneramente sul terreno ricoperto di muschio.

Si sedette poi accanto a lei e le accarezzò nuovamente la guancia. Nel breve tempo che sarebbe rimasta ancora nella foresta, avrebbe avuto il massimo riguardo per quell’arma contro i maghi. Ma, soprattutto, avrebbe avuto il massimo riguardo per quell’amica preziosa.

9.

La strada di un mago

La strada di un mago è oscura e solitaria. Questa è la ragione per cui tanti cadono presto nel buio della tomba, o più tardi nel crepuscolo infinito dell’immortalità. Tali sono le brillanti prospettive che la strada della stregoneria è sempre tanto affollata.

Jhalivar Thrunn, Favole del Nord.
Anno degli Scudi Scissi

Una fiamma danzò improvvisamente sopra la roccia, nell’aria vuota sino a un momento prima. Elmara trattenne il fiato. «Mystra?» domandò, e la fiamma sembrò brillare per un istante, ma poi svanì nel nulla, e non vi fu altra risposta.

Elmara sospirò e si inginocchiò accanto al laghetto. «Speravo in qualcosa di più».

«Sii un po’ meno orgogliosa, ragazza», mormorò Braer toccandole il gomito. «Quello è il massimo che gran parte della mia gente ha visto della Signora».

Lo guardò con curiosità. «Sono tanti gli elfi che adorano Mystra?»

«Non molti… abbiamo i nostri dei, e gran parte di noi ha preferito voltare le spalle al resto del mondo e alle sue spiacevolezze, mantenendo le antiche tradizioni. Il problema è che il resto del mondo sembra sempre stendere la mano per poi infilarci una spada nel sedere mentre noi tentiamo di ignorarlo».

Nonostante il significato tragico di tali parole, El sogghignò all’udirle. «“Sedere”? Non avrei mai pensato di sentire tali parole da un elfo».

Braer storse la bocca. «Se è per questo, non avrei mai pensato che un umano udisse tali parole da un elfo. Ci consideri ancora creature nobili, aggraziate e straordinariamente alte, che si librano silenziosamente su ogni cosa?»

«Io… sì, penso di sì».

L’elfo scosse il capo. «Ti sbagli anche sul resto, allora. Siamo tanto terreni e tanto sporchi quanto la foresta stessa. Noi siamo la foresta, fanciulla. Cerca di non dimenticarlo quando rientrerai nel mondo degli uomini».

«“Rientrare”?» Elmara si accigliò. «Perché dici ciò?»

«Non posso fare a meno di leggere i tuoi pensieri, ragazza. Sei stata più felice qui di quanto lo sia mai stata prima nella tua breve vita, ma sai che hai imparato tutto ciò che c’era da sapere qui, che ti renderà più forte contro i maghi… e ora non vedi l’ora di proseguire il tuo cammino».

Sollevò una mano non appena la ragazza emise un suono di protesta, e continuò: «No, fanciulla; posso vederlo e sentirlo dentro di te, ed è giusto per te. Non potrai mai essere libera, o essere te stessa, finché i tuoi genitori non saranno stati vendicati e non avrai trasformato Athalantar nel regno che hai in mente. Questa è la tua missione ed è un fardello che nessuno a Faerûn può alleggerire, se non tu stessa, mediante il cammino che hai intrapreso». Sorrise ironicamente. «Non volevi lasciare Farl, e ora non vuoi lasciare me. Sei sicura di non voler rimanere una donna per il resto dei tuoi giorni?»

Elmara fece una smorfia e aggiunse pacatamente: «Non sapevo di avere possibilità di scelta».

«Non ora, forse, ma quando… quando inizierai a diventare un arcimago potentissimo. Per ora hai acquisito dimestichezza con la magia, e per la grazia di Mystra sei in grado di evocare e plasmare tutto ciò che riposa nella terra intorno a noi. Pensi davvero che questa preghiera, ora, e tutte quelle delle notti passate, siano state una perdita di tempo?»

«Io…»

«Iniziavi a temerlo, sì. Io ti sto dicendo che non è come credi», affermò Braer quasi severamente, e si alzò con un unico agile movimento. Protese una mano per aiutarla e aggiunse: «Mi mancherai, ma non sarò né triste, né arrabbiato; è tempo che tu lasci questo luogo. Ritornerai quando dovrai farlo. Il mio compito non è stato insegnarti incantesimi che spazzano via dai cieli i maghi e i loro draghi, bensì farti acquisire dimestichezza con la magia e infonderti la saggezza per usarla. Io sono un sacerdote di Mystra, sì, ma esiste una sacerdotessa molto più grande di me. Devi farle presto visita, fuori dalla foresta. Il suo tempio si trova alle Cascate Ladyhouse, è molto più esperta di me sui modi degli uomini… e ti dirà dove andare nei giorni a venire».

Elmara aggrottò la fronte. «Io… hai ragione, sto diventando irrequieta, ma non voglio lasciarti».