Questo rimbalzò, e si ritorse silenziosamente contro il drago e il mostro con le antenne, che sbuffava e roteava rapidamente. Il primo ruggì di dolore, mentre il secondo non diede alcun segno d’essere stato colpito.
La bestia enorme sputò nuovamente fuoco e, come prima, le fiamme sembrarono arrestarsi contro uno scudo invisibile davanti al tiranno occhiuto. Tuttavia quello scudo non costituì una barriera per gli artigli e la coda della bestia. Elmara vide la coda scaraventare il mostro attraverso la stanza, mentre le sue antenne si arrotolavano e si agitavano inutilmente. Passò accanto al balcone dov’erano stipati gli uomini, che, numerosi, scagliarono pugnali, frecce e spade sopra e davanti al mostro. Questi urlò di dolore e di rabbia mentre giungeva alla fine della corsa. Gli occhi rimastigli si voltarono verso il balcone adiacente.
Fasci luminosi e raggi scintillanti di minore intensità investirono i guerrieri, che terrorizzati corsero invano per il balcone. Questo fu scosso e tremò sotto i loro piedi, e gran parte della balaustra venne improvvisamente disintegrata, svanendo nella furia dell’attacco del tiranno occhiuto.
Tuttavia, nessun incantesimo colpì gli uomini, sebbene lo schianto e lo scintillio delle luci variegate furono quasi accecanti. La magia lambì il balcone e lo percorse nella sua lunghezza prima di rimbalzare contro l’essere sferico; l’ultimo incantesimo di Elmara stava avendo effetto.
I membri della banda che avevano recuperato a sufficienza la vista scagliarono ulteriori pugnali, ma nella violenza dell’incantesimo che aveva investito il balcone, gran parte di essi si disintegrarono o semplicemente caddero nel nulla. Fra la pioggia di lame, il drago inferocito sbatté le ali e si lanciò giù verso l’altro guardiano mostruoso, cercando di uccidere la cosa che gli aveva causato tale dolore. Avvicinandosi, sputò nuovamente fuoco. Il mostro occhiuto, ormai annerito, rotolò tra la tempesta di fiamme cosicché tutte le antenne rimastegli puntarono verso la bestia enorme. Raggi magici colpirono il drago che subito iniziò a urlare. Il mostro si sollevò lievemente per scansarsi, mentre la bestia, oltrepassandolo, si schiantò contro la parete con una tale violenza che le Lame Coraggiose vennero scaraventate a terra. I raggi del tiranno trafissero allora senza pietà il drago agonizzante.
Quando riuscì a liberarsi dal muro, la bestia sembrò molto più piccola, e una nube di fumo si levò dal suo corpo. I balconi distrutti caddero in pezzi quando il drago si mosse, emettendo un lamento terribile, lacerante. Poi le sue urla iniziarono ad affievolirsi. Gli uomini sbalorditi videro pezzi del suo corpo straziato sciogliersi, come neve al sole. Il drago scemò rapidamente e il suo sangue vitale evaporò nel nulla. Oltre la furia dell’incantesimo abbagliante, poterono vedere la sagoma fluttuante di Elmara, che agitando le braccia in modo rapido ma accurato sferrava un altro incantesimo.
Quando il drago svanì in un ultimo residuo di scaglie scure e di sangue ribollente, il mostro dai numerosi occhi si voltò con minacciosa lentezza verso la maga e rotolò affinché il raggio ampio dell’occhio centrale potesse colpirla, l’occhio che esaurì la magia.
Imprigionata da quel campo magico, Elmara cadde, agitando le braccia. I guerrieri la udirono singhiozzare di paura. Il mostro rotolò nuovamente per rivolgere contemporaneamente le antenne contro la giovane donna, come aveva fatto con il drago. Mentre si accingevano a lanciare disperatamente spade, scudi e persino stivali contro quell’essere, gli uomini udirono il tuono freddo e crudele della sua risata.
Raggi e fulmini lampeggiarono nuovamente. Attraverso quella furia luminosa, le Lame videro Elmara sollevare un braccio come per colpire il mostro con una frusta invisibile. Il bastone che aveva con sé scintillò, animandosi improvvisamente.
Il mostro vacillò sotto il suo attacco e iniziò a vorticare selvaggiamente. Gli uomini si acquattarono impauriti mentre i suoi raggi sfrigolavano attraverso il balcone, ma la barriera di El resse ancora, e questi rimbalzarono contro il tiranno dall’enorme occhio.
Tarthe e Asglyn erano spalla a spalla dietro a ciò che rimaneva della balaustra, tesi e impotenti, avendo ormai lanciato tutte le armi a disposizione ed essendo il nemico ormai fuori tiro. Attraverso gli occhi socchiusi videro la loro compagna sfoderare un pugnale dalla cintura e lanciarsi in alto verso il mostro, come una freccia desiderosa di vendetta. Le antenne si contorsero e sprigionarono di nuovo luce esplosiva. La maga volante venne scaraventata di lato dalla forza violenta, e il pugnale nella sua mano si incendiò improvvisamente.
Allora lo scagliò lontano, agitando le dita doloranti, ma col medesimo movimento si portò la mano al petto e dal corpetto estrasse un altro pugnale, no, una vecchia spada spezzata. Ruzzolò nell’aria attraverso una zona di raggi incrociati, e con l’arma in pugno corse verso il nemico.
La magia scaturì improvvisa dalla spada stretta nella mano protesa, si contorse e scintillò quando Elmara colpì il bersaglio, e la sua minuscola zanna d’acciaio affondò nel corpo del mostro come se fosse uno stufato bollente.
La creatura urlò come una cortigiana terrificata e si allontanò dalla maga. El si ritrovò a volteggiare sola nell’aria, mentre la bestia accecata si schiantava contro la parete più vicina, ringhiando di dolore.
La giovane estrasse una bacchetta magica dalla cintura e gliela scagliò contro. Poi si tuffò proprio tra le antenne occhiute, per toccare il corpo roteante immediatamente sopra le mascelle sibilanti, pronte a mordere. Fatto ciò si spinse via col piede e volò a distanza di sicurezza. Dietro di lei, il mostro iniziò a ripetere le sue azioni, rotolando per colpire di nuovo la parete. Poi tornò indietro nel luogo dove Elmara l’aveva trafitto.
Si soffermò un istante, poi finì di nuovo contro il muro, ripetendo esattamente i movimenti precedenti. Gli spettatori osservavano affascinati.
«Per quanto andrà avanti?», domandò meravigliato Tarthe.
«È condannato a schiantarsi contro quella parete finché il suo corpo non cadrà a pezzi», rispose trucemente Asglyn. «Non è una magia che molti maghi osano fare».
«Non ne dubito», si intromise Ithym accanto a loro. Poi rimase col fiato sospeso e indicò il centro della vasta stanza.
Elmara aveva recuperato il bastone ed era volata nel centro dell’ultima sfera, la più piccola. Una mano scheletrica le balzò agli occhi, ma la donna si scaraventò da un lato. La seconda mano, da dietro, si stava già lanciando contro di lei; la videro affondare le dita ossute nel suo collo mentre El si voltava rapidamente, troppo tardi per fermarla.
La maga lanciò il bastone e pronunciò le parole di un altro incantesimo, tracciando con un braccio gesti intricati. Una mano le stringeva sempre più la gola mentre l’altra, quella che aveva colpito, stava volando di nuovo verso il suo viso, con due dita spezzate e penzolanti.
Tarthe sospirò frustrato. El stava lottando, una mano alla gola, scrollando la testa da una parte all’altra per impedire all’altro artiglio scheletrico di cavarle gli occhi. Il suo volto si oscurò, ma i guerrieri videro comparire granelli di luce intorno al suo corpo, che a mano a mano divennero più luminosi.
Poi, senza rumore, entrambe le mani senza corpo si sgretolarono, e la sfera attorno a esse scomparve interamente. Quando l’incantesimo svanì, gli uomini udirono Elmara annaspare nel silenzio improvviso, e le lucine scintillanti della soglia alle loro spalle iniziarono ad avanzare.
Gli avventurieri si fecero da parte con circospezione, mentre le luci multicolori che avevano avvolto Gralkyn si riversarono nel corridoio e invasero il centro della stanza, dirette verso la maga.
«Elmara, attenta!» gridò Tarthe, con voce stridula.