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«Suppongo che ora mi direte, mago», gli ordinò, «quale faccenda urgente ci costringe a cavalcare durante la notte».

«Siamo in viaggio per vendicarci, Principe», sbottò il mago Eth. «Vi basta o desiderate mettere ulteriormente in dubbio i miei ordini?»

Il Principe Gartos sembrò riflettere un momento, poi esclamò: «No… la vendetta è la ragione migliore per fare una guerra».

Vi fu un grido proveniente dalle fila anteriori, e i cavalli si misero al passo. «State sulla strada, dannazione!», ordinò Gartos stancamente, mentre i destrieri sbuffavano e agitavano la testa tutt’intorno a lui. La banda di cavalieri si fermò confusamente.

«Che cosa succede?», ruggì.

«Il cancello di Narthil, Signor Principe… e non è presidiato».

«Elmi in testa, tutti! Sguainate le spade!», gridò Gartos facendo un gesto imperioso con la mano. I cavalieri attorno a lui obbedirono, e spronarono i cavalli. Un momento dopo galoppavano verso Narthil.

La strada avvolta dall’oscurità di fronte a loro era deserta; da entrambi i lati, le case e le botteghe erano buie. I cavalieri delle prime file rallentarono il passo, guardandosi attorno esitanti. La città sembrava addormentata, ma tutti avrebbero udito dei cavalieri cadere a terra dopo essersi imbattuti in corde tese attraverso la strada. Non vi erano corde e nemmeno dardi spioventi e nessuno li stava sfidando. Se non che…

Una figura solitaria stava risalendo la strada ed era diretta verso di loro: una donna giovane ed esile, vestita con abiti di foggia indefinibile, che teneva in mano una tazza di sidro fumante. Si fermò tranquillamente in mezzo alla carreggiata e si guardò intorno sorseggiando la bevanda. Gli uomini spronarono i cavalli al trotto e poi, in uno scalpiccio di zoccoli, l’accerchiarono.

Elmara si ritrovò a guardare negli occhi duri di un guerriero temprato dalle battaglie, che indossava una magnifica armatura ed era affiancato da un uomo dallo sguardo freddo che portava una tunica senza stemma, ma che in qualche modo ricordava un «signor mago».

«Buongiorno», li salutò cortesemente, sorseggiando il sidro. «Chi siete voi che venite armati a Narthil quando la gente onesta ancora dorme?»

«Io faccio le domande, e tu mi risponderai rapidamente», sbottò il guerriero, voltando il cavallo di lato in modo da poter incombere sulla giovane. «Chi sei tu

«Una che vorrebbe vedere la caduta dei maghi arroganti e delle guardie crudeli», rispose El, e alla parola «crudeli» scattò l’incantesimo. Dal suo corpo scaturirono scintille che lampeggiarono in tutte le direzioni, facendo esplodere qualsiasi oggetto metallico toccassero, in un turbine di fiamme bluastre scoppiettanti e gli uomini dentro l’armatura o con la spada tra le mani iniziarono a contorcersi in preda alle convulsioni e caddero dalla sella.

Per un breve istante, il mondo sembrò inondato di luce brillante e di cavalli scalpitanti che, nitrendo terrorizzati, fuggirono senza uomini con un rumore assordante di zoccoli, lasciando Elmara sola di fronte a due cavalieri, pallidi sui loro destrieri, circondati da un incantesimo luminoso protettivo sferrato frettolosamente.

«Ora tocca a me», affermò la donna con gli occhi scintillanti. «Chi siete voi?»

Il guerriero sguainò lentamente la spada con fare minaccioso, ed El vide rune magiche fiammeggiare lungo la lama. «Il Principe Gartos di Athalantar», asserì fieramente, «l’uomo che ti ucciderà, strega, sicuro come il fatto che presto sarà giorno». Mentre il guerriero parlava, le mani del mago, silenzioso accanto a lui, si mossero rapidamente, ma un attimo dopo i suoi occhi si spalancarono: Elmara era svanita improvvisamente.

Poi il destriero del mago Eth si impennò e si slanciò in avanti, e dietro l’uomo si materializzò un grosso peso. Aveva appena iniziato a girarsi quando una mano lo colpì sul naso e sulla bocca, facendolo lacrimare, e subito un’altra gli assestò un pugno sulla gola.

Gorgogliando e respirando a fatica, il mago barcollò sulla sella, e sentì qualcosa che gli veniva strappato dalla cintura prima che il suolo scuro si alzasse violentemente per colpirlo alla tempia, e gli facesse chiudere gli occhi, per sempre…

Elmara saltò giù dal cavallo ancora prima che l’uomo cadesse dalla sella; Gartos fu molto rapido. Aveva capito dove l’aveva portata il suo incantesimo, si girò, e affondò la spada nel vuoto sopra la sella del mago Eth.

Elmara atterrò duramente, scartò di lato per rallentare la velocità del balzo, e guardò la bacchetta magica che aveva sottratto. Ah, ecco! Quando alzò lo sguardo, un paio di zoccoli si stavano levando sopra di lei, allora puntò il bastone magico, e cautamente pronunciò la parola incisa sull’impugnatura. La bacchetta pulsò e da essa si sprigionarono un paio di dardi luminosi che deviarono bruscamente nell’aria per colpire Gartos dritto in faccia. Il principe tirò indietro la testa, ringhiò di dolore, e colpì alla cieca con la spada mentre il cavallo si dava al galoppo. Elmara si tuffò a terra e rotolò su un fianco; poi puntò la bacchetta alla figura in armatura che le stava passando rapidamente accanto e pronunciò nuovamente la parola.

Ne scaturì nuovamente un lampo di luce, che anche questa volta colpì il bersaglio, e le braccia scintillanti nell’armatura metallica sobbalzarono in preda al dolore. La spada del guerriero cadde a terra, il destriero disarcionò il cavaliere e si lanciò al galoppo. Elmara vide gente assonnata sbirciare dall’uscio delle case mentre lasciava cadere la bacchetta magica ai suoi piedi, puntava le mani verso il cavallo, e pronunciava poche parole sotto voce.

Il principe ruzzolò facendo un gran rumore e rimase immobile, mentre il cavallo si allontanava rapidamente nel sole nascente.

El recuperò la bacchetta, si guardò intorno per verificare che non vi fossero altri nemici e raggiunse il guerriero. Gartos giaceva supino e aveva il volto contratto dal dolore e dalla rabbia.

«Ho un’altra domanda, guerriero», affermò El. «Che cosa conduce le guardie di Athalantar a Narthil?»

Gartos ringhiò furioso senza proferire parola. Elmara inarcò un sopracciglio, e sollevò le mani minacciando un altro incantesimo.

L’uomo guardò le sue dita muoversi, e brontolò: «F-ferma il tuo incantesimo. Mi hanno ordinato di trovare chi ha ucciso alcuni apprendisti all’Unicorno, ad ovest di qui… tu?»

Elmara annuì. «Li ho sconfitti e li ho spediti altrove; dovrebbero essere ancora vivi. Perché a un principe del regno viene ordinato di recarsi da qualche parte?»

La bocca del guerriero si contorse ironicamente. «Persino il re fa quanto gli chiedono i maghi più anziani… e il re mi ha nominato principe».

«Perché?»

L’uomo a terra scrollò le spalle. «Si fidava di me e voleva conferirmi il diritto di comandare le guardie senza che qualche giovane mago idiota mi ostacolasse».

Elmara annuì. «Chi era il mago che ti accompagnava?»

«Eth, il mio cane da guardia, mandato dai signori maghi per controllare che non facessi nulla per Belaur che avrebbe potuto arrecar loro danno».

«Fai sembrare Belaur un prigioniero».

«Lo è», rispose semplicemente, ed Elmara vide i suoi occhi spostarsi rapidamente da una parte all’altra, in cerca di qualcosa.

«Dimmi di più su questo mago Eth», ordinò la giovane, facendo un passo avanti ed estraendo la bacchetta magica dalla cintura. Sarebbe stato meglio continuare a far parlare il guerriero, in modo che non avesse il tempo di tramare un attacco.

Gartos alzò di nuovo le spalle. «Ne so poco; i maghi non parlano molto di sé. È chiamato “Artiglio di pietra”; da giovane ha ucciso un gigante con i suoi incantesimi… ma questo è tutto ciò che… Thaerin

Al grido dell’uomo, si produsse una luminosità pulsante. Elmara si voltò rapidamente, in tempo per vedere la spada con le rune sfrecciare di punta su di lei.