Inciampando nella fretta, El corse attraverso un terreno ignoto verso di lei. Gli occhi le si riempirono di lacrime e scoppiò a piangere. «Lady Mystra!» singhiozzò. «Mystra!» La luce intorno alla dea si affievolì, e la sorridente Signora dei Misteri iniziò a svanire… svanire…
«Mystra!» El allungò disperatamente le braccia, la vista offuscata dalle lacrime. Stava cadendo… cadendo nel vuoto, ancora una volta, infreddolita e gemente, sola, la sua luce scomparsa.
Stava morendo. Elmara Aumar doveva essere già morta, il suo spirito errante… ma no! Nell’oscurità lontana El vide una minuscola luce scintillare e sfolgorare – e poi correre verso di lei, brillante e roteante. Gridò per lo stupore e per la paura mentre la luminosità accecante la raggiungeva e l’avvolgeva nuovamente. Anche il sorriso di Mystra sembrò risplendere tutt’intorno a lei, caldo e confortante, infinitamente saggio.
Fra le nebbie ora più rade, la giovane ebbe un’altra visione: si alzò dopo aver pregato Mystra in ginocchio e si avvicinò a un tavolo su cui giaceva un tomo grande, elegantemente rilegato, e circondato da piccoli oggetti che riconobbe quali componenti per incantesimi. Si sedette al tavolo, aprì il libro e iniziò a studiare… la foschia l’avvolse, e quando si diradò nuovamente, El vide se stessa sferrare un incantesimo e poi osservare come una sfera di fuoco esplodesse proprio di fronte a lei. Una sfera di fuoco? Era un incantesimo tipico dei maghi, non delle sacerdotesse…
La foschia luminosa turbinò e poi si aprì nuovamente, rivelando forme di fuoco ardente, inestinguibile e immobile, nel nulla. El le contemplò. Quei fuochi erano magici e familiari. Guardò le loro spire e le loro lingue danzanti… e – sì! Erano gli incantesimi che aveva memorizzato in principio, sospesi nella sua mente in attesa di essere liberati!
Sì, esclamò una voce calda e potente, echeggiando intorno a lei, e aggiunse: Guarda. Uno dei fuochi si mosse improvvisamente, contorcendosi come un serpente. D’un tratto si illuminò di una luce troppo brillante per poter essere osservata, e la voce ordinò, fa’ così e stai a guardare!
Il fuoco divampò e scomparve, tingendo di ambra la foschia. Elmara si sentì improvvisamente meglio, come se la tensione e il dolore si fossero allentati e nel contempo il peso nella sua mente diminuì, come se un incantesimo fosse scomparso dalla sua memoria.
Di nuovo, ripeté la voce mentale di Mystra. Un’altra fiamma si contorse, si srotolò, e divampò. Quando scomparve, la donna si sentì più forte e il dolore diminuì ulteriormente, allora rimase a crogiolarsi nel calore crescente delle nebbie ora dorate.
Ora fallo da sola, le comandò la voce, ed El tremò, improvvisamente intimorita e nervosa. Sapeva che un passo falso poteva mandare in pezzi e la sua mente… ma le fiamme si stavano srotolando e contorcendo, mentre la sua volontà la invadeva e si riversava al di fuori per guidarle. Ora più splendenti… sì! Così, e – ecco fatto!
Una luminosità dorata sembrò diffondersi attraverso le nebbie mentre i fuochi dell’incantesimo svanivano. Elmara si sentì rinvigorita, come se il dolore che l’intorpidimento non le aveva permesso di sentire se ne fosse improvvisamente andato, scivolando dal suo corpo come un mantello consunto che si è strappato e il peso degli incantesimi nella sua mente svanì nuovamente.
Mystra le aveva mostrato come trasformare gli incantesimi memorizzati in energia vitale e far sì che quella forza primordiale stimolasse la sua guarigione. Sospesa in un vuoto mentale dalle tinte ambrate, El contemplò senza fiato quel processo meraviglioso e complicato l’oscurità fredda ora sembrava lontana. Si rese conto che avrebbe potuto identificare incantesimi particolari se avesse fissato abbastanza a lungo le fiamme. Fluttuò, riflettendo il dolore residuo come un mantello dolente attorno a lei, finché non avesse scelto l’ultimo incantesimo utile.
Fare quella magia fu questione d’un batter d’occhi, e il dolore si alleviò ulteriormente. Avrebbe continuato a vivere!
Con quel pensiero, El si accorse che desiderava alzarsi, e d’un tratto si mosse, scendendo dolcemente fra nebbie dorate nella luce…
Vi fu una scossa e un’esplosione di suoni e luci improvvisi. Attraverso una foschia ambrata, fluttuante, poté vedere le nuvole nel cielo limpido del mattino e, più scuro e più vicino, un anello di volti dall’aria sciocca, che la guardavano a bocca aperta. El riconobbe il viso ansioso di Asmartha, la locandiera, e le sorrise.
«S-sì», esclamò con la voce densa di sangue, «sono viva».
Si udì più di un urlo, e nella cerchia di teste si aprirono improvvisamente diversi varchi. El sorrise lievemente ma il suo cuore si riempì di gioia quando la donna ricambiò il suo sorriso, e allungò una mano forte per toccarla.
«Ho visto», esclamò la donna, la voce rauca per la sorpresa. «Eri morta – squartata come un maiale macellato – e ora sei tutta intera. Gli dei esistono davvero… dev’essere così. Ti ho vista guarire, proprio sotto i miei occhi. Gli dei erano qui!»
Il viso di Asmartha si contorse in una risata isterica, ampia, e lacrime le scesero lungo le guance. Sfiorò delicatamente il viso di El con un dito, scosse il capo ed esclamò: «Mai visto nulla del genere. Quale dio ti arride, fanciulla?»
«Mystra», rispose Elmara. «La grande Mystra». Cercò di mettersi seduta, e subito due braccia forti l’aiutarono afferrandola per le spalle. «Sono una sacerdotessa della Signora dei Misteri», spiegò alla locandiera e poi, sfiorata da un pensiero improvviso, aggiunse lentamente: «Ma devo imparare a essere qualcosa di più».
«Cioè?»
«Se devo dar battaglia ai maghi e ai loro soldati, faccia a faccia, incantesimo contro incantesimo», affermò El a bassa voce corrugando la fronte, «devo diventare una vera maga».
«Non sei una maga?»
Elmara scosse il capo. «Non ancora». Forse non lo sarò mai, pensò improvvisamente, se non riesco a trovare un mago che mi insegni… E dove avrebbe mai potuto trovarne uno fidato? Non in Athalantar, dove ogni stregone era un signore mago… e nemmeno nel Calishar. Ci dovevano essere per forza maghi in altre terre, certo, ma da dove iniziare la ricerca?
Braer. Naturalmente. Doveva recarsi nella Grande Foresta e chiedere al suo maestro. Qualunque cosa le avesse detto, sarebbe stata una risposta fidata. «Devo andare», disse la giovane alzandosi in piedi.
Il mondo iniziò a oscillare e a girarle tutt’intorno, El barcollò, ma uno degli uomini di Narthil appoggiò una mano ferma sulla sua spalla e le fece riacquistare l’equilibrio. «I maghi possono trovarmi con i miei incantesimi», affermò Elmara incalzante. «Ogni momento che passa, metto in pericolo tutti voi». Fece un respiro profondo e tremolante, poi un altro, immergendosi nelle nebbie per srotolare un’altra fiamma.
Asmartha fece un passo indietro quando la ragazza si irrigidì, e una luce biancastra emanò dal suo corpo. Poi svanì, e la locandiera vide che la giovane dal naso adunco stava bene, nonostante il vestito lacero, zuppo di sangue, e l’aspetto pallido e provato del suo volto.
«Il mio sacco», mormorò, e si voltò verso la taverna. L’ostessa trotterellò frettolosamente al suo fianco per evitare che cadesse, ma El sorrise e la rassicurò: «Sto bene ora e sono felice come non lo ero da molto tempo. Mystra mi arride».
«Lo credo bene», ribatté il donnone, mentre entravano nel Ricovero. La porta si richiuse con un gran baccano dietro le loro spalle.
Elmara se ne andò com’era venuta, sola, il sacco sulle spalle, diretta a nord-est oltre le colline. La locandiera la guardò allontanarsi, sperando in cuor suo che non le accadesse nulla. Un tempo Asmartha aveva sognato una vita avventurosa, durante la quale avrebbe visto tutte le meraviglie di Faerûn e fatto amicizia con gli elfi… ed ecco che la ragazza dei suoi sogni se ne stava andando.