«Naturalmente sono io», confermò El. «Se fossi un signore mago, non me ne starei semplicemente seduto qui, giusto?»
Tassabra socchiuse gli occhi. «Ora sei un mago?», domandò agitando le mani nella sua immagine. «Dove sei veramente?»
«Qui», rispose il principe. «Sì, sono una sorta di mago ora. Ho assunto tale forma per evitare tutte le vostre… ahm, trappole amichevoli».
Tassabra si mise le mani sui fianchi. «Se sei proprio qui, El», esclamò seriamente, «renditi solido! Voglio toccarti! Come faccio a baciare un’ombra?»
Elminster sorrise. «Va bene. Ma per tua sicurezza, smetti di muovere le mani dentro di me».
Obbedì, e il giovane mormorò poche parole e improvvisamente riacquistò forma solida e Tassabra lo abbracciò avidamente, la pelle liscia contro i suoi abiti scuri. Farl mise le mani attorno a entrambi, stringendoli forte. «Per tutti gli dei, mi sei mancato, El», esclamò rauco. «Non avrei mai pensato di rivederti».
«Dove sei stato?», domandò Tassabra, passandogli le mani sul viso e nei capelli e notando i cambiamenti operati dal tempo.
«In giro per Faerûn», rispose il giovane, «a imparare magie sufficienti per distruggere i signori maghi».
«Speri ancora di…?»
«Prima che albeggi per la terza volta», lo interruppe El, «se mi aiutate».
Entrambi rimasero a bocca aperta. «Aiutarti come?» domandò Farl, accigliato. «Trascorriamo gran parte del tempo semplicemente a evitare le crudeltà casuali dei maghi… Non possiamo sperare di resistere a un attacco deliberato, nemmeno di uno solo di loro!»
Tassabra annuì con aria grave. «Ci siamo costruiti una bella vita, El», affermò la donna. «I Moonclaw non esistono più; avevi ragione, El – erano strumenti dei signori maghi. Ora gestiamo le Mani di Velluto insieme e col commercio e gli investimenti astuti facciamo più soldi di quanti non ne abbiamo mai fatti scivolando di notte negli appartamenti».
Elminster inviò un pensiero a Braer e scomparve di nuovo alla vista. Colse nel frattempo un apprezzamento – «Bella, la fanciulla» – da parte dell’altro elfo, prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione alla coppia di fronte a lui.
«Potete vedermi ora?», domandò. Farl e Tass scossero il capo.
«Né potete toccarmi… nemmeno con incantesimi», disse loro Elminster. «Ho alleati potenti; possono nascondervi proprio come stanno facendo con me ora. Potreste derubare i signori maghi e accoltellarli senza temere la loro magia!»
L’amico si irrigidì, gli occhi scintillanti. «No?»
Poi socchiuse gli occhi. «E chi sarebbero questi tuoi alleati?»
Elminster inviò nuovamente un pensiero a Braer: ho il tuo permesso?
Lascialo a noi, fu la calorosa risposta. Un momento più tardi, udì le tende del letto frusciare dietro di lui. Tass annaspò, e la mano di Farl si strinse sul pugnale che teneva sotto le coperte.
El sapeva che entrambi gli elfi erano apparsi dietro di lui ancor prima di udire la voce melodiosa di Braer. «Perdonate la nostra intrusione, Signore e Signora», cominciò l’elfo. «Non è nostra abitudine infiltrarci nelle camere da letto, ma sentiamo che quest’occasione di liberare il regno è molto importante. Se combatterete accanto a noi, ne saremo onorati».
El vide i suoi vecchi amici sbattere più volte le palpebre; gli elfi dovevano essere svaniti bruscamente. Udì nuovamente le tende chiudersi. Tass chiuse la bocca con uno sforzo. «Onorati?», esclamò Farl con stupore. «Gli elfi sarebbero onorati di combattere con noi?»
«Elfi», mormorò la ragazza. «Elfi veri!»
«Sì», rispose El con un sorriso, «e con la loro magia riusciremo a distruggere i maghi».
Farl scosse il capo. «Mi piacerebbe – perbacco, mi piacerebbe! – ma… tutti quei soldati…»
«Non combatterete da soli», lo rassicurò El. «Accanto a voi, se si giungerà alla battaglia aperta, ci saranno i Cavalieri del Cervo».
«I cavalieri perduti di Athalantar?», esclamò affannosamente Tass.
Farl scosse la testa, incredulo. «Altre leggende per bambini! Io… mi sembra un sogno… davvero intendi…» Scrollò di nuovo il capo per schiarirsi le idee, e domandò: «Come sei riuscito a convincere gli elfi e i cavalieri a seguirti?»
«Sono leali ad Athalantar», rispose tranquillamente El, «e hanno risposto alla chiamata del suo ultimo principe».
«Chi è?»
«Io», asserì seccamente. «Eladar il Tenebroso è anche Elminster, figlio del Principe Elthryn. Sono un principe di Athalantar».
Farl e Tass lo fissarono, e poi, con fare incerto, l’amico deglutì. «Non ci posso credere», sussurrò, «ma oh, lo voglio! Un’opportunità per vivere liberi, e non dover temere, né inchinarsi più ai maghi in nessun luogo di Athalantar…»
«Ci stiamo», esclamò fermamente Tassabra. «Conta su di noi, El… Eladar. Principe».
Farl la guardò. «Tass!» sibilò. «Che cosa stai dicendo? Ci uccideranno!»
Tassabra voltò la testa verso di lui. «E allora?» domandò tranquillamente. «Abbiamo avuto successo finora, sì… ma un successo che può essere spazzato via in un istante per un semplice capriccio di un mago».
Si alzò in piedi. La luce lunare evidenziò il suo corpo nudo, ma lei era avvolta da dignità come se indossasse una tunica lussuosa. «E ti dirò di più», continuò, «possiamo essere soddisfatti di ciò che abbiamo fatto… ma Farl, per una volta nella vita voglio essere orgogliosa! Fare qualcosa che la gente rispetterà per sempre, al di là di ciò che potrebbe accadere! Fare qualcosa… che conti. Questa potrebbe essere la nostra unica possibilità».
Guardò fuori dalla finestra, si irrigidì quando vide gli elfi su un tetto vicino, e poi emise ciò che avrebbe potuto essere un singhiozzo quando le nobili creature agitarono una mano in segno di saluto. Solennemente, sentendo il cuore che lievitava nel petto, ricambiò il saluto, e si voltò con improvvisa ferocia. «Esiste causa migliore di questa? Athalantar ha bisogno di noi! Possiamo essere liberi!»
Farl annuì, un sorriso lento gli solcò il viso. «Hai ragione», rispose pacatamente, e alzò lo sguardo verso Elminster. «El, puoi contare sulle Mani di Velluto». Sollevò il pugnale in segno di saluto, e la sua lama catturò scintillante il chiarore della luna. «Che vuoi che facciamo?»
«Domani sera», rispose El, «avrò bisogno di voi. Tassabra dovrà contattare i cavalieri; meglio se si traveste da prostituta, e dovrà recarsi al campo fuori le mura, vicino alla fossa dove bruciano i rifiuti. Poi, per tutta la notte, i tuoi compagni lavoreranno con gli elfi… e ruberanno gli oggetti magici e quelle piccole cose che usano per fare incantesimi – ossa e scaglie arrugginite, gemme, pezzi di corda, e simili – dalle dimore dei maghi in tutta la città. Gli elfi vi nasconderanno e vi diranno che cosa prendere».
I tre amici si sorrisero a vicenda. «Sarà divertente», esclamò Farl con occhi scintillanti.
«Lo spero», rispose tranquillamente El. «Oh, lo spero».
«Ci hanno già attaccato, Maestro?» Il tono di Malanthor e il suo sopracciglio sollevato erano sardonici. «O mi sono perso qualcosa? Ho trascorso qualche minuto in bagno questa mattina».
Il sorriso di Ithboltar era sottile e rigido. «La minaccia è reale, e rimane tale. Faresti bene a mettere da parte un po’ della tua arroganza, Malanthor. L’orgoglio solitamente precede i disastri, soprattutto per i maghi».
«E i vecchi iniziano a sognarsi cose e a pensare che siano reali», rispose tagliente il mago, «se vogliamo continuare con le banalità».
Ithboltar alzò le spalle. «Nei giorni a venire, assicurati solo di essere pronto con incantesimi, bacchette magiche, e simili come per una battaglia contro nemici».
«Athalantar è di nuovo sotto assedio?», domandò allegramente Chantlarn mentre misurava la stanza a grandi passi. «Ci sono eserciti alle porte e tutto il resto?»
«Temo di sì», esclamò Malanthor, portandosi una mano alla fronte e assumendo il tono di una matrona isterica. «Temo di sì».