Выбрать главу

«E anch’io», affermò Chantlarn con entusiasmo. «Che cosa pensi Ithboltar?»

«Che sono circondato da idioti», rispose aspramente il vecchio mago, e si voltò verso il libro di incantesimi sul tavolo di fronte a lui. I due maghi più giovani si scambiarono occhiate divertite.

«Come sto?», domandò Tassabra, sollevando le braccia e ruotando su se stessa. Minuscoli campanelli d’ottone tintinnarono qua e là sulla rete di nastri di pelle che mettevano in evidenza il suo corpo, più che vestirlo. Strisce di seta dalle sfumature color rubino proclamavano a tutti quale fosse il suo mestiere; persino i suoi stivali alti erano bordati di rosso.

Elminster si leccò le labbra. «Non avrei mai dovuto andarmene», esclamò tristemente, e la ragazza rise compiaciuta.

El roteò gli occhi e le mise in spalla il mantello rosso-rubino. Come sospettava, era disseminato di spacchi arditi, e rifinito con merletti. Tass incedette impettita, le ginocchia nude che facevano capolino attraverso il mantello mentre si avvicinava all’amico.

«Dovresti sembrare una che non guadagna abbastanza ad Hastarl, e deve andare all’accampamento dei mercanti», protestò El, «non far penzolare la lingua a tutta la città!»

Tass mise il broncio. «Doveva essere divertente, ricordi?»

El sospirò e la prese fra le braccia. La ragazza spalancò gli occhi, e poi alzò la testa e lo baciò appassionatamente. Le loro labbra stavano per toccarsi quando El sussurrò la parola che li portò fuori dalla stanza buia, lontano, dietro una pila di botti nella via disseminata di spazzatura lungo le mura.

Tass si aggrappò a lui, corrugò il naso, e lo prese in giro: «Non sono mai stata baciata in quel modo prima d’ora!»

«C’è sempre una prima volta, fanciulla», esclamò El con un inchino, mentre la sua forma svaniva. «Il mio ritratto di Helm… è ancora chiaro nella tua mente?»

Tass annuì. «Vivido… un incantesimo magnifico quello».

«No, fanciulla; servono anni per imparare sufficiente magia per lanciarlo, lo stesso vale per la telepatia. Che Tyche ti assista, cerca di non farti ammazzare o schiacciare dall’impeto di uomini affamati prima di trovare Helm e i suoi cavalieri».

Tass fece un gesto molto volgare nella sua direzione, e poi si incamminò impettita nell’imbrunire.

Elminster la guardò procedere e poi scosse il capo. Si augurava di non incontrarla di lì a poco, di non imbattersi in un cadavere contorto.

Sospirò e si voltò. Ci sarebbe stato molto da fare quella notte.

Tass schiaffeggiò distrattamente un’altra mano avida e sbottò: «Prima i soldi, signore».

Le rispose una risata mesta. «Tre pezzi d’argento, sorella?».

«Una sorella è tutto ciò che otterrai con tre pezzi d’argento», assentì affabilmente, e continuò a camminare, scrutando qua e là, in cerca della faccia che Elminster le aveva impresso nella mente. Non era un uomo dall’aspetto nobile, quell’Helm Spadadipietra.

«Spade da Sarthryn, Signora?», mugolò una voce.

La donna guardò ferocemente in quella direzione. «Perché dovrei volere una spada, signore?»

«Per abbinarla alla tua lingua, fanciulla!» rombò un’altra voce divertita. Tass si voltò per vedere l’uomo che aveva parlato – e si fermò impietrita. Era lui. Diede uno sguardo intorno agli uomini malvestiti che oliavano e affilavano spade. Naturalmente… quale modo migliore per giustificare tante armi, senza guerrieri temerari che le portano?

«Sono venuta per te», affermò tranquilla avanzando verso Helm. Il vecchio guerriero malconcio la guardò dalla testa ai piedi – e la spada che stava pulendo si sollevò come un serpente pronto a colpire e le toccò il seno. La ragazza si arrestò improvvisamente e deglutì. Non aveva mai visto una spada brandita con tale rapidità – e l’acciaio era gelido e solido contro la sua carne.

«Stai indietro», le ordinò l’uomo, «e dimmi chi sei, e chi ti ha mandato».

Tass indietreggiò lievemente e aprì il mantello per mettere le mani sui fianchi. Uno dei guerrieri allungò la testa per vedere meglio le sue grazie, ma gli occhi di Helm erano fissi sulle mani, e la sua spada sollevata e pronta.

«Parlo in nome di Elminster… o di Farl», affermò la donna tranquillamente.

La spada scintillò alla luce del fuoco mentre Helm la abbassava lentamente. «Bene», brontolò il cavaliere, sollevando un boccale e offrendole da bere, «perché non decidi quale, e poi parliamo?»

«Il Mago Reale è da un’altra parte», sussurrò Farl, il volto lucido di sudore. «Altrimenti non sarei vivo». Stava tremando.

«Calmati», lo esortò Elminster. «Lo sei, e questo è l’importante».

«Per ora», ribatté l’amico sibilando. «Chi lo sa se quel mago non ha lasciato incantesimi che catturano il mio aspetto, per mostrarglielo dopo… e non viene magari a cercarmi?»

L’elfo accanto a loro scosse la testa in silenzio. El indicò col capo il mago elfo in disparte. «Lui avrebbe percepito qualsiasi incantesimo che Undarl avesse fatto, fidati».

Farl si strinse nelle spalle, ma sembrò tranquillizzarsi quando mise un assortimento di gemme, fiale, e sacchetti nelle mani di Elminster. «Ecco. Aveva anche qualcosa incastonato nel letto, ma non sono riuscito ad arrivarci, e avevo dimenticato di portare con me l’ascia».

«La prossima volta», rispose El con tono rassicurante, e dopo un momento Farl gli sorrise.

«Molti apprendisti ladri stavano tentando di evitare la sorveglianza di Undarl per rubare pergamene di incantesimi che continuavo a far cadere sopra di loro! Non so ancora come abbiano fatto a non vedermi… questa mia ombra dev’essere brava». Si accigliò. «Come… come vanno le mie Mani?»

Elminster si grattò il naso. «La ragazza testarda – Jannath, si chiama? – si è imbattuta in un servo e l’ha ucciso prima di darsi tempo per pensare, ma la sua ombra-elfo ha gettato il corpo nel fiume. Per il resto, tutto quieto, come previsto».

«Che cos’è rimasto da fare?»

«Ci resta solo la torre di Ithboltar», affermò la voce di Myrjala proveniente dall’oscurità accanto a loro. «Perciò ti rimane Malanthor».

Farl annuì. «Bene… dov’è Tass?»

Elminster sogghignò. «Le ho fatto togliere quel costume rosso rubino…»

«Sfido che l’hai fatto», esclamarono Farl e Myrjala all’unisono, e poi si guardarono e risero.

«… perciò ha iniziato un po’ più tardi», continuò Elminster tranquillamente, come se nessuno l’avesse interrotto. «Ora è nella torre di Alarashan; la sua ombra non ha riportato nulla di storto».

Farl tirò un sospiro di sollievo, e balzò in piedi. «Portami da Malanthor, dunque».

Myrjala inarcò le sopracciglia, e fece cenno a El di compiere il primo incantesimo. Ubbidientemente il giovane avanzò, puntando il dito oltre i tetti scuri della città. «Vedi quella torre laggiù? Ora ti faremo volare attraverso la finestra… quella più piccola; sono i bagni, nelle altre stanze ci saranno sicuramente incantesimi d’allarme e forse trappole».

«Volare?», esclamò Farl roteando gli occhi. «Non mi sono ancora abituato al fatto che tu sia un mago potente, El… o un principe, se è per quello».

«Non preoccuparti», affermò Myrjala rassicurante. «Neanche El in realtà è abituato a essere le due cose».

«Mi sorprendi», esclamò Farl seccamente, avviandosi a grandi passi fino al bordo del tetto. Dietro di lui, i due maghi si scambiarono sguardi divertiti.

Farl allungò la mano per prendere l’anello. Era quasi troppo semplice. «Il vino è quasi terminato», si lamentò una stizzosa voce femminile, dalla vasca dietro la tenda.

«Vai a prenderne altro», ribatté il signore mago dall’altra estremità della vasca. «Sai dov’è».

L’acqua spruzzò. Le dita di Farl si chiusero sull’anello – e una mano bagnata, dalle lunghe dita si allungò oltre la tenda, richiudendosi su… la nocca di Farl! Il giovane ritrasse la mano e si girò. Per Farl, il tempo di copertura era terminato. La donna emise un grido lacerante. Sì, più che terminato.