Farl udì l’imprecazione di sorpresa del mago mentre si precipitava nelle latrine. «Tirami fuori di qui!» ringhiò, saltando oltre una sedia bassa. «Subito!»
Si udì un coro di spruzzi da dietro e la voce di un uomo pronunciare una rapida cantilena.
Farl imprecò disperatamente. «Elminster!» gridò, scansando un tavolo. Poi sentì un formicolio nelle braccia e nelle gambe. Vacillò, vide una luce scintillare intorno a lui come fiamme danzanti, e cadde attraverso la porta nelle latrine. Rimani immobile, gli sussurrò nella mente una voce tranquilla di elfo. Farl rabbrividì e fece quanto gli era stato detto. Che alternative poteva avere?
«Invisibile!», sbottò il mago, incredulo. «Un ladro reso invisibile da un incantesimo, nelle mie stanze! A che punto siamo arrivati?»
Gocciolante, attraversò la stanza, minuscole saette blu giocherellavano fra le sue mani. «Bene, credo che gli estorcerò qualche risposta prima che muoia… Nanatha, versa anche a me un po’ di quel vino!»
Oh dei, aiutatemi, pregò Farl, con la fronte sul pavimento. El, dove sei? Lo sapevo che ciò avreb…
Vi fu un improvviso bagliore, e poi un sospiro disgustato. «Giusto nella tazza», esclamò Elminster rabbiosamente. «Non è una stanza tanto piccola, ma dovevo comparire giusto nella…»
«Chi nei Nove Inferni Ardenti sei tu?»
Malanthor rimase a bocca aperta; nel suo gabinetto non c’era un intruso, bensì due, e non si spiegava come vi fossero arrivati. Scosse il capo, ma decise di non attendere una risposta. Fulmini blu scaturirono dalla punta delle dita. Colpirono il giovane dal naso adunco – un momento! era l’uomo del quale Ithboltar continuava a farfugliare! – e rimbalzarono, investendo il mago prima che avesse il tempo di reagire. Malanthor grugnì mentre il suo corpo veniva scaraventato all’indietro, e, tra spasmi incontrollabili, ricadeva oltre un divano. Nanatha urlò ancora.
«Alabaertha… shumgolnar», ansimò dimenandosi sul tappeto. Chantlarn aveva richiesto un prezzo elevato per quell’aiuto, ma doveva ricorrere al loro patto oppure morire!
«Myr?», chiamò El. «Sei pronta?»
«Sto arrivando», fu la risposta sommessa. «Abbiamo una pattuglia di soldati quassù».
«È per questo che sono visibile?», chiese El rendendosi improvvisamente conto che il mago l’aveva visto immediatamente.
El uscì dalla tazza e avanzò verso il punto in cui il mago era sparito. Una bottiglia di vino volò attraverso la stanza diretta contro la sua testa; il giovane si abbassò, e questa gli toccò la spalla e si infranse contro la porta dietro di lui.
«Sì, è per questo», rispose tranquillamente Myrjala. «La prossima volta, limitati a versarmene un bicchiere, d’accordo?»
El guardò la donna spaventata che aveva lanciato la bottiglia – i maghi andavano sempre in giro nudi? No, era bagnata fradicia, proprio come l’uomo: tempo del bagno, dunque – e poi si voltò per vedere Myrjala che toccava Farl.
«Stai indietro», ordinò a El, e i due svanirono. El si girò di nuovo verso la donna, e poi guardò il signore mago che si stava rialzando.
«Per la morte dei miei genitori», mormorò piano, «muori, mago!» e dal suo corpo uscì, tuonando, un incantesimo: sfere d’argento si riversarono nella stanza e iniziarono a esplodere, una dopo l’altra, scuotendo la stanza. Il mago tentò di urlare.
«Ma che discorso drammatico», esclamò una nuova voce dietro il giovane.
Elminster si voltò, e un uomo baffuto, dall’aspetto fiero, in abiti color porpora, che due secondi prima non era nella stanza, gli sorrise affabilmente e agitò la bacchetta magica che teneva in mano. Il mondo si oscurò e poi divenne rosso. Indistintamente, El udì un rumore di vetri infranti, il suo corpo colpire una parete e demolire uno specchio. Poi un suono di ossa infrante quando rimbalzò nuovamente verso il centro della stanza, per cadere in avanti e sprofondare nell’oblio….
Chantlarn dei signori maghi annuì soddisfatto e si avvicinò lentamente per ispezionare il corpo dell’estraneo. Forse poteva salvare qualche magia… non sprecò nemmeno tempo a guardare l’apprendista singhiozzante o il divano distrutto e fumante, sul quale le ossa annerite e contorte di Malanthor stavano ancora lottando disperatamente per mantenersi erette.
«Elminster?» La voce proveniente dalla soglia della latrina era bassa e tranquilla, ma decisamente femminile. Chantlarn si voltò, e udì la donna annaspare. L’altro intruso da cui Ithboltar li aveva messi in guardia! Sorrise a denti stretti e agitò nuovamente la bacchetta magica, puntandola sul volto della maga. La bacchetta scintillò di nuovo, e Chantlarn aprì gli occhi. Doveva smettere di sparare a distanza tanto ravvicinata, altrimenti… ora era lui ad annaspare.
La donna era ancora immobile sulla soglia, gli occhi furenti e addolorati. La magia non le aveva fatto nulla! Chantlarn deglutì e ripuntò la bacchetta magica, ma la maga si allungò nel suo bagliore e toccò il nemico. Chantlarn ebbe solo il tempo per un grido strozzato, prima che il suo corpo volasse fuori dalla finestra del balcone. Era ancora alto sopra il cortile del castello quando si infilò la bacchetta magica in bocca, dimenandosi e lottando mentre combatteva, e l’azionò nuovamente.
Vi fu un’esplosione di sangue e la bacchetta magica scaricò fulmini e fiamme in tutte le direzioni, contro le mura del castello, seminando panico in una pattuglia di soldati terrorizzati.
L’apprendista strillò ancora. Myrjala guardò una volta il suo volto rigato di lacrime, e poi si voltò di nuovo verso Elminster, mormorando un incantesimo. Un bagliore bianco-bluastro si creò intorno alle sue mani e si diffuse avvolgendo la sagoma contorta di Elminster. Fece un gesto, e il giovane si sollevò nell’aria, come disteso su un letto invisibile. Il bagliore magico si intensificò.
Nanatha indietreggiò, gemendo per la paura. Myrjala si voltò di nuovo… e le sorrise. L’apprendista ammutolita vide le sue fattezze oscillare e fluire, e trasformarsi in… nel mago reale! Undarl Cavalcadrago le rivolse un ghigno, abbassò il suo sguardo freddo sulle nudità della ragazza e poi, risollevandolo, la salutò con gesto beffardo. La luce divenne sempre più brillante, fino ad accecarla… e quando riuscì nuovamente a vedere, nella stanza non c’era più nessuno.
Si udì un rumore tintinnante dall’altro lato della stanza. Nanatha si voltò in tempo per vedere le ossa di Malanthor collassare e incenerirsi. Sembrava un buon momento per svenire… e così fece.
«Ce la farai, amore mio», esclamò Myrjala dolcemente.
El tentò di annuire, ma sembrava tornare fluttuando da un luogo lontano, su una serie di morbide onde che gli impedivano di muoversi.
«Resta immobile», disse la donna, appoggiandogli una mano sulla fronte. Le sue dita erano fredde…. Elminster sorrise e si rilassò.
«Mi hai pulito gli stivali?», riuscì a domandare.
La maga scoppiò a ridere, ma l’allegria terminò in un singhiozzo che tradì tutta la sua preoccupazione.
«Sì», rispose, la voce nuovamente ferma, «e ho fatto di più. Ho preso le sembianze del mago reale e ho lasciato che l’apprendista di Melanthor mi vedesse. Penserà che tutto ciò che è accaduto sia opera sua».
«Un signor mago contro un altro», mormorò El, soddisfatto. «Ti sento….»
Un istante più tardi, fu ovvio che non la sentiva più. Il sonno l’aveva reclamato, un sonno profondo e ristoratore che lo lasciò ignaro quando Myrjala scoppiò in lacrime e l’abbracciò. «Per poco ti perdevo», singhiozzò, le sue lacrime gocciolavano sul volto del giovane. «Oh, El, che cosa avrei fatto? Oh, perché la tua vendetta non poteva essere qualcosa di meno pericoloso?»
17.
Per Athalantar