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E nell’attimo prima di essere inghiottito dal sonno, ho ricordato com’era stata la cosa tra Fay e me. Non potevo meravigliarmi di averla trovata facile. Era soltanto fisica. Questo con Alice era un mistero.

Mi, sono proteso a baciarle gli occhi.

Alice sa tutto di me ormai, e accetta il fatto che possiamo stare insieme soltanto per breve tempo. Ha accettato di andarsene quando io glielo dirò. È penoso pensarci, ma ciò che abbiamo, io sospetto, è più di quel che trova la maggior parte degli individui in una intera vita.

14 ottobre Mi desto al mattino e non so dove mi trovo né che cosa sto facendo qui, poi la vedo accanto a me e ricordo. Ella intuisce tutto ogni volta che mi accade qualcosa e si aggira silenziosa nell’appartamento.

Questa sera siamo andati a un concerto, ma mi sono annoiato e abbiamo finito con l’uscire prima della fine. Sembra che non possa più ascoltare con molta attenzione.

L’unico inconveniente dell’avere Alice qui con me sta nel fatto che ora vorrei lottare, opporre resistenza. Vorrei fermare il tempo, congelare me stesso a questo livello e non lasciarla mai andar via.

17 ottobre Perché non riesco a ricordare? Devo cercare di resistere a questa fiacchezza. Alice mi dice che resto a letto per giorni e giorni e sembro non sapere chi sono o dove sono. Poi tutto ritorna, e io la riconosco e ricordo quello che sta accadendo. Fughe di amnesia. Sintomi della seconda infanzia… come la chiamano? senilità? La vedo sopraggiungere.

È tutto così crudelmente logico, la conseguenza dell’aver accelerato ogni processo mentale. Ho imparato tanto troppo in fretta, e ora la mia mente va deteriorandosi con rapidità. E se lottassi? Penso a quegli individui alla Warren e ai loro sorrisi vacui.

Il piccolo Charlie Gonion mi sta fissando attraverso la finestra, in attesa. Per piacere, non di nuovo questo.

18 ottobre Sto dimenticando cose imparate di recente. A quanto pare il processo segue l’andamento classico, le cose imparate per ultime sono le prime a essere dimenticate. Ma è poi questo l’andamento?

Ho riletto la mia relazione sull’Effetto Algernon-Gordon e anche se so di esserne l’autore continuo a provare la sensazione che sia stata scritta da qualcun altro. Non riesco neppure a capirne la maggior parte.

Ma perché sono così irritabile? Specie con Alice che è tanto buona con me? Tiene lindo e pulito l’appartamento, ripone sempre le mie cose e lava i piatti e lucida i pavimenti. Non avrei dovuto sbraitare con lei come è accaduto stamane, perché l’ho fatta piangere é non volevo che questo succedesse. Ma lei non avrebbe dovuto raccattare i dischi rotti e la musica e il libro e metter via ogni cosa in bell’ordine in una scatola. Mi ha reso furente. Nessuno deve toccare queste cose. Voglio vederle ammonticchiarsi. Voglio che mi ricordino quel che lascio dietro di me. Ho sferrato un calcio alla scatola, ho sparpagliato tutto sul pavimento e le ho detto di lasciare stare ogni cosa dov’era.

Un comportamento stupido. Del tutto ingiustificato. Credo di essermi adirato perché sapevo che secondo lei è sciocco conservare quella roba, ma si era ben guardata dal dirmelo. Si limitava a fingere che fosse perfettamente normale. Mi sta assecondando. E nel vedere quella scatola ho ricordato il ragazzo della clinica Warren e l’orribile lampada che aveva costruito e come tutti fingessero che avesse fatto qualcosa di meraviglioso, mentre non era affatto vero.

Alice si comportava nello stesso modo con me, e io non ho potuto sopportarlo.

Quando è andata in camera da letto e si è messa a piangere, mi è dispiaciuto e le ho detto che la colpa era tutta mia. Non merito una creatura buona come lei. Perché non so dominarmi quanto basta per continuare ad amarla? Solo quel tanto che basta.

19 ottobre Attività motoria menomata. Seguito a incespicare e a far cadere oggetti. A tutta prima non ho pensato che dipendesse da me; ho creduto che fosse lei a cambiar posto alle cose. Il cestino della carta straccia veniva a trovarmisi tra i piedi, e così le sedie, e credevo che fosse stata Alice a spostarle. Ora mi rendo conto di essere incapace di coordinazione.

Devo muovermi adagio per far bene le cose. E mi riesce sempre più difficile battere a macchina. Perché continuo a incolpare Alice? E perché lei non si difende? Questo mi irrita più che mai, perché scorgo la compassione sul suo viso.

La sola cosa che mi dia piacere, ormai, è il televisore. Passo quasi tutta la giornata seguendo tutti i programmi. Seguo persino la breve predica prima del segnale di chiusura e la marcia militare, e infine il monoscopio che mi fissa con il suo occhio sempre aperto dal piccolo schermo rettangolare… Perché continuo a contemplare la vita attraverso una finestra?

E quando le trasmissioni sono finite mi prende la nausea di me stesso perché mi rimane così poco tempo per leggere, scrivere e pensare, e perché dovrei essere abbastanza intelligente per non narcotizzarmi la mente con questi spettacoli insinceri che mirano al bambino in me. La cosa è tanto più grave nel mio caso, in quanto il bambino che esiste in me sta impossessandosi della mia mente. So benissimo tutto ciò, ma quando Alice mi dice che non dovrei perdere tempo mi arrabbio e le rispondo invitandola a lasciarmi in pace.

Guardo la televisione, credo, per non pensare, non ricordare. Non voglio più ricordare il passato.

Oggi ho provato uno spavento terribile. Ho preso la copia di un articolo del quale mi ero servito per le mie ricerche, Über Psychische Ganzheit, di Krueger, per vedere se mi avrebbe aiutato a capire la mia relazione e le conclusioni alle quali sono pervenuto. Dapprima ho creduto di non vederci più bene. Poi mi sono reso conto che non sapevo più leggere il tedesco. Anche le altre lingue. Ho dimenticato tutto.

21 ottobre Alice se n’è andata. Vediamo se riesco a ricordare. La cosa è cominciata quando lei ha detto che non avremmo potuto continuare a vivere in questo modo, con libri strappati, pezzi di carta e dischi disseminati dappertutto sul pavimento.

«Lascia stare tutto com’è», l’ho avvertita.

«Perché vuoi vivere in questo modo?»

«Voglio che tutto rimanga dove l’ho messo. Voglio vedere tutto lì. Tu non sai che cosa significa sentirti succedere dentro qualcosa, qualcosa di invisibile, e sapere che tutto ti sta scivolando via di tra le dita.»

«Hai ragione. Non ho mai detto di poter capire quello che ti sta accadendo. Né quando diventasti troppo intelligente per me né adesso. Ma ti dirò una cosa. Prima di essere sottoposto all’operazione non eri così. Non ti voltolavi nella tua sporcizia e nel tuo autocompatimento, non inquinavi la tua mente stando seduto giorno e notte davanti al televisore, non ringhiavi e non scattavi inferocito contro la gente. V’era qualcosa in te che ci induceva a rispettarti… sì, anche nelle condizioni in cui ti trovavi.»

«Non mi pento dell’esperimento.»

«Neppure io, ma hai perduto qualcosa che prima possedevi. Avevi un sorriso…»

«Un sorriso ebete e vuoto.»

«No, un vero, caldo sorriso, perché volevi piacere alla gente.»

«E la gente mi prendeva in giro e rideva di me.»

«Sì, ma anche se tu non capivi perché gli altri stessero ridendo, intuivi che se potevano ridere di te ti trovavano simpatico. E volevi riuscire simpatico.»

«Non mi va di ridere di me stesso in questo momento, se non ti dispiace.»

Alice si stava sforzando di non piangere. Io invece volevo farla piangere, credo. «Forse per questo è stato tanto importante per me imparare. Credevo di poter piacere alla gente in questo modo. Credevo che mi sarei fatto degli amici. È una cosa ridicola, vero?»

«C’è qualcosa di più importante dell’avere semplicemente un alto quoziente di intelligenza.»