Выбрать главу

Cercherò di riassumere tutte le cose che mi sono accadute nel corso delle ultime due settimane. Algernon e io siamo stati presentati alla Associazione Psicologica Americana che si era unita in congresso con la Associazione Psicologica Mondiale. Abbiamo fatto sensazione. Il dottor Nemur e il dottor Strauss erano orgogliosi di noi.

Sospetto che il dottor Nemur che ha sessant’anni, ne ha dieci più del dottor Strauss, senta bisogno di vedere i risultati tangìbili del suo lavoro. Certo questo è il risultato delle pressioni della signora Nemur.

Contrariamente alle mie prime impressioni, mi rendo conto ora che il dottor Nemur non è affatto un genio. Ha un ottimo cervello, ma si tormenta perché dubita di se stesso. Vuole che gli altri lo ritengano un genio. Quindi è molto importante per lui che il suo lavoro venga riconosciuto dal mondo intero. Credo che la fretta del dottor Nemur sia determinata dal timore che qualcun altro possa fare una scoperta in questo stesso campo e portargli via gli onori.

Il dottor Strauss potrebbe invece essere considerato un genio sebbene, a mio parere, le sue conoscenze abbiano molte lacune. È stato educato secondo il criterio della singola e ristretta specializzazione, gli altri settori della cultura sono stati trascurati più del dovuto… persino per un neurochirurgo.

Sono rimasto stupefatto nel sentire che le sole lingue arcaiche a lui note sono il latino, il greco e l’ebraico e che non sa quasi nulla in campo matematico che vada oltre il livello più elementare del calcolo delle variazioni. Quando me lo ha confessato mi sono quasi arrabbiato. Era come se avesse nascosto questa parte di se stesso per ingannarmi, fingendo (come fa molta gente, ho scoperto) di essere ciò che non è. Nessuno, tra le persone che conosco, è quello che appare esteriormente.

Il dottor Nemur sembra a disagio quando ci sono io. A volte, quando tento di parlargli, si limita a fissarmi in modo strano e se ne va. Mi sono arrabbiato dapprima, quando il dottor Strauss mi ha detto che suscitavo un complesso d’inferiorità nel dottor Nemur. Pensavo che si prendesse gioco di me e io sono ipersensibile alla presa in giro.

Come potevo pensare che un famoso psicosperimentalista come Nemur non conoscesse l’indostano e il cinese? È inammissibile, se si pensa al lavoro oggi svolto in India e in Cina nel suo campo di studi.

Ho chiesto al dottor Strauss come può Nemur confutare l’attacco critico di Rahajamati al suo metodo se non è nemmeno in grado di leggerlo. L’espressione strana nel volto di Strauss può significare solo una di queste due cose: o non vuol parlare a Nemur di quello che si dice in India oppure, e questo mi preoccupa, non lo sa nemmeno il dottor Strauss. Devo badare a scrivere con chiarezza e semplicità per fare in modo che la gente non rida di me.

18 maggio Sono molto turbato. Ieri sera ho visto la signorina Kinnian per la prima volta dopo più di una settimana. Ho fatto in modo di evitare qualsiasi discussione a carattere intellettuale e di tenere la conversazione a un livello semplice e normale, ma lei si è limitata a fissarmi con gli occhi spalancati e mi ha chiesto che cosa volessi dire parlando dell’equivalente di variazione matematica nel Quinto Concerto di Dorbermann.

Quando ho tentato di spiegarglielo mi ha interrotto e si è messa a ridere. Lì per lì mi sono arrabbiato, ma temo di sbagliare livello quando tento di comunicare con lei. Qualunque argomento cerchi di discutere con lei, è impossibile comunicare. Devo rileggere le equazioni di Vrostadt in Livelli di Progressione Semantica. Mi rendo conto che ho difficoltà sempre maggiori a entrare in contatto con gli altri. Grazie a Dio, ho i libri e la musica e le cose a cui pensare. Sono quasi sempre solo e raramente parlo con qualcuno.

20 maggio Non avrei badato al nuovo sguattero, un ragazzo sui sedici anni, della trattoria sull’angolo dove ceno la sera se non fosse successo l’incidente dei piatti rotti.

Sono finiti per terra con un gran fragore e tutti i frammenti di porcellana volavano sotto i tavolini. Il ragazzo è rimasto immobile, spaventato e inebetito con il vassoio tra le mani. I lazzi dei clienti (“Addio al primo salario!”… “Buon pro ti faccia!”… e “Be’, è rimasto qui per poco…” che invariabilmente commentano la rottura di un piatto o di un bicchiere in un luogo pubblico) sembravano stordirlo.

Quando il proprietario venne a vedere cos’era tutto quel baccano, il ragazzo si strinse nelle spalle come se aspettasse una battuta. — Su, su, cretino! — urlò il proprietario. — Non startene lì come un fesso. Prendi una scopa e fai sparire quei cocci! Una scopa… una scopa, stupido! È in cucina!

Il ragazzo capì che non sarebbe stato punito. L’espressione di paura scomparve e, quando tornò con la scopa per pulire il pavimento, sorrideva. Alcuni dei clienti più chiassosi continuarono a far commenti divertendosi a sue spese.

— Ehi, figliolo, qui da questa parte ce n’è un altro bel pezzetto… alle tue spalle.

— Non è poi così stupido. È più facile romperli che lavarli!

Mentre il suo sguardo vacuo si spostava sul gruppo dei clienti divertiti, si rese lentamente conto dei loro sorrisi e finalmente accennò a sua volta a un sorriso timido per la spiritosaggine che aveva appena sentita ma che ovviamente non capiva.

Mi sentii nauseato mentre fissavo quel sorriso idiota, inespressivo, gli occhi grandi e accesi di un bambino incerto ma ansioso di compiacere agli adulti. Ridevano di lui perché era un ritardato mentale.

E anch’io avevo riso di lui.

Di colpo ebbi un impeto di collera contro me stesso e contro quelli che lo beffeggiavano. Scattai dalla sedia e gridai: — Piantatela! Lasciatelo in pace! Non è colpa sua se non capisce! Non può farci niente se è così! Ma è sempre un essere umano!

La stanza di colpo fu immersa nel silenzio. Imprecai dentro di me perché avevo perso il controllo. Cercavo di non guardare il ragazzo mentre me ne andavo via senza aver toccato cibo. Provavo vergogna per entrambi.

È strano come persone sensibili e corrette, che non penserebbero mai di approfittare di un uomo senza braccia o senza occhi, non esitino minimamente a trattare male una persona che non ha il dono dell’intelligenza. Mi mandava su tutte le furie l’idea che anch’io, fino a poco tempo prima, avevo fatto stupidamente il pagliaccio per gli altri.

E me ne ero quasi scordato.

Avevo celato a me stesso l’immagine del vecchio Charlie Gordon perché, adesso che sono intelligente, non volevo più avere dentro di me la consapevolezza di quel passato. Ma oggi, guardando quel ragazzo, per la prima volta ho capito che cosa sono stato anch’io. Ero proprio come lui!

Solo poco tempo fa ho scoperto che la gente rideva di me. Adesso capisco che involontariamente mi univo a loro per ridere di me stesso. Questo fa più male di tutto.

Spesso ho riletto i miei rapporti e ho osservato l’ignoranza, l’infantilità, la minuscola intelligenza che da una stanza buia, attraverso il buco della serratura, scrutava verso la luce accecante dell’esterno. Mi rendo conto che perfino nella mia stupidità sapevo di essere inferiore e sapevo che gli altri avevano qualcosa che a me mancava… qualcosa che a me era negato. Nella cecità della mia mente pensavo che si trattasse di qualcosa collegato alla capacità di leggere e scrivere ed ero certo che se avessi potuto impadronirmi di questi mezzi avrei automaticamente ottenuto anche l’intelligenza.