Выбрать главу

Trevize alzò lo sguardo, aspettandosi quasi di vedere degli aerotaxi che si spingevano in oscuri recessi a volta, ma almeno questo mancava. Infatti, superata la sorpresa iniziale, si rese conto che l’edificio era molto più piccolo di quanto ci si sarebbe aspettati su Trantor. Era solo un edificio, non una parte di un complesso che si estendesse ininterrottamente per migliaia di chilometri in ogni direzione.

Anche i colori erano diversi. Negli iperdrammi, Trantor era sempre raffigurato come un mondo dalle tinte eccessivamente sgargianti, e gli abiti se presi alla lettera apparivano privi di qualsiasi praticità reale. Comunque, tutti quei colori e quei fronzoli avevano un preciso significato simbolico, in quanto indicavano la decadenza (una prospettiva obbligatoria, in quei giorni) dell’Impero, e soprattutto di Trantor.

In tal caso, Comporellen era esattamente l’opposto della decadenza, perché il modello cromatico che Pelorat aveva fatto notare allo spazioporto trovava lì una netta conferma.

Le pareti erano di varie tonalità di grigio, i soffitti bianchi, il vestiario della popolazione nero, grigio, e bianco. Di tanto in tanto, si vedeva un abito completamente nero; ancor più raramente, un completo grigio; di completi bianchi, nessuna traccia, per quel che poteva constatare Trevize. I modelli ed i disegni però erano sempre diversi, come se la gente, pur priva dei colori, riuscisse ugualmente ad affermare in altri modi la propria individualità.

Le facce tendevano a essere inespressive, e se non erano inespressive tendevano a un’espressione arcigna. Le donne portavano i capelli corti; gli uomini li portavano più lunghi ma raccolti sulla nuca in codini. Nessuno guardava gli altri, passando. Sembrava che tutti avessero uno scopo ben preciso, e che nella loro mente non ci fosse spazio per nient’altro. Uomini e donne vestivano in maniera identica, e li si distingueva solo dalla lunghezza dei capelli, dal rigonfiamento del seno e dall’ampiezza dei fianchi.

I tre furono guidati in un ascensore che scese cinque livelli più in basso. Una volta usciti, vennero condotti davanti a una porta grigia su cui, in piccole lettere bianche, compariva la scritta: “Mitza Lizalor — MinTras”.

Il Comporelliano in testa al gruppetto toccò la scritta, che, un istante dopo, luccicò in risposta: la porta si aprì, ed entrarono.

Era una stanza ampia e piuttosto spoglia, e forse la scarsezza di arredi rappresentava uno spreco voluto di spazio destinato a ostentare il potere di chi la occupava.

Due guardie se ne stavano ritte contro la parete opposta, i volti inespressivi, gli occhi fissi sui nuovi arrivati. Un’ampia scrivania riempiva il centro della stanza, sistemata forse leggermente arretrata rispetto al centro esatto. La figura dietro la scrivania era senza dubbio Mitza Lizalor… corporatura imponente, tratti regolari, occhi scuri, mani forti e capaci con dita lunghe dalla punta tozza posate sulla scrivania.

Il MinTras (Ministro dei Trasporti, dedusse Trevize) aveva i risvolti del vestito di un bianco abbagliante che spiccavano sul grigio scuro dell’indumento. La doppia striscia bianca proseguiva in diagonale sotto i risvolti incrociandosi al centro del petto. Anche se il taglio dell’indumento minimizzava le protuberanze del seno femminile, notò Trevize, quella X candida richiamava l’attenzione proprio su quel punto.

Il Ministro era senza dubbio una donna. Anche ignorando il seno, lo si capiva dai capelli corti; e anche se sulla faccia non c’era ombra di trucco, i lineamenti erano decisamente femminili.

Pure la sua voce era indiscutibilmente femminile, una voce sonora da contralto.

Il Ministro esordì: — Buon pomeriggio. Ci capita di rado di avere l’onore di ricevere una visita da uomini di Terminus… E da una donna non meglio identificata. — I suoi occhi osservarono i tre, poi si posarono su Trevize, che se ne stava rigido ed accigliato. — E uno degli uomini è inoltre membro del Consiglio.

— Un Consigliere della Fondazione — disse Trevize, cercando di far squillare la propria voce. — Consigliere Golan Trevize, in missione per conto della Fondazione.

— In missione? — Il Ministro inarcò le sopracciglia.

— In missione — ripeté Trevize. — Perché dunque veniamo trattati come criminali? Perché siamo stati presi in custodia da guardie armate e portati qui come prigionieri? Il Consiglio della Fondazione, spero ve ne rendiate conto, non accoglierà la notizia con piacere.

— E in ogni caso — intervenne Bliss, e la sua voce sembrava leggermente stridula rispetto quella dell’altra donna, più anziana di lei — dobbiamo restare in piedi in eterno?

Il Ministro le lanciò un’occhiata fredda, poi alzò un braccio e disse: — Tre sedie! Presto!

Una porta si aprì, e tre uomini che indossavano i soliti capi spenti della moda comporelliana si affrettarono a portare tre sedie. I tre forestieri davanti alla scrivania si sedettero.

— Ecco — disse il Ministro con un sorriso privo di qualsiasi calore. — Siamo comodi?

A Trevize pareva proprio di no. Le sedie non erano imbottite, erano fredde al tatto, piatte, non venivano ad alcun compromesso con la forma del corpo. — Perché siamo qui? — chiese.

Il Ministro consultò degli incartamenti sulla scrivania. — Ve lo spiegherò non appena sarò sicura dei dati in mio possesso. La vostra nave è la “Far Star” proveniente da Terminus. È esatto Consigliere?

— Sì.

Il Ministro alzò lo sguardo. — Ho usato il vostro titolo, Consigliere. Volete essere tanto cortese da usare il mio?

— È sufficiente “Signor Ministro”? O c’è qualche titolo onorifico?

— Nessun titolo onorifico, signore, e non è necessario che usiate due parole. “Ministro” è più che sufficiente o “signora” se non vi piacciono le ripetizioni.

— In tal caso a mia risposta è: sì, Ministro.

— Il capitano della nave è Golan Trevize, cittadino della Fondazione e membro del Consiglio di Terminus… Consigliere giovane di nomina recente, per la precisione. E voi siete Trevize. È tutto esatto, Consigliere?

— Sì, Ministro. E dal momento che sono un cittadino della Fondazione…

— Non ho ancora finito, Consigliere. Risparmiate le vostre obiezioni per quando avrò concluso. Il vostro accompagnatore è Janov Pelorat, studioso, storico, e cittadino della Fondazione. E quell’uomo siete voi, vero, dottor Pelorat?

Pelorat ebbe un lieve sussulto quando il Ministro spostò il suo sguardo penetrante su di lui. — Sì, sono io, mia ca… — S’interruppe e ricominciò: — Sì, sono io, Ministro.

Il Ministro congiunse le mani. — Nel rapporto che mi è pervenuto non c’è alcun accenno ad una donna: questa donna appartiene all’effettivo della nave?

— Sì, Ministro — rispose Trevize.

— Allora mi rivolgerò a lei. Il vostro nome?

— Sono conosciuta come Bliss — rispose Bliss, sedendo eretta e parlando con calma e chiarezza — anche se il mio nome è più lungo, signora. Devo dirvelo per intero?

— Mi accontenterò di Bliss per il momento. Siete cittadina della Fondazione, Bliss?

— No, signora.

— Di quale mondo siete cittadina, Bliss?

— Non ho documenti di cittadinanza di alcun mondo, signora.

— Nessun documento, Bliss? — Il Ministro fece un segnetto sull’incartamento che aveva di fronte. — Prendiamo nota di questo fatto… Cosa fate a bordo della nave?

— Sono un passeggero, signora.

— Il Consigliere Trevize od il dottor Pelorat non hanno chiesto di vedere i vostri documenti prima che saliste a bordo, Bliss?

— No, signora.

— Li avete informati di essere priva di documenti Bliss?

— No, signora.

— Qual è la vostra mansione a bordo della nave, Bliss? Il vostro nome, Bliss, “Beatitudine”, si adatta alla vostra mansione?