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— Ma questo significa…

— Esatto. Significa che si può andare nel passato, ma non tornare indietro. Si può andare nel passato, ma non nel futuro.

— Se Chapman lo sapesse, ritirerebbe l’offerta.

— Credo proprio di sì, dal momento che non si propone di fabbricare i tunnel temporali per motivi patriottici. Mi giudicherai disonesto se non gli rivelo la verità?

— Tutt’altro, signor Presidente. Sarebbe molto peggio se voi accettaste l’offerta di Chapman e gli concedeste il monopolio sapendo che è possibile andare anche nel futuro. Dategli corda, lasciatelo fare, così almeno una volta sarà utile agli altri e non solo a se stesso. Nessuno lo compiangerà per il denaro che dovrà spendere.

— Ma un giorno si verrà a sapere come stanno le cose, e io sarò giudicato disonesto.

— Sarete giudicato un grand’uomo per aver aiutato l’umanità del presente e del futuro — lo rassicurò Wilson.

— Speriamo — disse il Presidente. — Mi sento la coscienza sporca.

— Non preoccupatevi per Chapman. L’ha molto più sporca di voi. Piuttosto, siete sicuro che il segreto non trapelerà?

— Su questo non ci sono dubbi. Ne sono al corrente solo tre scienziati dell’Accademia Nazionale che hanno parlato con i colleghi del futuro. Dopo aver conferito tra loro, sono venuti direttamente da me. Io avevo avuto già sentore della proposta di Chapman, e li ho convinti a non parlare. Quanto ai profughi, solo quegli scienziati sono al corrente della realtà dei fatti circa i viaggi nel tempo. Si tratta degli scienziati venuti qui da noi. Come per i diamanti, si fidavano solo di noi, e sono venuti qui. Stai tranquillo, nessuno parlerà.

— Me lo auguro — disse Wilson. — E, a proposito dei diamanti, cosa ne è stato?

— Li abbiamo presi in custodia temporanea. Sono al sicuro. In seguito, quando le acque si saranno calmate, decideremo cosa farne. Probabilmente li venderemo poco per volta e suddivideremo il ricavato fra tutte le nazioni.

Wilson si alzò avviandosi alla porta. Prima di congedarsi, si voltò a dire: — Mi pare che le cose si mettano abbastanza bene, signor Presidente.

— Sì. L’inizio è stato difficile, ma adesso va meglio. Abbiamo ancora molto da fare, ma poco per volta risolveremo tutti i problemi.

Quando Wilson rientrò in sala stampa, c’era qualcuno alla scrivania di Judy. La stanza era buia, e sulla scrivania si accendevano e si spegnevano spie luminose. Ma nessuno rispondeva alle chiamate.

— Judy? — disse Wilson esitando. — Judy, sei tu? — Ma non poteva esser lei. A quell’ora doveva ormai essere arrivata nell’Ohio.

— Sì, sono io, sono tornata — rispose Judy. — Ero salita sull’aereo, ma sono scesa prima del decollo. Mi sono fermata a lungo all’aeroporto, indecisa sul da farsi. Sei un bel mascalzone, Steve, e lo sai. Invece io non so perché non sono partita e sono tornata qui.

Lui andò a sederlesi vicino.

— Ma, Judy…

— Non mi avevi neanche chiesto di restare. Non hai insistito.

— Sì che te l’avevo chiesto.

— Ma soltanto pro forma. Non ti sei buttato in ginocchio per pregarmi… e adesso le mie valigie sono nell’Ohio, e io…

Lui si chinò a sollevarla fra le braccia.

— Sono state due giornate campali — disse. — È ora di andare a casa.

FINE