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«Rispondimi.»

Hahn riprese il controllo. Lanciò una rapida occhiata alle spalle di Barrett, verso l’atrio, e disse: «Lasciami andare. In questo momento non ti posso dare spiegazioni».

«È meglio che parli, invece.»

«Sarà tutto più facile se non ti dico niente» ribatté Hahn. «Lasciami passare.»

Barrett continuava a bloccare la porta.

«Voglio sapere dove sei stato. Cosa facevi con il Martello?»

«Niente. Stavo semplicemente studiandolo.»

«Un minuto fa non eri in questa sala. Poi sei comparso…Da dove vieni, Hahn?»

«Ti sbagli. Ero dietro la macchina. Io non…»

«Ti ho visto cadere sull’Incudine. Hai fatto un viaggio nel tempo, vero?»

«No.»

«Non mentire! Tu sai come viaggiare nel tempo, vero? Sei venuto a spiarci, poi sei tornato a consegnare il rapporto, e ora sei di nuovo qui.»

La fronte di Hahn si stava coprendo di sudore.

«Non farmi domande» disse. «Saprai tutto al momento giusto. Ora ti prego di lasciarmi passare.»

«Voglio prima una risposta» disse Barrett. Tremava, perché conosceva già la risposta. Una risposta che lo avrebbe scosso profondamente, perché lui sapeva dov’era andato Hahn.

Hahn non disse niente. Fece qualche passo, esitante, ma Barrett non si mosse. Il giovane si fermò, per aspettare il momento di balzare verso la porta.

«Non uscirai da qui finché non mi avrai detto quello che voglio sapere» disse Barrett.

Hahn fece un altro passo.

Barrett si piantò davanti alla porta, afferrandosi agli stipiti, la gamba sana piantata sul pavimento, e aspettò che il giovane gli arrivasse vicino. Era molto più corpulento di Hahn, e questo poteva controbilanciare i trent’anni in più e la gamba in meno. Si trovarono uno di fronte all’altro, e Barrett sollevò le mani per afferrare Hahn alle spalle e costringerlo a restare nella sala.

Hahn fece un mezzo passo indietro. Poi guardò Barrett senza dire una parola, e tornò a spingere.

«No…» grugnì Barrett. «Non ti lascio…»

«Mi dispiace, Barrett. Non vorrei farlo…» disse Hahn, e spinse.

Barret si sentì vacillare. Strinse con tutta forza le spalle di Hahn e cercò di spingerlo indietro. Ma l’altro non cedette e tutte le energie di Barrett si concentrarono sul problema di restare in equilibrio. La stampella gli scivolò da sotto l’ascella, e per un attimo spaventoso tutto il peso del corpo si appoggiò sulla gamba inferma, poi, come se le gambe si stessero sciogliendo, Barrett scivolò a terra. Piombò sul pavimento con un tonfo.

Quesada, Altman e Latimer arrivarono di corsa. Barrett si contorceva dolorante, e Hahn lo guardava con espressione addolorata.

«Mi spiace» disse «non avresti dovuto cercare di lottare con me.»

Barrett lo fulminò con un’occhiata. «Hai fatto un viaggio nel tempo, vero? Adesso mi devi rispondere!»

«Sì» disse Hahn alla fine. «Sono andato Lassù, come dite voi.»

Un’ora più tardi, dopo che Quesada gli ebbe iniettato una quantità sufficiente di antinevralgico, Barrett venne a sapere l’intera storia. Hahn non avrebbe voluto parlare così presto, ma il loro scontro gli aveva fatto cambiare idea.

Era tutto molto semplice. Ora i viaggi nel tempo funzionavano nelle due direzioni. Tutte le chiacchiere che si erano fatte sull’entropia si erano rivelate solo chiacchiere senza fondamento.

«Da quanto tempo lo si sa?» domandò Barrett.

«Da circa cinque anni. Ma non sapevamo con esattezza dove fossero le stazioni. Dopo avere esaminato tutti i documenti del vecchio governo…»

«Del vecchio governo?»

Hahn fece un cenno affermativo. Poi disse lentamente:

«La rivoluzione è scoppiata in gennaio. Adesso c’è un governo democratico di emergenza. Non chiedetemi di parlarvene. Non sono un esperto di politica. E nemmeno un economista.»

«Cosa sei?»

«Un poliziotto» disse Hahn. «Faccio parte della commissione che svolge indagini sul sistema carcerario del vecchio governo. Inclusa questa prigione.»

Barrett guardò Quesada, e poi Hahn. Aveva il cervello in subbuglio. Fu costretto a farsi forza per non lasciarsi vincere dall’emozione.

«Sei venuto per studiare la stazione» disse, con voce tremante. «E questa notte sei tornato Lassù per riferire quello che hai visto. Ci consideri un gruppo pietoso di relitti umani, vero?»

«Siete vissuti in condizioni intollerabili» disse Hahn. «Considerate le circostanze che vi hanno trascinati all’esilio…»

Quesada lo interruppe.

«Se c’è un nuovo governo, ed è diventato possibile viaggiare nel tempo nelle due direzioni, posso presumere che i prigionieri delle stazioni verranno rimandati Lassù?»

«Naturalmente. Sarà fatto non appena possibile. Questo è il vero scopo della mia missione. Dovevo scoprire se eravate ancora in vita, anzitutto, poi vedere in quali condizioni eravate, e di quali trattamenti medici avevate bisogno. Potrete godere di tutti i ritrovati della terapia moderna.»

Barrett quasi non sentì le ultime parole di Hahn. Per tutta la notte aveva temuto qualcosa del genere, fin dal momento in cui Altman gli aveva detto di aver visto Hahn armeggiare attorno al Martello. Ma non aveva voluto convincersi che fosse veramente possibile.

Ora vide crollare il suo regno.

Si vide tornare in un mondo, che forse non sarebbe più riuscito a comprendere.

E si vide abbandonare il posto che era diventato la sua patria.

«Alcuni non saranno in grado di sopportare il trauma della libertà» disse, con voce stanca. «Farli tornare nel mondo reale equivarrebbe a ucciderli. Parlo dei malati di mente più gravi, di Valdosto, e altri.»

«Sì» disse Hahn. «Ho parlato anche di questo nel mio rapporto.»

«Sarà necessario prepararli gradualmente al passaggio. Potrebbero volerci degli anni per condizionarli all’idea. Forse anche molti anni.»

«Io non sono un medico» disse Hahn. «Quello che i dottori diranno di fare, sarà fatto. Forse potrà persino essere necessario tenerli qui. Capisco benissimo il pericolo di farli tornare Lassù, dopo che hanno creduto per tanto tempo che non esisteva ritorno.»

«C’era un’altra cosa importante» disse Barrett. «Qui c’è molto da fare. Lavoro scientifico, esplorativo… Non credo che convenga chiudere la stazione.»

«Nessuno ha mai detto che verrà chiusa. Abbiamo tutte le intenzioni di tenerla funzionante. Ma non come prigione.»

«Bene» disse Barrett. Prese la stampella e si alzò. Quesada si fece avanti per aiutarlo, ma Barrett rifiutò con un gesto. «Andiamo fuori» disse.

Uscirono. Una nebbia grigia aveva ricoperta la stazione e cominciava a piovere. Barrett guardò la distesa di baracche. E l’oceano, che s’intravvedeva a est sotto la luce pallida della luna. Pensò a Charley Norton e al gruppo partito per la spedizione annuale. Al loro ritorno, tra qualche settimana, avrebbero avuto la grossa sorpresa di sapere che erano liberi di tornarsene a casa.

Sentì improvvisamente una strana pressione alle palpebre, come se ci fossero delle lacrime che cercavano di uscire.

Lì, dalla cima della collina, girò lentamente lo sguardo sul suo regno.

Poi si voltò verso Hahn e Quesada.

«Avete capito cosa cercavo di dirvi?» domandò a voce bassa. «Qualcuno deve rimanere qui per badare a quelli che non possono sopportare il trauma di un ritorno immediato. Qualcuno deve tenere in funzione la base. E qualcuno dovrà essere presente quando arriveranno gli altri, gli scienziati.»

«Naturalmente» disse Hahn.

«Quello che dovrà restare… dovrà essere qualcuno che conosce la stazione molto bene, qualcuno ancora abbastanza sano da poter affrontare subito il ritorno, ma che preferisca fare il sacrificio di restare. Mi seguite? Parlo di un volontario.»

Gli sorrisero. E Barrett si domandò se non fosse un sorriso di condiscendenza. Poi si chiese se non si fosse scoperto troppo. Ma che andassero al diavolo, tutti e due. Aspirò una profonda boccata d’aria Cambriana.