Выбрать главу

I minuscoli fabbri lasciarono cadere i magli e corsero alle loro caverne. Su tutta la piana c’era un trambusto, un movimento di pigmei dorati che correvano verso le pareti di roccia ed al pendio circolare per rafforzare la guarnigione.

Frammisto alla forte cantilena venne il battito di altri tamburi. Li conoscevo… era il pulsare dei tamburi uiguri, i tamburi da guerra. E riconobbi il canto… era il canto di guerra, l’inno di battaglia degli uiguri.

Non gli uiguri, no… non quelle genti misere e lacere che avevo condotto fuori dall’oasi!

Era il canto di guerra dell’antica razza! La grande razza… gli Ayjir!

La vecchia razza! Il mio popolo!

Conoscevo quel canto… lo conoscevo bene! Lo avevo udito molto spesso, nei tempi andati… quando ero andato a combattere… Per Zarda delle Lance Assetate… per Zarda, Dio dei Guerrieri! Era come una bevanda per una gola inaridita, udirlo di nuovo!

Il sangue mi rombò nelle orecchie… Aprii la bocca per urlare quel canto…

«Leif! Leif! Che succede?»

Evalie mi aveva posato le mani sulle spalle e mi scrollava. La fissai sdegnato, senza capire, per un momento. Provavo un turbamento rabbioso, sconcertante. Chi era quella ragazza bruna che mi tratteneva mentre stavo per andare a combattere? E di colpo l’ossessione mi lasciò. Mi lasciò tremante, scosso da una fulminea, turbinosa tempesta della mente. Posai le mani su quelle di Evalie, e trassi la realtà da quel contatto. Vidi la perplessità negli occhi di lei, e la paura. E intorno a noi c’era un cerchio di pigmei che mi fissavano.

Scrollai il capo, ansimando per respirare.

«Leif! Che succede?»

Prima che potessi rispondere, il canto ed il rullo dei tamburi furono sommersi dallo scoppio di un tuono. Uno dopo l’altro, i tuoni rombarono ed echeggiarono sulla piana, ricacciando i rumori provenienti dal Nord, ruggendo e urlando più forte, spazzandoli indietro.

Mi guardai intorno, instupidito. Lungo le pareti rocciose c’erano i pigmei dorati, a dozzine; battevano su grandi tamburi che arrivavano loro alla cintura. Era da quei tamburi che veniva il rombo del tuono, gli scoppi assordanti delle cadute rapide dei fulmini, i riverberi urlanti che li seguivano.

I Tamburi-Tuono del Piccolo Popolo!

I tamburi rombavano e rombavano, eppure fra il loro diapason rullante continuava a pervenire il canto di battaglia e gli altri tamburi… come affondi di lancia… come il trepestio di cavalli e di uomini in marcia… per Zarda, com’era ancora forte la vecchia razza!

Intorno a me stava danzando un cerchio di pigmei. Un altro cerchio venne ad aggiungersi al primo. Più oltre vidi Evalie, che mi scrutava con occhi spalancati e attoniti. E intorno a lei c’era un altro cerchio di pigmei dorati, con le frecce pronte, i coltelli falcati in pugno.

Perché lei mi guardava… perché le armi del Piccolo Popolo erano rivolte contro di me… e perché danzavano? Era una strana danza… metteva sonno a osservarla… Cos’era quella letargia che s’insinuava in me… Dio, che sonno avevo! Tanto sonno che le mie orecchie stordite potevano captare a malapena i Tamburi-Tuono… tanto sonno che non potevo udire nient’altro… tanto sonno…

Mi resi conto, vagamente, che ero caduto in ginocchio… poi che ero finito, prono, sull’erba soffice… poi dormii.

Mi destai, con tutti i sensi vigili. I tamburi rullavano tutto intorno a me. Non erano Tamburi-Tuono, ma tamburi che cantavano, pulsavano e cantavano con uno strano ritmo melodioso che mi faceva correre il sangue nelle vene, guidato dalla sua gioiosità. Le note frementi, canore, erano come piccoli, caldi colpi vitali che lanciavano il mio sangue verso l’estasi della vita.

Balzai in piedi. Ero su di un poggio, rotondo come un seno di donna. Tuttavia la piana brillava di luci, piccoli fuochi accesi in cerchio intorno ai minuscoli altari del Piccolo Popolo. E attorno ai fuochi i pigmei danzavano al ritmo dei tamburi. Danzavano e spiccavano salti intorno ai fuochi e agli altari, come esili e vive fiamme dorate.

Intorno al poggio su cui mi trovavo io vi erano tre cerchi di nanetti, donne e uomini, che s’intrecciavano, si snodavano, s’intessevano.

La danza ed il suono dei tamburi erano una cosa sola.

Sul poggio soffiava un vento dolce e profumato. Canterellava, sfiorandomi… e la sua melodia era simile alla danza ed ai tamburi.

Avanti e indietro, e indietro e avanti e ancora indietro, i pigmei ballavano attorno all’altura. E giravano, giravano in tondo, attorno agli altari cinti dai fuochi.

Sentii cantare una voce bassa e dolce… cantava in cadenza, cantava la canzone dei tamburi e la danza del Piccolo Popolo.

Poco lontano c’era un altro poggio simile a quello su cui stavo io… spiccavano come due seni di donna sopra la piana. Anche quell’altura era cinta dalla danza dei nanetti.

E sulla cima cantava e danzava Evalie.

La sua melodia era l’anima della musica dei tamburi e del ballo… la sua danza era la sublimazione di entrambi. Danzava sull’altura: non aveva più quei veli fini come ragnatele e il perizoma, ed era rivestita soltanto dal manto ondulato e serico della chioma nerazzurra.

Mi fece un cenno e mi chiamò… un richiamo dolce, acuto.

Il vento teso e fragrante mi spinse verso di lei, mentre scendevo correndo dal poggio.

I pigmei che danzavano si scostarono per lasciarmi passare. Il battito dei tamburi accelerò; il loro canto salì ad un’ottava più alta.

Evalie mi scese incontro, ballando… mi fu accanto, mi cinse il collo con le braccia, le labbra premute sulle mie…

I tamburi battevano più in fretta, e il mio cuore batteva all’unisono.

I due cerchi di minuscole, gialle fiamme viventi si congiunsero. Divennero un unico cerchio turbinante che ci trascinò avanti. Intorno a noi giravano e giravano, trascinandoci avanti al ritmo dei tamburi. Smisi di pensare: il ritmo dei tamburi, il canto dei tamburi, il canto della danza erano me.

E tuttavia sapevo ancora che il vento fragrante ci sospingeva carezzevole, mormorando, ridendo.

Eravamo accanto ad un androne ovale. I serici capelli profumati di Evalie si agitavano nel vento e mi baciavano. Oltre noi e dietro di noi cantavano i tamburi. E il vento continuava a sospingerci avanti…

I tamburi ed il vento ci spinsero oltre il portale della roccia a cupola.

Ci spinsero nel tempio del Piccolo Popolo…

Il muschio soffice scintillava… la croce ametistina sfolgorava…

Le braccia di Evalie mi cingevano il collo… la strinsi a me… il tocco delle sue labbra sulle mie fu come il dolce fuoco segreto della vita…

Vi era silenzio nel tempio del Piccolo Popolo. I tamburi tacevano. Il fulgore della croce ansata sopra la fossa del Kraken era fioco.

Evalie si mosse e gridò nel sonno. Le sfiorai le labbra e si destò.

«Che succede, Evalie?»

«Leif, amore… Ho sognato un falcone bianco che cercava di affondarmi il becco nel cuore!»

«È stato soltanto un sogno, Evalie.»

Lei rabbrividì; alzò la testa e si piegò verso di me, ed i suoi capelli coprirono i nostri volti.

«Tu hai scacciato il falcone… ma poi è sopraggiunto un lupo bianco… e mi è balzato addosso.»

«È stato soltanto un sogno, Evalie… ardente fiamma del mio cuore.»

Si chinò ancora di più, sotto la cortina di capelli, con le labbra accostate alle mie.

«Tu hai scacciato il lupo. E io ti avrei baciato… ma un volto si è insinuato tra noi…»

«Un volto, Evalie?»

Lei bisbigliò: «Il volto di Lur! Ha riso di me… e poi tu te ne sei andato… con lei… e io sono rimasta sola…»