Al di sopra della sua testa guardai Jim. Mi accorsi, all’improvviso, che era stanco e sconvolto.
«Ti senti bene, Jim?»
«Sicuro. Solo un po’ stanco. Ho… visto delle cose.»
«Cosa vuoi dire?»
«Beh…» Esitò. «Beh… i tlanusi… le grandi sanguisughe, tanto per cominciare. Non l’avrei mai creduto se non li avessi visti, e se li avessi visti prima che ci tuffassimo nel fiume, avrei scelto i lupi: in confronto, sono colombe che tubano.»
Mi raccontò che la prima notte si erano accampati all’estremità più lontana della piana.
«Questo posto è molto più grande di quando credessimo, Leif. Deve esserlo, perché ho percorso parecchi chilometri di più di quanto sarebbe stato possibile se fosse ampio soltanto come ci è parso prima che ci calassimo quaggiù. Probabilmente il miraggio lo ha fatto sembrare più piccolo e ci ha confusi.»
Il giorno dopo avevano attraversato la foresta, la giungla, il canneto e la palude. Finalmente erano arrivati ad un acquitrino fumante, attraversato da un sentiero rialzato. L’avevano percorso, e poi ne avevano incontrato un altro che l’intersecava. Nel punto in cui si incontravano i due camminamenti sopraelevati, c’era un monticello ampio, circolare e dolcemente arrotondato che si alzava dalla palude. I pigmei si erano fermati. Avevano acceso dei fuochi, con foglie e fascine. I fuochi avevano fatto un fumo denso e profumato che si era sparso lentamente dal monticello sull’acquitrino. Quando i fuochi ebbero preso a dovere, i pigmei cominciarono a suonare i tamburi… un ritmo bizzarramente sincopato. Pochi attimi dopo, Jim aveva scorto un movimento nella palude, vicino al monticello.
«C’era un cerchio di pigmei, tra me e l’orlo,» mi disse. «E quando ho visto la cosa che ne usciva strisciando ne sono stato contento. Prima si è sollevato il fango, e poi è apparsa la schiena di qualcosa che ho creduto fosse un’enorme lumaca rossa. La lumaca si è sollevata, e ha preso a strisciare sulla terraferma. Era proprio una sanguisuga, nient’altro… ma mi ha dato la nausea, per via delle dimensioni. Doveva essere lunga due metri almeno, e stava lì, cieca e palpitante, con la bocca spalancata, ad ascoltare i tamburi ed a godersi quel fumo profumato. Poi ne è uscita un’altra, e un’altra ancora. Dopo un po’, erano un centinaio, raggruppate attorno a noi in semicerchio, con tutte le teste prive d’occhi rivolte verso di noi… ad aspirare il fumo ed a palpitare al ritmo dei tamburi.
«Alcuni pigmei si sono alzati, hanno preso dal fuoco dei rami accesi, e si sono avviati lungo il camminamento trasversale, continuando a suonare i tamburi. Gli altri hanno spento i fuochi. Le sanguisughe hanno seguito serpeggiando i portatori di torce. Gli altri pigmei venivano dietro, come pastori. Io sono rimasto in coda. Abbiamo proseguito fino a quando siamo giunti sulla riva del fiume. I pigmei all’avanguardia hanno smesso di suonare. Hanno gettato i rami ardenti e fumanti nell’acqua, e manciate di bacche schiacciate… non quelle che ci hanno strizzato addosso Sri e Sra. Erano bacche rosse. Le grandi sanguisughe si sono calate serpeggiando giù per il greto, nel fiume; immagino che seguissero il fumo e l’aroma delle bacche. Comunque, si sono immerse… tutte.
«Siamo tornati indietro, lasciando la palude, e ci siamo accampati al suo limitare. Per tutta la notte hanno parlato con i tamburi. Avevano parlato anche la notte innanzi, ed erano inquieti; ma ho pensato che la causa delle preoccupazioni fosse la stessa dell’inizio. Loro dovevano sapere ciò che stava succedendo, ma non me l’hanno confidato. Ma ieri mattina erano felici e spensierati. Ho capito che doveva essere avvenuto qualcosa… che dovevano avere ricevuto buone notizie nel corso della notte. Erano di buonumore e me ne hanno spiegato il perché. Non come me l’hai spiegato tu… ma il senso era lo stesso…»
Jim ridacchiò.
«La mattina abbiamo raccolto in branco un altro paio di centinaia di tlanusi e li abbiamo condotti dove il Piccolo Popolo ritiene che siano particolarmente utili. Poi ci siamo messi in cammino per tornare… ed eccomi qui.»
«Sì,» feci io, sospettoso. «Ed è tutto?»
«Tutto per questa notte, almeno,» rispose Jim. «Ho sonno. Vado a letto. Tu vai con Evalie, e lasciami sacrosantamente in pace fino a domani.»
Lo lasciai, deciso a scoprire la mattina dopo che cosa mi avesse nascosto. Non ero convinto che il viaggio e le sanguisughe bastassero a spiegare la sua espressione stravolta.
Ma la mattina dopo me ne dimenticai completamente.
Innanzi tutto quando mi svegliai Evalie non c’era. Andai alla tenda a cercare Jim. Non c’era neppure lui. I pigmei erano usciti ormai da un pezzo dalle caverne, ed erano al lavoro; lavoravano sempre di mattina: di pomeriggio e di sera giocavano, suonavano i tamburi e ballavano. Mi dissero che Evalie e Tsantawu erano in consiglio con gli anziani. Ritornai alla tenda.
Dopo un po’ sopraggiunsero Evalie e Jim. Il volto di Evalie era sbiancato, i suoi occhi spiritati, e obnubilati dalle lacrime. Inoltre, era furibonda. Jim faceva del suo meglio per mostrarsi allegro.
«Cos’è successo?» domandai.
«Dovrai fare un viaggetto,» rispose Jim. «Ci tenevi a vedere il Ponte Nansur, no?»
«Sì,» dissi.
«Ebbene,» fece Jim, «è là che andremo. È meglio che ti metta gli abiti da viaggio e gli stivali. Se la pista è simile a quella che ho appena percorso, ne avrai bisogno. I pigmei riescono a sgusciare dappertutto… ma noi abbiamo un’altra taglia.»
Li studiai, perplesso. Certo, ci tenevo a vedere il Ponte Nansur… ma perché il fatto che ci dovessimo andare li induceva a comportarsi così stranamente? Mi accostai ad Evalie, e sollevai il suo volto.
«Tu hai pianto, Evalie. Che succede?»
Scosse il capo, scivolò via dal mio abbraccio ed entrò nella caverna. La seguii. Era china su di un cofano, e ne traeva metri e metri di velo. La strappai via, la sollevai fino a quando i suoi occhi furono all’altezza dei miei.
«Che succede, Evalie?»
Un pensiero mi colpì. La posai al suolo.
«Chi ha proposto di andare al Ponte Nansur?»
«Il Piccolo Popolo… gli anziani… mi sono opposta… non volevo che andassi… hanno detto che devi…»
«Io devo andare?» Il pensiero diventò più chiaro. «Allora tu non devi venire… e neppure Tsantawu, se non lo volete.»
«Che ci si provino, a impedirmi di venire con te!» Evalie pestò un piede, furiosamente.
Il pensiero era limpido come un cristallo, e io cominciavo a provare una certa irritazione nei confronti del Piccolo Popolo. Erano meticolosi, i pigmei, al punto di diventare esasperanti. Ora capivo perfettamente perché io dovevo andare al Ponte Nansur. I pigmei non erano certi che la loro magia — inclusa Evalie — avesse fatto completamente effetto. Perciò io dovevo contemplare la patria del nemico… mentre loro studiavano le mie reazioni. Bene, era abbastanza giusto. Forse ci sarebbe stata l’Incantatrice, là. Forse Tibur… Tibur che desiderava Evalie… Tibur che aveva riso di me…
All’improvviso, arsi dalla frenesia di andare al Ponte Nansur.
Cominciai a indossare i miei vecchi abiti. Mentre mi allacciavo gli stivali, lanciai uno sguardo di sottecchi a Evalie. Si era raccolti i capelli e li aveva coperti con un berretto; si era avvolta nei veli dal collo alle ginocchia e si stava allacciando sandali altissimi che le coprivano i piedi e le gambe completamente, come i miei stivali. Sorrise debolmente alla mia espressione sorpresa.
«Non mi piace che Tibur mi guardi… non adesso!» esclamò.
Mi piegai verso di lei e la presi fra le braccia. Appoggiò le labbra alle mie in un bacio che me le illividì…
Quando uscimmo, ci stavano aspettando Jim ed una cinquantina di pigmei.
Tagliammo diagonalmente la piana, allontanandoci dalle pareti di roccia, dirigendoci a Nord, verso il fiume. Superammo il pendio, e poi una delle torri, e ci avviammo su uno stretto sentiero identico a quello che avevo percorso insieme a Jim nel giungere alla terra del Piccolo Popolo. Si snodava tortuoso attraverso distese uniformi di felci. Procedemmo in fila indiana, costretti al silenzio. Sboccammo in una foresta fitta di conifere nella quale il sentiero proseguiva i suoi meandri. Camminammo per un’ora o più; senza fermarci mai a riposare: i pigmei trotterellavano instancabili. Guardai il mio orologio. Eravamo in cammino da quattro ore e avevamo coperto, calcolai, circa venti chilometri. Non c’era traccia di uccelli né di altri animali.