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Lur mi scrutò con fermezza; e la furia incandescente non si placò.

«Hai spezzato un’ala al mio falcone, Dwayanu.»

«Che cosa ami di più, Incantatrice… la sua ala o i miei occhi?»

«Hai ucciso due miei lupi.»

«Due lupi… o la mia gola, Lur?»

Lei non rispose. Tornò a cavallo tra le sue donne. Ma avevo visto le lacrime nei suoi occhi, prima che si voltasse. Potevano essere di rabbia… e potevano non esserlo. Ma era la prima volta che vedevo piangere Lur.

Senza scambiarci mai una parola ritornammo a Karak: lei, vezzeggiando il falcone ferito, io ripensando a quello che avevo visto sulle pareti rocciose di Sirk.

Non ci fermammo a Karak. Provavo nostalgia della quiete e della bellezza del Lago degli Spettri. Lo dissi a Lur. Lei assentì, indifferente, perciò proseguimmo e vi arrivammo all’addensarsi del crepuscolo. Cenammo insieme, con le donne, nella grande sala. Lur aveva dimenticato il malumore. Se anche provava ancora collera verso di me, la dissimulava bene. Eravamo allegri, ed io bevvi molto vino. E più bevevo, e più diventava chiaro il mio piano per prendere Sirk. Era un buon piano. Dopo un pò, salii con Lur nella sua torre e guardai la cascata e le ondeggianti fantasime di nebbia, ed il piano divenne ancora più chiaro.

Poi la mia mente ritornò a Khalk’ru. Ci pensai a lungo. Alzai gli occhi e vidi che Lur mi stava fissando.

«A cosa pensi, Dwayanu?»

«Sto pensando che non evocherò mai più Khalk’ru.»

Lei disse lentamente, incredula: «Non puoi dire sul serio, Dwayanu!»

«Dico sul serio.»

Sbiancò in viso. Fece: «Se Khalk’ru non riceve i suoi Sacrifici, toglierà la vita a questa terra che diverrà un deserto, come la Madrepatria quando non vi furono più sacrifici.»

Io risposi: «Davvero? Questo non lo credo più. E penso che non lo creda neppure tu, Lur. Nei tempi andati c’erano terre e terre che non riconoscevano Khalk’ru, con popoli che non sacrificavano a Khalk’ru… eppure non erano deserte. Ed io so, anche se adesso non ricordo come lo so, che oggi esistono terre e terre in cui Khalk’ru non è adorato… eppure brulicano di vita. Persino qui, i Rrrllya, il Piccolo Popolo, non lo venerano. Lo odiano, almeno così mi hai detto… eppure la terra oltre il Nanbu non è meno fertile di qui.»

Lur disse: «Questo fu il mormorio che corse attraverso la Madrepatria, tanto, tanto tempo fa. Divenne più forte… e la Madrepatria fu trasformata in deserto.»

«Potrebbero esserci state altre ragioni, non la collera di Khalk’ru, Lur.»

«Quali?»

«Non so,» dissi io, «Ma tu non hai mai visto il Sole, la Luna e le stelle. Io li ho visti. E un vecchio saggio, una volta, mi disse che al di là del Sole e della Luna c’erano altri soli intorno ai quali ruotavano altre terre, e su queste c’era… la vita. Lo Spirito del Vuoto in cui ardono quei soli è troppo immane per rattrappirsi nella piccolezza di ciò che si rende manifesto a noi, in un minuscolo tempio di questo cantuccio della Terra.»

Lei rispose: «Khalk’ru è! Khalk’ru è dovunque. È nell’albero che si dissecca, nella fonte che s’inaridisce. Ogni cuore è aperto a lui. Egli lo tocca… ed ecco spuntare la noia della vita, l’odio della vita, il desiderio della morte eterna. Egli sfiora la terra e vi è sabbia arida là dove c’erano i prati; i greggi divengono sterili. Khalk’ru è.»

Riflettei su quelle parole, e pensai che erano abbastanza vere. Ma nel suo argomento c’era una lacuna.

«Non lo nego, Lur,» risposi. «Il Nemico della Vita è. Ma che cosa si presenta al richiamo del rituale dell’anello… Khalk’ru?»

«E che altro? Così ci è stato insegnato sin dai tempi più antichi.»

«Non so che altro. E sin dai tempi più antichi sono state insegnate molte cose che non reggerebbero alla prova dei fatti. Ma io non credo che ciò che compare sia Khalk’ru, Anima del Vuoto, Colui al Quale tutta la vita deve ritornare, e via discorrendo. E non credo che, se smettessimo i Sacrifici, qui la vita avrebbe fine.»

Lei rispose, con molta calma: «Ascoltami, Dwayanu. Non m’importa se ciò che appare nei Sacrifici sia Khalk’ru o no. Ciò che m’importa è questo: non voglio lasciare questa terra, e voglio che rimanga immutata. Sono stata felice, qui. Ho visto il Sole e la Luna e le stelle. Ho visto il resto della Terra, nella mia cascata. Non voglio andarci. Dove troverei un posto incantevole quanto il mio Lago degli Spettri? Se i Sacrifici finiscono, coloro che sono trattenuti qui soltanto dalla paura se ne andranno. E molti altri li seguiranno. La vecchia vita che amo finirebbe insieme ai Sacrifici… sicuramente. Perché, se viene la desolazione, saremmo costretti ad andarcene. E se non verrà, la gente capirà che noi abbiamo insegnato delle menzogne, e andrà a vedere se ciò che sta fuori di qui non è più bello. È sempre stato così. Ma qui, Dwayanu, questo non dovrà avvenire!»

Attese la mia risposta. Non risposi.

«Se tu non vuoi evocare Khalk’ru, allora perché non scegli un altro al tuo posto?»

La guardai, aspramente. Non ero ancora pronto ad arrivare a tanto. Rinunciare all’anello, con tutto il suo potere!

«C’è un’altra ragione, Dwayanu, oltre a quella che mi hai esposto. Qual è?»

Risposi, brusco: «Molti dicono che sono colui che sfama Khalk’ru. Il suo macellaio. Non mi piace. E non mi piace… vedere quello che vedo… negli occhi delle donne che gli offro.»

«Dunque è questo,» fece Lur, sprezzante. «Il sonno ti ha rammollito, Dwayanu! È meglio che tu mi confidi il tuo piano per prendere Sirk e lasciare che sia io a realizzarlo. Sei diventato troppo tenero di cuore per la guerra, credo!»

Quelle parole mi punsero sul vivo, spazzarono via tutti i miei rimorsi. Balzai in piedi, facendo rovesciare la sedia, alzai a mezzo la mano per colpirla. Lei mi fronteggiò, ardita, senza traccia di timore negli occhi. Riabbassai la mano.

«Ma non tanto tenero da piegarmi al tuo volere, Incantatrice,» dissi. «E non ridiscuto i patti conclusi. Ti ho dato Yodin. Ti darò Sirk, e tutto quello che ti ho promesso. Fino ad allora… lasciamo stare la questione dei Sacrifici. Quando dovrò darti Tibur?»

Lur mi posò le mani sulle spalle e sorrise ai miei occhi furibondi. Mi cinse il collo con le braccia e attirò le mie labbra sulle sue, calde e rosse.

«Adesso,» sussurrò, «sei davvero Dwayanu! Adesso sei colui che amo… ah, Dwayanu, se mi amassi quanto io amo te!»

Bene, in quanto a quello, io l’amavo per quanto potevo amare una donna… Dopotutto, non c’era nessun’altra come lei. La sollevai e la tenni stretta, e l’antica implacabilità, l’antico amore per la vita rifluì in me.

«Avrai Sirk! E anche Tibur, quando vorrai.»

Lei parve meditare.

«Non ancora,» disse. «Tibur è forte ed ha i suoi seguaci. Sarà utile, a Sirk, Dwayanu. Sicuramente, non prima di allora.»

«È esattamente quello che stavo pensando,» dissi. «Almeno su una cosa siamo d’accordo.»

«Beviamo del vino per festeggiare la nostra pace,» disse Lur, e chiamò le sue ancelle.

«Ma c’è un’altra cosa sulla quale siamo d’accordo.» Mi guardò in modo strano.

«Che cosa?» domandai.

«L’hai detto tu stesso,» rispose Lur… e non riuscii a farle dire altro. Passò molto tempo prima che capissi che cosa intendeva, e allora era già troppo tardi…

Il vino era buono. Ne bevvi troppo. Ma il mio piano per prendere Sirk diventava sempre più chiaro.

La mattina dopo mi svegliai molto tardi. Lur se n’era andata. Avevo dormito come se fossi stato drogato. Avevo un ricordo vaghissimo di ciò che era accaduto la notte precedente: solo che Lur ed io avevamo avuto un violento disaccordo a proposito di qualcosa. Non pensai affatto a Khalk’ru. Chiesi a Ouarda dov’era andata Lur. Mi disse che quella mattina, molto presto, era arrivata la notizia che due delle donne prescelte per il prossimo Sacrificio erano riuscite a fuggire. Lur pensava che si fossero dirette verso Sirk, e le stava inseguendo con i suoi lupi. Mi sentii irritato perché non mi aveva svegliato e non mi aveva condotto con lei. Pensai che mi sarebbe piaciuto vedere in azione quelle sue belve bianche. Erano come i grossi cani che noi usavamo nella terra degli Ayjir per rintracciare i fuggitivi.