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«E vi hanno detto anche come ero stato ucciso?»

Quella esitò.

«Alcuni dicevano che era stato il Nobile Tibur… per errore… aveva lanciato l’arma contro il comandante di Sirk che ti stava minacciando… e invece ha colpito te… e che il tuo corpo era stato portato via da quelli di Sirk… non so…»

«Basta così, soldatessa. Conduci a Karak i prigionieri. Non indugiare, e non dire che mi hai visto. È un ordine. Per un po’, lascerò che mi si creda morto.»

Le soldatesse si scambiarono strane occhiate, salutarono e passarono oltre. Gli occhi gialli dei pigmei, saturi di un odio velenoso, non mi lasciarono fino a quando non si furono allontanati. Attesi, riflettendo. Dunque era quello che avevano raccontato! Ma dovevano avere paura, altrimenti non si sarebbero presi il disturbo di diffondere la diceria dell’incidente! Presi una decisione. Era inutile aggirarmi per Sirk in cerca di Tibur. Era assurdo farmi vedere, in modo che alle orecchie di Tibur e di Lur arrivasse la notizia che Dwayanu era vivo! Sarebbero venuti da me… senza saperlo. C’era un’unica via per uscire da Sirk: passare per il ponte. Li avrei attesi là. Mi rivolsi a Dara.

Le soldatesse girarono i cavalli, e per la prima volta notai che tutte avevano un destriero. E per la prima volta mi accorsi che erano tutte della mia guardia: e molte di loro avevano fatto parte delle truppe a piedi, ma adesso anche quelle erano a cavallo, e su una dozzina di selle c’erano i colori dei nobili che avevano seguito me, l’Incantatrice e Tibur attraverso il varco di Sirk. Fu Naral che, intuendo la mia perplessità, parlò con il suo abituale tono quasi impudente.

«Queste sono le tue fedelissime, Dwayanu! I cavalli erano senza cavaliere… o almeno, qualcuno lo abbiamo reso tale. Per difenderti meglio se Tibur… commettesse un altro errore.»

Non risposi fino a quando non aggirammo la casa in fiamme e fummo in uno dei vialetti. Poi dissi loro: «Naral, Dara, parliamo un momento.»

Quando ci fummo allontanati un po’ dalle altre, dissi: «Vi devo la vita… soprattutto a te, Dara. Potete chiedermi tutto ciò che sono in grado di darvi e ve lo darò. Vi domando solo… la verità.»

«Dwayanu… te la diremo.»

«Perché Tibur vuole uccidermi?»

Naral replicò, asciutta: «Il Fabbro non era l’unico che ti voleva morto, Dwayanu.»

Lo sapevo, ma volevo sentirmelo dire da loro.

«Chi altri, Naral?»

«Lur… e quasi tutti i nobili.»

«Ma perché? Non gli avevo aperto Sirk?»

«Stavi diventando troppo forte. Dwayanu. Lur e Tibur non accetterebbero mai di venire al secondo posto… o al terzo… o forse di non averlo.»

«Ma avevano già avuto la possibilità…»

«Ma tu non avevi preso Sirk per loro,» osservò Dara.

Naral disse, risentita: «Dwayanu, tu stai giocando con noi. Sai come noi o anche meglio qual era la ragione. Sei venuto qui con quell’amico che hai appena deposto sul rogo funebre. Lo sapevano tutti. Se tu dovevi morire… doveva morire anche lui. Non doveva sopravvivere, magari per fuggire e per condurre altri in questo luogo… perché io so, come sanno altri, che al di fuori di qui c’è la vita e che Khalk’ru non regna supremo, come vorrebbero farci credere i nobili. Bene… e qui vi incontrate tu e il tuo amico. E non solo voi due, ma anche la ragazza bruna dei Rrrllya, la cui morte o la cui cattura potrebbe fiaccare lo spirito del Piccolo Popolo e piegarlo al giogo di Karak. Tutti e tre… insieme! Ma, Dwayanu… era il posto e il momento per colpire! E Lur e Tibur l’hanno fatto: hanno ucciso il tuo amico, e credono di aver ucciso anche te, e hanno catturato la ragazza bruna.»

«E se io uccido Tibur, Naral?»

«Allora ci sarà da combattere. E dovrai stare in guardia, perché i nobili ti odiano, Dwayanu. È stato detto loro che sei contrario all’antica tradizione… che vuoi umiliarli ed innalzare il popolo. Che intendi persino porre fine ai Sacrifici…»

Mi diede un’occhiata di sottecchi.

«E se fosse vero?»

«Ormai quasi tutti i soldati sono dalla tua parte, Dwayanu. E se fosse vero, avresti dalla tua anche quasi tutto il popolo. Ma Tibur ha amici… anche tra i soldati. E Lur non è debole.»

Costrinse il suo cavallo ad alzare la testa, con cattiveria.

«È meglio che tu uccida anche Lur, finché te la senti, Dwayanu!»

Non risposi. Trottammo lungo i vialetti, senza parlare più. Dovunque c’erano cadaveri, e case sventrate. Uscimmo dalla città, e attraversammo la stretta spianata fino al varco tra le pareti rocciose. In quel momento non c’era nessuno, sulla strada, e passammo la gola inosservati. Uscimmo sullo spiazzo dietro la fortezza. Lì c’erano soldati, moltissimi, e gruppi di prigionieri. Io procedevo al centro del mio squadrone, chino sul collo del cavallo. Dara mi aveva fasciato approssimativamente la testa. Le bende e l’elmo che avevo raccolto nascondevano i miei capelli gialli. C’era molta confusione, e nessuno mi riconobbe. Mi avviai alla porta della torre, dietro la quale eravamo rimasti in agguato mentre le truppe di Karak prendevano il ponte. Entrai con il cavallo e chiusi a mezzo la porta. Le mie donne si raggrupparono all’esterno. Non era probabile che venisse contestato il loro diritto di restare lì. Io mi accinsi ad aspettare Tibur.

Era una dura attesa! La faccia di Jim, davanti al fuoco da campo. La faccia di Jim che mi sorrideva nelle trincee. La faccia di Jim china su di me, quando io giacevo sulla scarpata muscosa, alla soglia del miraggio… la faccia di Jim, rovesciata sotto di me, sulla strada di Sirk…

Tsantawu… Sì, Tsantawu! E tu pensavi che dalla foresta potesse uscire soltanto qualcosa di incantevole!

Evalie? Non m’importava nulla di Evalie in quel momento, preso com’ero in quel limbo che era contemporaneamente ghiaccio e furore incandescente.

«Salva… Evalie!» mi aveva raccomandato Jim. Ebbene, avrei salvato Evalie! A parte questo, lei non contava più dell’Incantatrice… sì, un po’ di più… Avevo un conto da saldare con l’Incantatrice… Con Evalie non ne avevo…

La faccia di Jim… sempre la faccia di Jim… librata davanti a me…

Udii un sussurro.

«Dwayanu… sta arrivando Tibur!»

«Lur è con lui, Dara?»

«No: c’è un gruppo di nobili. Sta ridendo. Porta in arcione la ragazza bruna.»

«Quant’è lontano, Dara?»

«Circa un tiro di freccia. Cavalca lentamente.»

«Quando uscirò, stringetevi dietro di me. Sarà un duello fra me e Tibur. Non credo che i suoi accompagnatori oseranno attaccarmi. Se lo faranno…»

Dara rise.

«Se lo faranno, gli balzeremo alla gola, Dwayanu. Ci sono uno o due amici di Tibur con i quali vorrei regolare il conto. Questo ti chiediamo: non sprecare parole né tempo con Tibur. Uccidilo in fretta. Perché, per gli Dèi, se lui uccide te, per tutte quelle di noi che catturerà ci saranno la vasca bollente e i coltelli degli scuoiatori.»

«Lo ucciderò, Dara.»

Aprii la grande porta, adagio. Adesso potevo vedere Tibur, sul suo cavallo che veniva al passo verso l’estremità del ponte. Sulla sella c’era Evalie. Lei stava afflosciata; i capelli neroazzurrati erano sciolti e le coprivano la faccia come un velo. Aveva le mani legate dietro il dorso, strette da una mano di Tibur. Intorno e dietro il Fabbro c’era una dozzina dei suoi seguaci: erano nobili, e quasi tutti uomini. Avevo notato che, sebbene l’Incantatrice avesse pochi uomini tra le sue guardie, il Fabbro dimostrava una preferenza per loro, come amici e come scorta personale. Teneva girata la testa verso di loro, e la sua voce ruggente di trionfo e la sua risata giungevano fino a me. Ormai nel recinto non c’erano quasi più soldati né prigionieri. Non c’era nessuno tra noi. Mi chiesi dove fosse l’Incantatrice.

Tibur era più vicino, più vicino.

«Pronte, Dara… Naral?»