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Disse: «Che intendi fare? Spalancare ai nani le porte di Karak? Restaurare Nansur? Governare su Karak e sui Rrrllya, con la ragazza bruna al tuo fianco? È così… e se è così, che ne sarà di Lur? Rispondimi. Ho il diritto di sapere. C’è un legame tra noi… ti ho amato quando eri Dwayanu… lo sai bene…»

«E hai cercato di uccidermi quando ero ancora Dwayanu,» dissi, cupo.

«Perché ho visto morire Dwayanu, mentre guardavi negli occhi lo straniero,» rispose lei. «Tu, che Dwayanu aveva dominato, stavi uccidendo Dwayanu. Io amavo Dwayanu. Perché non avrei dovuto vendicarlo?»

«Se credi che io non sia più Dwayanu, allora io sono l’uomo il cui amico tu hai attirato in trappola e assassinato… l’uomo di cui hai attirato in trappola la donna amata… e l’avresti uccisa… E se è così… che diritti hai su di me, Lur?»

Non mi rispose per lunghi istanti. Poi disse: «Ho la giustizia dalla mia parte. Ti dico che amavo Dwayanu. Sapevo qualcosa di te fin dall’inizio, Capelli Gialli. Ma ho visto destarsi Dwayanu dentro di te. E sapevo che era veramente lui! E sapevo anche che, finché vivevano il tuo amico e la ragazza bruna, c’era pericolo per Dwayanu. Ecco perché ho tramato per condurli a Sirk. Ho gettato il dado, nella speranza di poterli uccidere prima che tu li vedessi. Poi, pensavo, tutto sarebbe andato per il meglio. Non sarebbe rimasto più nessuno per risvegliare in te ciò che Dwayanu aveva soverchiato. Ho perduto. Ho capito di aver perduto quando, per un capriccio di Luka, vi siete ritrovati tutti e tre. Ed il furore e l’angoscia si sono impadroniti di me… e ho fatto quello che ho fatto.»

«Lur,» dissi, «rispondimi sinceramente. Quel giorno che sei ritornata al Lago degli Spettri dopo aver inseguito le donne… non erano le tue spie che portarono il falso messaggio a Sirk? E non hai atteso fino a quando hai saputo che il mio amico ed Evalie erano in trappola, prima di lasciarmi partire? Non pensavi che, se ti avessi spalancato le porte di Sirk, ti saresti liberata non solo di quei due ma anche di Dwayanu? Perché ricorda… forse tu amavi Dwayanu, ma come lui stesso ti aveva detto, amavi il potere più di lui. E Dwayanu era una minaccia per il tuo potere. Rispondimi sinceramente.»

Per la seconda volta scorsi le lagrime negli occhi dell’Incantatrice. Parlò con voce spezzata.

«Ho mandato le mie spie, sì. Ho atteso che quei due fossero in trappola. Ma non ho mai avuto intenzione di fare del male a Dwayanu!»

Non le credevo. Tuttavia non provavo collera né odio. La pietà si fece più forte.

«Lur, ora ti dirò la verità. Non ho intenzione di regnare su Karak e sui Rrrllya insieme ad Evalie. Non desidero più il potere. Quel desiderio è scomparso insieme a Dwayanu. Concluderò la pace con i nani, e tu regnerai su Karak… se vorrai. La ragazza bruna tornerà con il Piccolo Popolo. Non vorrà certo rimanere a Karak. E neppure io…»

«Non puoi andare con lei,» m’interruppe Lur. «I suoi cani gialli non si fideranno mai di te. Avresti sempre puntate addosso le loro frecce.»

Annuii… l’avevo pensato anch’io, da tanto tempo.

«Allora tutto dovrà sistemarsi,» dissi. «Ma non ci saranno più sacrifici. La porta di Khalk’ru verrà chiusa per sempre. E la chiuderò io.»

I suoi occhi si dilatarono.

«Vuoi dire…»

«Voglio dire che escluderò per sempre Khalk’ru da Karak… a meno che Khalk’ru si riveli più forte di me.»

Si torse le mani, disperata.

«Ed a che mi servirà allora regnare su Karak… come potrò tenere in pugno il popolo?»

«Comunque… distruggerò la porta di Khalk’ru.»

Lur mormorò: «Per gli Dèi… se avessi l’anello di Yodin…»

Sorrisi a quelle parole.

«Incantatrice, tu sai benissimo che Khalk’ru non viene al richiamo di una donna.»

Le luci stregate le balenarono negli occhi, con uno sfolgorìo di gemme verdi.

«C’è un’antica profezia, Capelli Gialli, che Dwayanu non conosceva… o che aveva dimenticato. Dice che quando Khalk’ru accorre al richiamo di una donna… rimane! È per questa ragione che nell’antica terra degli Ayjir nessuna donna poteva essere sacerdotessa del sacrificio.»

Risi.

«Un grazioso animaletto domestico, Lur… da aggiungere ai tuoi lupi.»

Lur si avviò verso la porta e si soffermò. «E se potessi amarti… come amavo Dwayanu? Sapresti amarmi come Dwayanu mi amava? E ascolta! Rimanda la ragazza bruna al suo popolo e togli il bando di morte, per loro, da questa parte del Nanbu. Lasceresti le cose come stanno… regneresti con me su Karak?»

Le aprii la porta.

«Ti ho detto che non desidero più il potere, Lur.»

Se ne andò.

Ritornai alla finestra, accostai una sedia e sedetti a riflettere. All’improvviso, vicino alla cittadella, udii il grido di un lupo. Ululò tre volte, e poi tre volte ancora.

«Leif!»

Balzai in piedi. Evalie mi era accanto. Mi guardava tra i veli dei suoi capelli: i suoi occhi limpidi splendevano… senza più dubbi, odii, paure. Erano come un tempo.

«Evalie!»

Le mie braccia la cinsero; le mie labbra trovarono le sue. «Ho ascoltato, Leif!»

«Tu mi credi, Evalie!»

Mi baciò, mi tenne abbracciato.

«Ma quella donna aveva ragione, Leif. Non puoi ritornare con me nella terra del Piccolo Popolo. Loro non capirebbero mai… mai. E io non vorrei mai abitare a Karak.»

«Allora verrai con me, Evalie… nella mia terra? Dopo che avrò fatto ciò che devo fare… e se non verrò annientato nel farlo?»

«Verrò con te, Leif!»

Pianse un poco, e poi si addormentò tra le mie braccia. La sollevai, la riportai nella sua camera, la coprii con le coperte di seta. Non si svegliò.

Ritornai nella mia stanza. Quando passai accanto alla tavola presi il medaglione, feci per infilarmelo al collo. Lo ributtai sul tavolo. Non avrei portato mai più quella catena. Mi gettai sul letto, con la spada a portata di mano. Mi addormentai.

XXIII

NEL TEMPIO DI KHALK’RU

Mi svegliai due volte. La prima, furono gli ululati dei lupi a destarmi. Sembrava che fossero sotto la mia finestra. Ascoltai, assonnato, e mi riaddormentai.

La seconda volta mi svegliai di colpo da un sogno angoscioso. Mi aveva scosso un rumore nella stanza: di questo ero certo. La mia mano cercò la spada che giaceva sul pavimento accanto al letto. Ebbi l’impressione che nella camera ci fosse qualcuno. Non riuscii a scorgere nulla, in quella verde oscurità. Chiesi, sottovoce: «Evalie! Sei tu?»

Non una risposta, non un suono.

Mi levai a sedere sul letto, spinsi addirittura una gamba fuori dalle coperte per alzarmi. Poi ricordai le sentinelle alla mia porta, e Dara e le sue soldatesse che erano vicine, e mi dissi che era stato solo il mio sogno angoscioso a svegliarmi. Tuttavia per qualche tempo rimasi desto, in ascolto, con la spada in mano. E poi il silenzio mi cullò, mi fece riaddormentare.

Sentii bussare alla mia porta, e mi dibattei per uscire dal sonno. Vidi che l’alba era già passata. Andai alla porta senza far rumore per non destare Evalie. L’aprii, e lì, insieme alle guardie, c’era Sri. L’omettino era venuto ben armato, con le lance e la spada falcata: alle spalle portava appeso uno dei piccoli sonori tamburi parlanti. Mi guardò con espressione amichevole. Gli accarezzai la mano e indicai la tenda.

«Evalie è là, Sri. Vai a svegliarla.»

Mi trotterellò davanti. Salutai le guardie, e mi voltai per seguire il pigmeo. Era fermo davanti alla cortina e mi guardava con occhi che non erano più amichevoli. Disse: «Evalie non c’è.»

Lo fissai, incredulo. Gli passai accanto e mi precipitai in quella stanza. Era vuota. Mi accostai al mucchio di sete e di cuscini su cui aveva dormito Evalie, lo toccai. Non serbava più il suo calore. Con Sri alle calcagna passai nella stanza accanto. Dara e una mezza dozzina di soldatesse stavano dormendo. Evalie non era con loro. Toccai la spalla di Dara. Lei si sollevò a sedere, sbadigliando.