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«Dara… la ragazza è sparita!»

«Sparita!» Mi fissò, incredula, come io avevo fissato il pigmeo dorato. Saltò in piedi, corse nella stanza vuota, poi insieme a me nelle altre camere. C’erano le soldatesse addormentate, ma non Evalie.

Tornai correndo nella mia stanza, alla porta. Una rabbia furiosa s’impadronì di me. In fretta, aspramente, interrogai le guardie. Non avevano visto nessuno. Nessuno era entrato; nessuno era uscito. Il pigmeo dorato ascoltava, senza abbandonarmi un attimo con lo sguardo.

Mi mossi per tornare nella stanza di Evalie. Passai davanti alla tavola su cui avevo lasciato il medaglione. Lo presi, lo sollevai; era stranamente leggero… l’aprii…

L’anello di Khalk’ru non c’era!

Fissai furioso il medaglione vuoto, e come una fiamma torturante m’investì la consapevolezza di ciò che poteva significare la sparizione di Evalie e dell’anello. Gemetti, mi appoggiai alla tavola per non cadere.

«Il tamburo, Sri! Chiama il tuo popolo! Ordina che vengano, presto! Forse c’è ancora tempo!»

Il pigmeo dorato sibilò: i suoi occhi divennero minuscole pozze di fuoco giallo. Non poteva avere compreso tutto l’orrore del mio pensiero… ma capì abbastanza. Balzò alla finestra, girò il tamburo e cominciò a lanciare un messaggio dopo l’altro… perentorio, rabbioso, cattivo. Subito arrivarono le risposte… da Nansur, e poi lungo tutto il fiume, e più oltre, ruggivano i tamburi del Piccolo Popolo.

Lur li avrebbe uditi? Non poteva non udirli… ma avrebbe ascoltato? Quella minaccia sarebbe bastata a fermarla? Avrebbe capito che ero sveglio e che il Piccolo Popolo sapeva del suo tradimento… e di Evalie.

Dio! Se Lur udiva… ero in tempo per salvare Evalie?

«Presto, Signore!» Dara mi chiamò, dalla tenda. Il nano ed io accorremmo. Lei indicò la parete laterale. Là, dove si congiungevano due pietre scolpite, pendeva un brandello di seta.

«Lì c’è una porta, Dwayanu! Ecco come l’hanno portata via. Andavano di fretta. La stoffa è rimasta impigliata quando la porta s’è chiusa.»

Cercai qualcosa per sfondare la pietra. Ma Dara stava già premendo qua e là. La pietra si mosse. Sri mi sfrecciò davanti e si lanciò nel passaggio buio. Lo seguii, vacillando, con Dara alle calcagna e poi le altre. Il passaggio era stretto, e non molto lungo. All’estremità c’era un muro compatto. Dara premette di nuovo fino a quando anche questo si aprì.

Irrompemmo nella camera del Gran Sacerdote. Gli occhi del Kraken mi fissavano, mi trapassavano con quella loro imperscrutabile malignità. Eppure mi sembrava che adesso contenessero anche una sfida.

Tutto il furore insensato, l’agitazione cieca della rabbia mi abbandonarono. Giunse una decisione fredda, uno scopo ben preciso che non aveva nulla di concitato… È troppo tardi per salvare Evalie?… Non è però troppo tardi per distruggerti, nemico mio…

«Dara… procuraci dei cavalli. Raduna in fretta tutte le donne di cui ti puoi fidare. Prendi soltanto le più forti. Falle trovare pronte alla porta della strada del tempio… Andiamo a farla finita con Khalk’ru. Diglielo.»

Mi rivolsi al pigmeo dorato.

«Non so se potrò aiutare Evalie. Ma la farò finita con Khalk’ru. Aspetti i tuoi… o vieni con me?»

«Vengo con te.»

Sapevo dove si trovava l’alloggio dell’Incantatrice nella cittadella nera: non era molto lontano. Sapevo che non l’avrei trovata, ma dovevo esserne certo. E forse aveva condotto Evalie al Lago degli Spettri, pensai mentre transitavo davanti a gruppi di soldatesse che mi salutavano inquiete e perplesse. Ma in fondo al cuore sapevo che non era così. Sapevo che era stata Lur a svegliarmi quella notte. Lur, che si era insinuata furtiva tra le tende per prendere l’anello di Khalk’ru. E se l’aveva fatto, c’era una sola ragione. No, non poteva essere al Lago degli Spettri.

Eppure, se era entrata nella mia stanza… perché non mi aveva ucciso? Oppure aveva avuto intenzione di farlo, e aveva dovuto desistere quando mi ero svegliato e avevo chiamato Evalie? Aveva avuto paura di spingersi troppo oltre? Oppure aveva voluto risparmiarmi?

Arrivai nelle sue stanze. Non c’era. Non c’era nessuna delle sue donne. L’alloggio era vuoto, e non c’erano neppure le soldatesse di guardia.

Mi misi a correre. Il pigmeo dorato mi seguì, lanciando grida acute, con i giavellotti nella sinistra, la spada falcata nella destra. Giungemmo alla porta della strada del tempio.

C’erano tre o quattrocento soldati che mi attendevano. Tutti a cavallo… e tutte donne. Balzai sullo stallone che Dara mi portò, issai Sri in sella. Ci lanciammo al galoppo verso il tempio.

Avevamo percorso metà della via quando, dagli alberi che la fiancheggiavano balzarono i lupi bianchi. Irruppero come un torrente candido, si buttarono alla gola dei cavalli, si scagliarono sui cavalieri. Frenarono il nostro impeto; i cavalli incespicarono, caddero addosso a quelli che i lupi avevano abbattuto nella rapida, inattesa imboscata; le soldatesse caddero con loro, furono sbranate dai lupi prima di riuscire a rimettersi in piedi. Mulinammo tra loro… cavalli e uomini e donne e lupi in un cerchio turbinoso, spruzzato di cremisi.

Alla mia gola balzò il grande lupo, il capo del branco di Lur, con gli occhi verdi fiammeggianti. Non ebbi il tempo per un affondo con la spada. Gli serrai la gola con la mano sinistra, lo sollevai e lo scagliai dietro di me. Ma le sue zanne mi avevano addentato e ferito.

Superammo i lupi. Quelli che erano rimasti ci inseguirono. Ma avevano decimato le mie truppe.

Udii il clangore di un’incudine… percossa tre volte… l’incudine di Tubalka!

Dio! Era vero… Lur era nel tempio… ed Evalie… e Khalk’ru!

Ci precipitammo verso l’ingresso. Udii delle voci levarsi nell’antico canto. La porta era sbarrata… irta delle spade dei nobili, uomini e donne.

«Passiamo in mezzo a loro, Dara! Travolgiamoli!»

Li investimmo come un ariete. Spada contro spada, colpendoli con i martelli e le asce da combattimento, travolgendoli sotto gli zoccoli dei cavalli.

Il canto stridulo di Sri non smetteva mai. Il suo giavellotto si avventava, la sua spada falcata lampeggiava.

Facemmo irruzione nel tempio di Khalk’ru. L’inno si arrestò. I cantori si levarono contro di noi, con spade ed asce e martelli: pugnalarono e massacrarono i nostri cavalli; ci fecero cadere. L’anfiteatro era un ribollente calderone di morte…

Davanti a me stava l’orlo della piattaforma. Spronai il mio cavallo in quella direzione, montai in piedi sulla sella e saltai sul podio. Vicino, alla mia destra, c’era l’incudine di Tubalka; accanto, con il maglio levato per colpire, stava Ouarda. Udii il rullo dei tamburi, i tamburi dell’evocazione di Khalk’ru. I sacerdoti erano chini sugli strumenti e mi voltavano le spalle.

Davanti ai sacerdoti, con l’anello di Khalk’ru levato alto, stava Lur.

E tra lei e l’oceano sferico di pietra gialla che era la porta di Khalk’ru, appesi a due a due alle cinture dorate c’erano i pigmei…

E nel Cerchio del Guerriero… Evalie!

L’Incantatrice non mi guardò: non si volse mai a guardare il ruggente calderone dell’anfiteatro dove si battevano i nobili e le soldatesse.

Si lanciò nel rituale!

Urlando, mi avventai su Ouarda. Le strappai dalle mani il grande martello. Lo scagliai contro lo schermo giallo… diritto verso la testa di Khalk’ru. Con ogni grammo della mia forza scagliai quel grande martello.

Lo schermo si screpolò! Il martello venne scagliato indietro… ricadde…

La voce dell’Incantatrice continuava… continuava… senza esitare mai.

Ci fu un ondeggiamento all’interno dello schermo screpolato. Il Kraken che galleggiava nell’oceano sferico parve arretrare… spingersi avanti…