Sdraiato su di una panca riscaldata, Barrent ascoltò il sermone di Ingemar sulla necessità di compiere il male quotidiano.
L’adorazione del male, disse Zio Ingemar, non doveva essere fatta solo le sere del lunedì. Al contrario! Doveva essere praticata e diffusa nella vita di ogni giorno. Non era da tutti essere grandi peccatori, ma nessuno doveva scoraggiarsi per questo. Piccoli atti di malvagità fatti durante una intera vita si sarebbero conglobati in un grosso peccato gradito al Nero. Nessuno doveva dimenticare che i più grandi peccatori, gli stessi santi demoni, avevano avuto degli umili inizi. Thrastus non aveva forse iniziato frodando piccole quantità di riso? Chi avrebbe mai detto che quell’uomo semplice sarebbe diventato l’Uccisore Rosso di Thorndyke Lane? E chi avrebbe mai immaginato che il dottor Louen sarebbe diventato una delle più importanti autorità mondiali in applicazioni pratiche di tortura? La perseveranza aveva permesso a questi uomini di salire a una posizione eminente, e sedere alla destra del Nero. E questo, concluse Ingemar, era una prova che il male poteva appartenere sia al povero come al ricco.
Qui finì il sermone. Barrent si scosse dalla sua sonnolenza quando vennero mostrati ai fedeli i sacri simboli, una spada dall’impugnatura rossa e un rospo di gesso. Poi tornò ad assopirsi.
Finalmente la cerimonia giunse alla fine. Vennero letti i nomi dei demoni che dovevano intercedere: Bael, Forcas, Buer, Marchocias, Astaroth, e Behemoth. Poi venne letta una preghiera perché i fedeli fossero preservati dagli effetti del Bene. E infine Zio Ingemar si scusò di non avere una vergine da sacrificare sull’altare rosso.
«Non abbiamo fondi sufficienti» disse «per comperare una vergine peone garantita dal governo. Tuttavia sono certo che lunedì prossimo ci sarà possibile compiere l’intera cerimonia. Ora il mio assistente passerà tra voi…»
L’assistente cominciò il giro con il vassoio per la questua. Come tutti gli altri presenti, Barrent contribuì generosamente. Gli sembrò opportuno agire in quella maniera. Zio Ingemar appariva chiaramente seccato di non avere una vergine per il sacrificio. Se si fosse arrabbiato ulteriormente gli sarebbe potuta balenare l’idea di sacrificare qualcuno della congregazione.
Barrent non volle fermarsi per i cori e il ballo. Quando la funzione ebbe termine si avvicinò alla porta e mise fuori la testa con cautela. La temperatura era aumentata in maniera considerevole, e il ghiaccio che aveva ricoperto il suolo si era già sciolto. Barrent si volse per stringere la mano a Zio Ingemar, e corse a casa.
VIII
Barrent ne aveva già abbastanza delle sorprese procurategli da Omega. Rimase chiuso in casa, lavorò con lena, e cercò di stare sempre in allarme. Ormai stava assumendo l’aspetto caratteristico degli abitanti di Omega: occhi socchiusi e pieni di sospetto, la mano sempre vicina al calcio della pistola, i muscoli pronti allo scatto e i piedi alla corsa. E come tutti i vecchi abitanti, stava acquistando il sesto senso, quello del pericolo.
Una sera, dopo aver chiuso tutte le porte e le finestre, e aver inserito il triplo sistema di allarme, Barrent si sdraiò sul letto cercando di ricordare la Terra. Scrutando nei più profondi recessi della memoria riuscì a trovare alla fine tracce e frammenti di immagini. Vide grandi autostrade, frammenti di una immensa città a molti piani, la visione dello scafo di un’astronave. Ma le immagini non erano continue. Esistevano per una infinitesimale frazione di secondo, poi svanivano.
Il sabato, Barrent trascorse la serata con Joe, Danis Foeren, e il suo vicino Tem Rend. I giochi d’azzardo prosperavano, e Joe era riuscito alla fine a diventare Libero Cittadino. Foeren invece era rimasto allo stato di Residente. Tem Rend però aveva promesso, qualora la sua domanda per entrare nell’Ordine degli Assassini fosse stata accettata, di prendere Foeren come assistente.
La serata trascorse abbastanza piacevolmente, e finì, come sempre, con chiacchiere sulla Terra.
«Sentite» disse Joe «noi tutti sappiamo com’è la Terra. Un complesso di gigantesche città galleggianti. Sono costruite su isole artificiali nei vari oceani.»
«No, le città sono sulla terraferma» corresse Barrent.
«Sull’acqua» replicò Joe. «Gli esseri della Terra sono ritornati al mare. Tutti hanno speciali adattatori di ossigeno che permettono loro di respirare l’acqua salata. Le terre non sono più usate. Il mare provvede a tutto ciò che serve.»
«Non è così» disse ancora Barrent. «Io ricordo immense città, ma erano costruite sulla terra.»
«Sbagliate tutti e due» corresse Foeren. «Che bisogno avrebbe la Terra di città? Ormai sono state abbandonate da secoli. La Terra è un immenso parco. Tutti hanno una casa e diversi ettari di terreno. Si è lasciato che le foreste e le giungle riconquistassero la Terra. Gli esseri umani vivono con la natura invece di conquistarla. Non è così, Tem?»
«Quasi, ma non esattamente» rispose Tem. «Ci sono ancora delle città, ma si trovano sotto terra. Immensi stabilimenti e aree di produzione sotterranei. Tutto il resto è come ha detto Foeren.»
«Non ci sono più stabilimenti» insisté Foeren, cocciuto. «Non ce n’è più bisogno. Tutto quello che necessita all’uomo è prodotto con il controllo del pensiero.»
«È come dico io» ribatté Joe. «Ricordo ancora le città galleggianti! Io vivevo nel settore di Numui, dell’isola di Pasiphae.»
«Credete che questo provi qualcosa?» domandò Rend. «Io ricordo di aver lavorato al diciottesimo livello sotterraneo di Nuova Chicago. Il mio turno di lavoro era di venti giorni all’anno, tutto il resto del tempo lo passavo fuori, nelle foreste…»
«Non è così» replicò Foeren. «Non c’erano livelli sotterranei. Ricordo distintamente mio padre che era Controllore di Terza Classe. Ricordo che la nostra famiglia viaggiava ogni anno su vagoni, e che percorreva parecchie centinaia di miglia. Quando avevamo bisogno di qualcosa, mio padre pensava a questa cosa, ed ecco che c’era. Aveva promesso di insegnarmi il sistema, ma credo che non l’abbia mai fatto.»
«Be’» concluse Barrent «un paio di noi ha certamente dei ricordi sbagliati.»
«Questo è certo» ammise Joe. «Il problema è: chi di noi ha ragione?»
«Non lo sapremo mai» disse Rend «a meno che non si possa tornare sulla Terra.»
Questa frase concluse la discussione.
Verso la fine della settimana Barrent aveva ricevuto un altro invito dal Negozio dei Sogni. E più perentorio questa volta. Decise di togliersi l’obbligazione quella sera stessa. Controllò la temperatura e vide che era salita a oltre trenta gradi. Edotto però delle sorprese del pianeta riempì una borsa di abiti pesanti da portare con sé, e uscì.
Il Negozio dei Sogni si trovava nel settore più elegante del Corso della Morte. Barrent entrò in una piccola anticamera lussuosamente arredata e fu accolto dal sorriso artificiale di un giovane seduto dietro una scrivania.
«Posso esservi utile?» chiese. «Mi chiamo Nomis J. Arkdragen, assistente incaricato dei sogni notturni.»
«Vorrei sapere qualcosa in merito ai sogni» disse Barrent. «Come avvengono, che tipi di sogni, e altre cose di questo genere.»
«Naturalmente» rispose Arkdragen. «È presto detto, Cittadino…»
«Barrent. Will Barrent.»
Arkdragen annuì, e controllò il nome su una lista che aveva di fronte. Poi fissò Barrent.
«I nostri sogni sono prodotti tramite l’azione di droghe che agiscono sul cervello e sul sistema nervoso centrale. Ci sono molte droghe che producono gli effetti desiderati. Le più comuni sono l’eroina, la morfina, l’oppio, la cocaina, la canapa e la peyote. Tutte sono prodotti della Terra. Di Omega invece abbiamo la Slipper Nera, la nace, il manicee, la tri-narcotine, la djedalas, e tutti i vari prodotti del gruppo dei carmoidi. Ciascuna di queste droghe è induttrice di sogni.»