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— I tuoi compagni. Sì. Hai ragione, Glair. Navi che passano nella notte, ecco che cosa siamo. Non devo prendermi gioco di me stesso, illudendomi che tutto questo possa durare. Dovrei smetterla con questa mia licenza e tornare al SOA. E dovrei anche cominciare a dirti addio. — Le sue mani la afferrarono selvaggiamente. — Glair!

Lei lo abbracciò.

— Non voglio dirti addio. Non voglio restituirti alle stelle — le disse, e la strinse ancor più a sé. Glair sentì il tremito della disperazione che lo attraversava, e si aprì a lui, consolandolo nell’unico modo che conosceva.

Mentre ciò avveniva, lei pensò a Vorneen ed a Mirtin, e si domandò se erano ancora vivi. Pensò di lasciare quella casa e di andarli a cercare. Pensò a Dirna. Pensò alla nave che era andata distrutta, con il suo piccolo giardino e la sua piccola galleria di opere d’arte Dirnane.

Poi strinse con le mani l’ampia schiena di Falkner e cercò di scacciare quei pensieri dalla sua mente. Sul momento, almeno, ci riuscì. Sul momento.

CAPITOLO DICIOTTESIMO

Tutto quello che ci voleva, si disse David Bridger, era un po’ di intelligenza e molta perseveranza. Cosa c’era di così difficile nel rintracciare quel Dirnano? Bastava tenere le orecchie aperte, fare grandi sorrisi, rivolgere qualche domanda, e la cosa era fatta.

Naturalmente, non aveva ancora messo di fatto gli occhi su nessun Dirnano. Ma era ben certo di averne trovato almeno uno, ed in breve ne avrebbe avuto la conferma. Il primo, forse, avrebbe potuto condurlo dagli altri due. In ogni caso, già l’averne trovato uno era una grossa impresa. L’agente Kranazoi sogghignò e si tormentò tutto soddisfatto le pesanti mascelle. Tra poco, pensava, si sarebbe messo in contatto con la nave ed avrebbe trasmesso la notizia a Bar-79-Codon-zzz. Lei gli avrebbe dovuto un bel po’ di scuse, quando avesse saputo che era riuscito nella sua missione!

Si rannicchiò nella sua macchina parcheggiata e tenne gli occhi fissi sulla casa del colonnello Falkner.

Mettere insieme la storia era stata una faccenda piuttosto complicata. Per prima cosa gli era giunta all’orecchio la voce che nel deserto erano atterrati degli esseri di un disco volante… abbastanza vero. Poi aveva sentito dire che un certo ufficiale del SOA aveva preso parte alla ricerca ed aveva trovato qualcosa, ma invece di fare rapporto l’aveva deliberatamente tenuto nascosto. Quella era la diceria che Bridger aveva raccolto nella sala da cocktail. A quanto sembrava, l’ufficiale del SOA era andato in perlustrazione nel deserto con un mezzo cingolato e ne era ritornato con qualcosa o qualcuno. L’unico testimone era stato l’autista del cingolato, il quale non era un individuo molto sveglio, ma aveva capito che doveva essere successo qualcosa di strano. L’autista — così si diceva — era stato immediatamente trasferito ad una remota base militare nel nord del paese, ma non prima di essersi lasciato sfuggire qualche parola.

Il passo successivo di Bridger era stato quello di scoprire i nomi degli ufficiali che avevano preso parte a quella spedizione. Era stato difficile, ma non impossibile. In pochi giorni di indagini, Bridger era riuscito a sapere che la missione era stata guidata dal locale comandante del SOA, Falkner, e da un certo capitano Bronstein. Quelli erano logicamente gli uomini da tenere d’occhio. Non gli ci era voluto molto per scoprire i loro indirizzi; era straordinario, quanto gli fosse stata utile per le sue ricerche la biblioteca pubblica, con un elenco del telefono, una guida della città ed un archivio dei giornali. Quindi aveva noleggiato un’automobile e si era appostato per seguire il loro comportamento.

Ripetuti periodi di sorveglianza lo avevano convinto che Bronstein non poteva essere l’uomo che cercava. Il capitano non nascondeva nulla in casa, a parte una moglie dall’aria preoccupata e quattro figli.

Ma quel Falkner…

Viveva da solo in una casa spaziosa. Una cosa sospetta. Niente moglie; avevano divorziato l’anno prima, gli aveva detto un vicino. Teneva le finestre sempre opacizzate. Un’altra cosa sospetta. Usciva di rado, e solo per quelle che apparivano come brevissime sortite per fare la spesa. Una chiamata telefonica all’ufficio di Falkner lo informò del fatto che il colonnello era malato e che sarebbe stato via per un periodo indefinito. Forse perché aveva in casa un ospite particolare?

Bridger osservò per cinque giorni. Non poteva sapere che cosa succedesse là dentro, ma era convinto che Falkner avesse fornito asilo ad uno dei Dirnani scomparsi. Alla fine le finestre si schiarirono per un attimo, e Bridger vide un volto femminile. Naturalmente non poteva affermare con certezza che si trattasse di una Dirnana, ma ciò valse a confermare i suoi sospetti. Ora, doveva solo attendere che Falkner lasciasse di nuovo la casa, e penetrarvi. Non si aspettava che la Dirnana rispondesse ad uno sconosciuto che suonava il campanello della porta, ma aveva con sé l’attrezzatura per affrontare qualsiasi dispositivo di chiusura. Una volta dentro, avrebbe affrontato la Dirnana, le avrebbe rivolto a bruciapelo poche ed azzeccate parole, ed avrebbe osservato le sue reazioni. A meno che avesse preso un abbaglio clamoroso, l’avrebbe colta di sorpresa, e lei si sarebbe tradita; poi, non avrebbe dovuto far altro che prenderla in custodia sotto l’accusa di violazione degli accordi. Ed infine…

La porta si stava aprendo.

Il colonnello Falkner stava uscendo di casa.

Stavolta non sembrava semplicemente intenzionato a fare un po’ di spesa, però. Invece degli abiti civili indossava la sua uniforme, come se avesse terminato il periodo di licenza per malattia e stesse ritornando in ufficio. Bene, pensò Bridger. Ciò mi darà tutto il tempo di cui ho bisogno. Seguì con lo sguardo il colonnello che si allontanava. Poi, infilandosi in tasca l’attrezzatura che riteneva necessaria, Bridger fece uscire il suo grosso corpo dalla macchina e cominciò ad attraversare la strada per recarsi alla casa di Falkner.

— David! — esclamò una acuta voce femminile. — David Bridger!

Il Kranazoi si voltò, stupefatto. Quell’interruzione della sua concentrazione gli procurò un incontrollabile spasmo al sistema nervoso. Una ragazza stava correndo verso di lui… Leenore, così si chiamava, quella stupida adolescente che lo aveva agganciato al motel. Non avrebbe avuto alcuna intenzione di andarsi a cacciare in una relazione del genere, ma lei era lì, desiderosa, e lui era appena uscito dalla sua inutile visita a quell’assurdo Culto del Contatto, e sul momento lo aveva divertito vedere che cosa significava fare l’amore con una ragazza terrestre. L’aveva posseduta e dimenticata subito dopo. Che diavolo ci faceva lì, e perché era spuntata fuori proprio nel momento meno opportuno?

Ansimando, con i seni che ballonzolavano sotto il golfino, la ragazza lo raggiunse, tutta sorrisi. — Salve, David! Non sembri contento di vedermi!

— Leenore? Come mai… che cosa…?

— Io abito proprio qui vicino. Ti ho visto uscire dalla macchina, e ti ho riconosciuto subito. Sei venuto a trovarmi? Com’è carino da parte tua!

— Veramente, io… io…

— Sì, David?

— Senti, io sono qui per vedere qualcun altro, Leenore. Non sapevo che tu abitassi qui. Io… io ti verrò a trovare un’altra volta.

Lei gli fece il broncio. — Chi stai andando a trovare?

— Ha importanza?

— È solo una curiosità. Forse è qualcuno che conosco.

— Non lo conosci, te lo assicuro. Io…

Bridger non finì la frase. Qualcosa di piccolo e freddo era premuto contro la carne della sua schiena. Una bassa voce maschile disse: — Entra nella macchina, Kranazoi, e non fare sciocchezze. Questa è una granata anti uomo, e se opponi resistenza la userò su di te all’istante.

David Bridger — Bar-48-Codon-adf — ebbe l’impressione che il marciapiede sotto i suoi piedi si trasformasse in un baratro pronto ad inghiottirlo.

— No — disse. — State commettendo un errore. Io non sono Krana… chiunque sia quella persona. Io sono David Bridger di San Francisco, e…