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Quello non era amore, e Vorneen lo sapeva benissimo. Quello era un semplice passatempo.

Da dove proveniva, allora, quell’elemento indesiderato, inatteso ed imbarazzante di partecipazione emotiva?

Tutto era cominciato durante la seconda settimana di permanenza in casa della donna. Era in grado di ricostruire lo svolgersi di quel processo, ma non la sequenza emotiva. Sapeva che cosa aveva fatto, ma non come, o perché. Soprattutto non sapeva perché.

Dal giorno della visita di Kathryn all’ufficio del Culto del Contatto, Vorneen aveva capito che la donna era al corrente della sua origine extraterrestre. Naturalmente doveva averlo sospettato appena aveva cominciato a prendersi cura di lui; era una donna intelligente, ed il corpo di Vorneen era solo un’imitazione approssimativa di quello di un terrestre, sotto la superficie. Sarebbe bastata la sola evidenza metabolica — temperatura del corpo, mancanza di qualsiasi stimolo all’eliminazione dei rifiuti organici — per farle capire che era un alieno. Ma fino a quel giorno Kathryn non aveva mai dato alcun segno visibile di questa consapevolezza, anche se aveva colto lo sguardo negli occhi di lei quando aveva gettato sul letto quel mucchio di pubblicazioni del Culto del Contatto. Aveva letto tra le parole quando gli aveva raccontato della sua visita al quartier generale dell’organizzazione. Era come se gli avesse detto a chiari termini: — Quella società è solo un imbroglio, ma io so com’è fatto un vero alieno, perché ne ho accolto uno proprio in casa mia! — Dunque non valeva più fingere. Lei non aveva mai mostrato di volersi approfittare di ciò che sapeva, non aveva mai detto una parola, né rivolto una domanda sulla sua origine; ma sapeva, e Vorneen sapeva che lei sapeva, e così si era creata fra loro una specie di barriera che li aveva separati.

Kathryn si era tenuta sulle sue. Continuava a dormire nell’altra stanza, e quando lo lavava o gli fasciava la gamba fratturata, era evidente che la vista del suo corpo nudo la infastidiva. Vorneen aveva fatto una corretta diagnosi del problema sessuale della donna, seppure a livello puramente intuitivo, e non certo in riferimento a qualche schema di comportamento comune ai Dirnani. Lei lo desiderava, e nello stesso tempo aveva paura di lui… aveva paura dello stesso desiderio che provava per lui. E così si era allontanata.

La prima volta, quando le aveva proposto di dormire nel letto insieme a lui, Vorneen era sconvolto per il dolore, ancora malconcio ed ammaccato dall’impatto dell’atterraggio, ancora scosso e stordito per la morte quasi certa di Glair e per quella probabile di Mirtin. Aveva bisogno di calore. Aveva bisogno di vicinanza. Be’, lei si era rifiutata di accettare la sua proposta, ma gli aveva tenuto la mano, e questo era già abbastanza.

Dopo di ciò, lui aveva cominciato a desiderare molto di più. La voleva abbastanza vicina da poter esercitare su di lei le sue arti di seduzione. Ma Kathryn, naturalmente, non era stata al suo gioco.

Gli sarebbe piaciuto saperne di più, sulle abitudini locali terrestri. Aveva studiato i tabù tribali della Terra, nel corso delle sue sessioni di indottrinamento, e nei dieci anni trascorsi ad osservare quella gente dal cielo, si era formato un’opinione più chiara in proposito. Ma c’erano dei vuoti, nella sua conoscenza, e adesso cominciavano a rivelarsi come dei vuoti piuttosto gravi.

Il compagno di Kathryn era morto. Suo marito. Essi avevano solo un compagno per volta, sempre del sesso opposto, nel gruppo sessuale socialmente accettato sulla Terra. Lei era una «vedova». Alle vedove era forse richiesto da qualche usanza di rimanere caste per un certo periodo di lutto? Se era così, per quanto tempo? Suo marito era morto da un anno.

In casa c’era una bambina. Il rapporto sessuale era proibito, entro una certa distanza da un bambino? Era necessario mandar via il bambino, o andarsene in qualche luogo opportuno dove poter compiere l’atto?

E quanto ai riti religiosi? Precedevano invariabilmente qualsiasi rapporto fisico?

Vorneen non conosceva le risposte. Personalmente sospettava che Kathryn fosse libera di concedersi a lui ogni volta che l’avesse voluto, e che fosse dunque lei a non volerlo fare.

Di certo era riservata. Il suo atteggiamento nei confronti della sua nudità era complesso, poiché Vorneen era venuto a sapere che lei una volta aveva fatto parte di una casta sociale — quella delle infermiere — in cui alle giovani donne era consentito di guardare e maneggiare i maschi sofferenti senza alcuna inibizione. Perciò le reazioni non troppo nascoste mostrate al contatto con il corpo di Vorneen dovevano derivare da qualche conflitto di desideri dentro il suo animo, e non da qualche violazione di tabù tribali.

Kathryn gli teneva accuratamente nascosto il suo corpo. Nei molti giorni trascorsi in quella casa, Vorneen aveva visto nuda Kathryn solo una volta, e per puro caso. Era successo una sera dopo cena. Vorneen stava leggendo, e la bambina dormiva. Kathryn era in bagno. All’improvviso la bambina si era svegliata da qualche sogno spaventoso ed aveva cominciato a strillare. Vorneen, immobilizzato nel letto, non poteva fare nulla. Ma Kathryn aveva lasciato aperta la porta del bagno proprio in previsione di un’eventualità del genere. Vorneen la vide precipitarsi nel corridoio, nuda e sgocciolante d’acqua, ed offrirsi per un attimo ai suoi occhi, proprio davanti alla porta aperta della camera da letto, mentre correva verso la stanza della figlia. Dopo aver consolato Jill, tornò in bagno con la stessa velocità. Ma lui l’aveva vista. Il suo corpo era completamente differente da quello che Glair aveva scelto per sé. Glair aveva fatto uno studio accurato delle preferenze sessuali del nord America, ed aveva progettato un corpo che potesse suscitare il massimo del richiamo erotico. Kathryn, dal momento che doveva fare i conti con la sua eredità genetica, non poteva reggere il confronto con l’opulenza di Glair. Era più alta, con gambe lunghe e snelle, natiche piatte, seni piccoli. Il suo corpo sembrava costruito per correre e per sprizzare energia, più che per offrire dolcezza e morbidezza.

Vorneen non aveva nulla da obbiettare. I criteri in base ai quali Glair aveva disegnato il suo corpo non corrispondevano ai suoi criteri di bellezza femminile; i terrestri erano così estranei, come forma, che lui non aveva criteri di sorta in proposito. Per lui Kathryn era bellissima come Glair. Forse più, poiché Kathryn era autentica, e Glair soltanto una replica, sia pure ben riuscita.

Desiderava che Kathryn fosse meno pudica per quanto riguardava il suo corpo.

Desiderava che lei si infilasse nel letto, una notte, splendidamente nuda, e si concedesse a lui.

Successe, come era naturale. Ma successe in modo del tutto imprevisto e senza che lui dovesse ricorrere ad alcuno degli espedienti del suo repertorio.

La sua gamba rotta stava guarendo rapidamente, e lui capì che era venuto il momento di saggiarne la resistenza. Aveva oziato abbastanza a letto. Dal momento che il comunicatore della sua tuta si era fracassato nell’impatto, doveva alzarsi e muoversi se voleva sperare di essere rintracciato da una squadra di soccorso, e gli sembrava che la sua gamba fosse già abbastanza resistente da sopportare il peso del suo corpo. Una notte, dopo che Kathryn era andata a dormire, allontanò da sé le coperte e fece penzolare tutte e due le gambe dal bordo del letto.

Fu colto da un momento di vertigine. Era la prima volta che cercava di mettersi in posizione seduta sul letto. Annaspò e si afferrò per un attimo al materasso, aspettando che il suo corpo si riprendesse.

Poi, delicatamente, posò le piante dei piedi sul pavimento.

Vorneen rimase seduto, immobile, e rifletté. Si immaginò la gamba (rotta) che cadeva e si spezzava nel momento in cui esercitava pressione su di essa. Il suo corpo esteriore poteva anche essere artificiale, ma era collegato per via neurale con quello interno Dirnano; e, come aveva già avuto l’opportunità di scoprire, provava un dolore autentico quando il suo irreale involucro subiva qualche lesione. Forse sarebbe stato meglio attendere ancora un paio di giorni?