— Risolverà per noi un problema spinoso, Tom. Ti colpisce, se io ti dico che probabilmente saremmo felicissimi di un’eventualità del genere? Siete già fin troppo potenti. Quando partirete per l’esplorazione della galassia, potreste anche distruggere l’equilibrio tra Dirna e Kranaz, che regge da migliaia di anni. Noi vi temiamo. Ecco perché cercheremo di legarvi le mani con dei trattati, ma ci augureremo sempre di vedervi scomparire in una nuvola di fumo.
— Se è così che la pensate, perché non sbarcate un paio di dozzine di agitatori e non cercate di scatenare una guerra nucleare?
— Perché noi siamo un popolo civile, Tom — rispose Glair.
Falkner rimase un po’ in silenzio.
Poi domandò ancora: — Non hai infranto gli accordi, Glair, atterrando sul nostro pianeta?
— Ho fatto naufragio, non ricordi? Te lo garantisco, non ne avevo la minima intenzione.
— E permettendomi di scoprire ciò che eri veramente, allora?
— È stato necessario per poter sopravvivere. E, in base agli accordi, è molto meglio per me stare nascosta qui da te che essere esaminata in qualche ospedale governativo. In tal caso sarebbe davvero la fine.
— Ma tu mi hai raccontato ogni cosa, sulla guerra fredda galattica, sui Kranazoi e tutto il resto. Che cosa mi impedisce di preparare un rapporto completo per il SOA?
Gli occhi di Glair scintillarono. — A che ti servirebbe? Tu sai tutto sui rapporti di contatti, e sai anche come vengono ufficialmente considerati. Non passa giorno senza che qualcuno spunti fuori a raccontare di aver volato a bordo di un disco volante. Il rapporto va a finire al SOA, il SOA lo verifica, ed il risultato è zero. Non vi sono dati reali, a parte le segnalazioni degli strumenti rilevatori, le quali si limitano a dire che lassù c’è qualcosa.
— Ma se questo rapporto provenisse da un ufficiale del SOA?
— Pensaci, Tom! Non vi sono stati forse rapporti dalle persone più rispettabili? Senza dati concreti…
— Va bene, allora. Potrei portare te, insieme al mio rapporto. Ecco un Dirnano, potrei dire. Fategli qualche domanda sugli osservatori. O sui Kranazoi. Apritelo e guardate che cosa c’è sotto la sua pelle.
— Sì, potresti farlo — ammise Glair. — Solo che non lo farai. In realtà, non puoi farlo.
— No — riconobbe lui con calma. — Non posso. Se potessi, lo avrei già fatto all’inizio, invece di portarti a casa mia.
— Ed è per questo che ho avuto fiducia in te. Ed ancora ne ho. È per questo che ti ho raccontato tutti questi segreti, violando così gli accordi. Perché so che non mi tradirai, finché sarò con te. E dopo che me ne sarò andata, non avrà più importanza, poiché nessuno ti crederà. — Gli prese le mani e se le pose sui seni. — Ho ragione?
— Hai ragione, Glair. Solo… quando hai intenzione di andartene da me?
— Le mie gambe sono quasi guarite.
— Dove andrai?
— Devono esserci delle squadre di soccorso alla mia ricerca. Tenterò di mettermi in contatto con loro. O di trovare gli altri componenti del… — ebbe un attimo di esitazione — … del mio gruppo sessuale.
— Non vuoi restare, vero?
— Per sempre?
— Sì. Restare qui, e vivere con me.
Glair scosse dolcemente la testa. — Mi piacerebbe, Tom. Ma non sarebbe possibile. Io non appartengo a questo luogo, e le differenze tra di noi ucciderebbero chiunque.
— Ho bisogno di te, Glair. Ti voglio. Ti amo.
— Lo so, Tom. Ma cerca di essere realistico. Come ti sentirai, quando tu invecchierai ed io no?
— Tu non invecchierai?
— Tra cinquant’anni avrò lo stesso aspetto che ho oggi.
— Tra cinquant’anni io sarò morto — disse lui con un filo di voce.
— Vedi? E poi io ho la mia gente. I miei… amici.
— I tuoi compagni. Sì. Hai ragione, Glair. Navi che passano nella notte, ecco che cosa siamo. Non devo prendermi gioco di me stesso, illudendomi che tutto questo possa durare. Dovrei smetterla con questa mia licenza e tornare al SOA. E dovrei anche cominciare a dirti addio. — Le sue mani la afferrarono selvaggiamente. — Glair!
Lei lo abbracciò.
— Non voglio dirti addio. Non voglio restituirti alle stelle — le disse, e la strinse ancor più a sé. Glair sentì il tremito della disperazione che lo attraversava, e si aprì a lui, consolandolo nell’unico modo che conosceva.
Mentre ciò avveniva, lei pensò a Vorneen ed a Mirtin, e si domandò se erano ancora vivi. Pensò di lasciare quella casa e di andarli a cercare. Pensò a Dirna. Pensò alla nave che era andata distrutta, con il suo piccolo giardino e la sua piccola galleria di opere d’arte Dirnane.
Poi strinse con le mani l’ampia schiena di Falkner e cercò di scacciare quei pensieri dalla sua mente. Sul momento, almeno, ci riuscì. Sul momento.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Tutto quello che ci voleva, si disse David Bridger, era un po’ di intelligenza e molta perseveranza. Cosa c’era di così difficile nel rintracciare quel Dirnano? Bastava tenere le orecchie aperte, fare grandi sorrisi, rivolgere qualche domanda, e la cosa era fatta.
Naturalmente, non aveva ancora messo di fatto gli occhi su nessun Dirnano. Ma era ben certo di averne trovato almeno uno, ed in breve ne avrebbe avuto la conferma. Il primo, forse, avrebbe potuto condurlo dagli altri due. In ogni caso, già l’averne trovato uno era una grossa impresa. L’agente Kranazoi sogghignò e si tormentò tutto soddisfatto le pesanti mascelle. Tra poco, pensava, si sarebbe messo in contatto con la nave ed avrebbe trasmesso la notizia a Bar-79-Codon-zzz. Lei gli avrebbe dovuto un bel po’ di scuse, quando avesse saputo che era riuscito nella sua missione!
Si rannicchiò nella sua macchina parcheggiata e tenne gli occhi fissi sulla casa del colonnello Falkner.
Mettere insieme la storia era stata una faccenda piuttosto complicata. Per prima cosa gli era giunta all’orecchio la voce che nel deserto erano atterrati degli esseri di un disco volante… abbastanza vero. Poi aveva sentito dire che un certo ufficiale del SOA aveva preso parte alla ricerca ed aveva trovato qualcosa, ma invece di fare rapporto l’aveva deliberatamente tenuto nascosto. Quella era la diceria che Bridger aveva raccolto nella sala da cocktail. A quanto sembrava, l’ufficiale del SOA era andato in perlustrazione nel deserto con un mezzo cingolato e ne era ritornato con qualcosa o qualcuno. L’unico testimone era stato l’autista del cingolato, il quale non era un individuo molto sveglio, ma aveva capito che doveva essere successo qualcosa di strano. L’autista — così si diceva — era stato immediatamente trasferito ad una remota base militare nel nord del paese, ma non prima di essersi lasciato sfuggire qualche parola.
Il passo successivo di Bridger era stato quello di scoprire i nomi degli ufficiali che avevano preso parte a quella spedizione. Era stato difficile, ma non impossibile. In pochi giorni di indagini, Bridger era riuscito a sapere che la missione era stata guidata dal locale comandante del SOA, Falkner, e da un certo capitano Bronstein. Quelli erano logicamente gli uomini da tenere d’occhio. Non gli ci era voluto molto per scoprire i loro indirizzi; era straordinario, quanto gli fosse stata utile per le sue ricerche la biblioteca pubblica, con un elenco del telefono, una guida della città ed un archivio dei giornali. Quindi aveva noleggiato un’automobile e si era appostato per seguire il loro comportamento.
Ripetuti periodi di sorveglianza lo avevano convinto che Bronstein non poteva essere l’uomo che cercava. Il capitano non nascondeva nulla in casa, a parte una moglie dall’aria preoccupata e quattro figli.
Ma quel Falkner…
Viveva da solo in una casa spaziosa. Una cosa sospetta. Niente moglie; avevano divorziato l’anno prima, gli aveva detto un vicino. Teneva le finestre sempre opacizzate. Un’altra cosa sospetta. Usciva di rado, e solo per quelle che apparivano come brevissime sortite per fare la spesa. Una chiamata telefonica all’ufficio di Falkner lo informò del fatto che il colonnello era malato e che sarebbe stato via per un periodo indefinito. Forse perché aveva in casa un ospite particolare?