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Charlotte Garner si fermò improvvisamente, e dato che lei si teneva stretta al braccio sinistro di Tommy Hoffman, anche Tommy si fermò. Così all’improvviso che per un attimo quasi perse l’equilibrio. Si girò verso la ragazza e vide che lei stava fissando il sentiero.

— Guarda, Tommy — disse Charlotte. — Un topo di campo. E guarda cosa sta facendo!

Tommy guardò.

— Che mi venga un accidente!

Il topo di campo, in mezzo al sentiero a non più di mezzo metro da loro, si era messo a sedere come un cane della prateria. Ma a differenza di questi animali selvatici, l’animaletto agitava freneticamente nell’aria le zampe anteriori. Come se stesse cercando di far loro dei segnali. E teneva lo sguardo fisso nei loro occhi.

— Non ho mai visto un topo comportarsi così — disse Charlotte. — Sembra domestico, e non ha paura. Forse qualcuno l’ha addomesticato. Poi deve essere fuggito, ma continua a non avere paura della gente.

— Può darsi. Anch’io non ho mai visto un topo fare così. Okay, topo! Vattene, altrimenti ti schiacciano.

— Aspetta un momento — disse Charlotte staccandosi dal braccio di Tommy. — Se è domestico scommetto che si lascia prendere.

Ancora prima di finire la frase Charlotte si era chinata, e allungando una mano aveva preso il topo di campo. Charlotte era una ragazza dai movimenti rapidi e dai riflessi pronti. Stringeva il topo tra le mani prima ancora che Tommy avesse potuto protestare (se avesse voluto farlo) o prima che il topo potesse fuggire (se avesse voluto farlo).

— Oh, Tommy, com’è divertente!

— Okay, è divertente. Ma non vorrai portartelo appresso, vero, Charl?

— Lo metto giù subito, Tommy. Volevo solo vedere se si lasciava prendere, e dargli qualche carezza. Ahi! — Lasciò cadere a terra l’animaletto. — Il piccolo demonio mi ha morsicata.

Il topo di campo fuggì in mezzo al prato allontanandosi dal sentiero, ma fatto qualche metro si fermò per vedere se i due lo seguivano. Non ci pensavano affatto. Non lo guardavano nemmeno, e non si erano mossi.

— Ti ha fatto male? — domandò Tommy.

— No, è stata solo una puntura. Ma mi sono spaventata. — In quel momento la ragazza abbassò gli occhi verso terra. — Tommy! Guarda!

Il topo tornava correndo verso di loro. Raggiunse Tommy, e cominciò a salirgli lungo una gamba, ma con una manata il giovane lo scaraventò a qualche metro di distanza. L’animaletto tornò subito all’attacco… se quella di attaccare era la sua intenzione. Ma questa volta Tommy non l’aveva perso di vista, ed era pronto. Sollevò il piede e lo riabbassò di scatto. Si sentì uno scricchiolio. Poi con un colpo del piede Tommy liberò il sentiero da quello che era rimasto del topo di campo.

— Tommy! Dovevi proprio…

Il giovane si girò verso Charlotte, rabbuiato.

— Quell’animale doveva essere pazzo. Attaccarmi due volte! Senti, se il morso ti ha fatto uscire del sangue dobbiamo correre subito in città. Sarà il caso di portarci anche il topo, così potranno controllare se aveva la rabbia. Dove ti ha morso, Charl?

— Sul seno. È stato quando lo ho stretto contro di me. Ma non credo abbia fatto uscire del sangue… La camicetta si sarebbe sporcata, no? È stato un pizzicotto più che un morso. Non mi fa fatto male. Mi sono spaventata e l’ho lasciato andare.

— Dobbiamo controllare. Togliti… No, siamo ancora sul sentiero. Dobbiamo aspettare qualche minuto. Qui potrebbe venire qualcuno.

Prese la ragazza per un braccio e la trascinò lungo il sentiero, facendola quasi correre.

— Guarda, una tartaruga — disse Charlotte dopo una dozzina di passi.

Ma lui non si fermò.

— Non hai già giocato abbastanza con gli animali, oggi pomeriggio? Presto, Charl.

Fecero una dozzina di passi poi abbandonarono il sentiero e s’inoltrarono per un po’ fra alberi e cespugli, raggiungendo uno spiazzo da loro scoperto ed eletto a luogo dei loro incontri. Era una piccola radura erbosa riparata tutto attorno dagli alberi, e lontana dal sentiero quel tanto che bastava perché nessuno li sentisse anche se avessero parlato con tono normale di voce. Un perfetto nascondiglio. Appartato come una isola deserta senza averne gli svantaggi. Un posto magnifico e solitario. E facilmente accessibile per due giovani ai quali una passeggiata di tre chilometri di andata e tre di ritorno non faceva mancare il fiato.

Loro erano giovani, pieni di salute, e molto innamorati. Tommy Hoffman aveva venti anni. Charlotte Garner, diciotto. Avevano giocato insieme fin da bambini. Poi erano andati alla stessa scuola. Tommy, al quale non importava molto lo studio, aveva perso due anni e si era ritrovato con Charlotte.

Si erano innamorati diversi anni prima, e da sei mesi avevano deciso di sposarsi. Avevano parlato di questo loro progetto alle famiglie e i genitori si erano trovati d’accordo, tranne che sulla data delle nozze. Tommy voleva abbandonare gli studi e sposarsi subito. Non ci sarebbero state difficoltà, diceva. Il padre di Tommy era vedovo, e lui era l’unico figlio. Vivevano in una fattoria molto grande (quando l’avevano costruita, il signor Hoffman pensava di poter avere una grande famiglia), così non solo ci sarebbe stato posto per Charlotte, ma anche per i loro figli. Se e quando ne avessero avuti. Tommy sapeva alla perfezione come condurre una fattoria e avrebbe potuto aiutare suo padre in modo valido, e non come adesso solo durante le ore di libertà. Charlotte si sarebbe presa cura della casa, e tutti insieme avrebbero guadagnato più di quello che era necessario. Questa sarebbe stata, a ogni modo, la soluzione che avrebbero scelto finiti gli studi. Dunque, perché aspettare? Cosa poteva servire a un fattore il diploma delle scuole superiori? Suo padre, faceva osservare Tommy, non era andato più in là della licenza elementare, ed era riuscito a cavarsela alla perfezione. Oltre tutto, né lui né Charlotte desideravano finire le scuole. Non era esatto dire che odiassero lo studio, tuttavia pensavano che studiare tanto non sarebbe stato di nessuna utilità, a nessuno dei due. Cosa poteva servire la storia o l’algebra a un fattore, o alla moglie di un fattore?

Come succede sempre in queste discussioni quando tutte e due le parti parlano in modo amichevole, venne raggiunto un compromesso. Non sarebbe stato necessario perdere due anni e finire la scuola. Ma se avessero aspettato un anno, fino a quando Tommy avesse compiuto ventun anni e Charlotte diciannove, e se avessero nel frattempo continuato la scuola, il padre di Tommy e i genitori di Charlotte non avrebbero avuto niente in contrario che si sposassero.

Questo era successo sei mesi prima, e ora dovevano aspettare solo altri sei mesi. In un certo senso, però, per i due giovani l’attesa era terminata il mese prima. Avevano resistito, Charlotte almeno, fino al giorno in cui passeggiando in mezzo agli alberi avevano scoperto quel piccolo angolo di paradiso. Quel giorno il tempo era troppo bello, i baci troppo meravigliosi, le carezze troppo appassionate. Così la biologia aveva preso il sopravvento.

Non c’erano state lacrime né rimpianti. Quella loro esperienza era stata insolitamente meravigliosa. Naturamente, non avendo precisi termini di paragone, non potevano sapere che fosse insolitamente meravigliosa. Solo che era una cosa molto, molto bella. Non ebbero rimpianti o rimorsi di coscienza né in quel momento né in seguito. Era stato loro insegnato che il sesso fuori del matrimonio era un peccato. Ma il loro non poteva essere un peccato. Si sarebbero sposati senz’altro. Intanto davanti agli occhi di Dio, se c’era un Dio che si occupava di queste cose, Tommy e Charlotte si consideravano già marito e moglie. E non c’era dubbio che anche Lui li considerasse già sposati, perché erano molto, molto innamorati.