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«Già, scappano se hanno modo di scappare. Quel Titanico era troppo vicino al muro, rispetto alla sua mole, naturalmente. E gli uomini gli stavano correndo addosso, disposti a semicerchio. Fu preso dal panico, certo, ma non fuggì. Si mise a strillare tanto che credevo di diventare sorda, e vidi Jonathan Danielson fermarsi allibito. Toccò a lui d’essere preso dal panico. Invece di ordinare agli altri di fare subito dietrofront e mettersi al sicuro, si mise a correre qua e là come un matto, strillando anche lui. Gli altri non sapevano più cosa fare. Alcuni seguivano Jonathan, altri rimasero fermi a fissare il Titanico, altri ancora continuarono a correre verso la corda. E allora, improvvisamente, il mostro sollevò una zampa e si mise a scalciare. Lo fece una volta sola, ma bastò perché tutti restassero colpiti, con le conseguenze che sai. Io ero così adirata, spaventata e sbalordita che mi ritrovai sospesa a un’altra corda, prima che potessi pensare a neutralizzarla. Quando ci pensai, era tardi: ero già troppo in alto.»

«Capisco. Non potevi fare diversamente. Se avessi neutralizzato la corda, quando ti stava sollevando, saresti caduta e morta. E poi ti hanno portato qui?»

«Poi i mostri mi hanno portata qui» disse la ragazza. «E adesso, Eric, hanno portato qui anche te. A dividere con me questa gabbia.»

19

Quella ragazza lo metteva decisamente a disagio con la sua disinvoltura. Era così diversa dalle donne della sua tribù. Eric era perplesso e confuso. Una cosa gli risultava chiara: Stranieri e Gente di Aaron, a quanto risultava dalla sua esperienza personale e da quanto gli aveva raccontato adesso Rachel, non valevano niente, come guerrieri. Si lasciavano prendere dal panico, non sapevano comandare, ignoravano la disciplina. D’altro canto, a mano a mano che ci si addentrava nei cunicoli, le tribù si rivelavano, sì meno ardite e coraggiose, però erano più esperte nel fabbricare utensili e altri oggetti, e soprattutto più versate nelle scienze. Guardò Rachel che nel frattempo aveva continuato a osservarlo, e le chiese: «Quel neutralizzatore di cui mi hai parlato, dovrebbe servire a rendere la pariglia ai Titanici?»

«Certamente. Tutto quello che stiamo facendo fa parte di un progetto teso a questo scopo. Senti, sei già sposato?»

«No, non ancora… Ma di che tipo è il tuo progetto? Voglio dire, si basa sulla Scienza ancestrale o su quella titanica?»

La ragazza si strinse nelle spalle, con aria sdegnosa. «Noi di Aaron non abbiamo di queste superstizioni» rispose. «Le abbiamo abbandonate da un pezzo. Il nostro progetto è nuovo di zecca e, soprattutto, è reale. È diverso da tutti quelli di cui puoi avere avuto sentore, ed è anche l’unico che può funzionare… Ma come mai un bel ragazzo come te, un guerriero robusto e giovane, non ha ancora una compagna?»

«Sono guerriero solo da pochissimo tempo. Ho superato da poco la prova dell’iniziazione… Ma se i vostri progetti non si basano sulla Scienza titanica…»

«È solo per questo che non hai ancora una compagna? Perché hai appena superato le prove dell’iniziazione?»

«Ecco…» disse Eric con aria dignitosa, «ci sono anche dei motivi personali che preferirei non discutere. M’interessa sapere in che modo il vostro progetto…»

Lei sorrise scuotendo la testa. «Uomini e donne» osservò. «Due razze diverse. Se non fosse per il problema sessuale, non avremmo proprio niente in comune… Non posso dirti altro del progetto. Anzi, ho già parlato troppo. Voglio invece discutere con te il problema dell’accoppiamento, i pro e i contro, insomma tutti gli aspetti della faccenda. È questo che m’interessa, adesso. Dimmi quali sono gli altri motivi, i motivi personali, Eric.»

«Sono figlio unico» mormorò lui, dopo avere esitato.

«Oh… vuoi dire che non sei nato da un parto plurimo. Tua madre ha avuto un figlio solo… Capisco. Le ragazze della tua tribù temevano che potesse essere un fattore ereditario. Beh, per me non costituisce un problema. C’è altro?»

«No, nient’altro» rispose lui, seccato. «Ma come puoi dire che non è un problema? Cosa può esserci di peggio che non essere capaci di generare molti figli in una sola volta?»

«Oh, ci sono molte cose peggiori, Eric, ma non è il momento di parlarne. Se t’interessa, però, sappi che fra la mia gente i parti plurimi sono alquanto rari. Al massimo, le donne mettono al mondo dei gemelli. Se dài tanta importanza ai parti plurimi, allora apprezzerai i Selvaggi, che mettono al mondo figliate di cinque o sei piccoli alla volta. Credo che questo fenomeno sia in rapporto alla distanza genetica coi nostri avi. O forse è da attribuirsi al maggiore o minore tasso di mortalità infantile. Io, personalmente, preferisco un parto singolo, specie qui, dove non ho nessuno che possa assistermi durante il parto.»

Eric era esterrefatto. «Parto? Qui? Vuoi dire che pensi a… che stai suggerendomi di…»

«Mio caro stallone barbaro, io non penso e non suggerisco. Io propongo. Propongo un’alleanza fra te e me, perché da questo giorno in avanti siamo uniti nel bene e nel male, nella salute e nella malattia. Accetti o non accetti?»

«Ma perché? Non mi avevi mai visto fino a mezz’ora fa, non sai niente di me, apparteniamo a tribù diverse. Senti, Rachel, non è che voglia accampare pretesti, ma… mi pare che tu precipiti un po’ le cose. Se hai un motivo per farlo, spiegamelo, perché io non capisco.»

«Sì, un motivo c’è. Anzi, ce ne sono molti. Sorvoliamo sul fatto che più passa il tempo, più invecchio, e che una ragazza deve pensare al proprio avvenire. Sorvoliamo anche sul fatto che mi piaci, mi sei simpatico e credo che tu sia un bravo ragazzo. Sono tutti buoni motivi, ma non essenziali. Il motivo essenziale» proseguì Rachel, stringendogli una mano, «è che dobbiamo cercare di vivere. Da come si sono comportati finora i Titanici con me, è evidente che hanno capito che sono una femmina. Prima dei Selvaggi, infatti, hanno messo nella mia gabbia anche altri uomini, e ci hanno osservato. Quando hanno visto che non… insomma che ognuno se ne stava per proprio conto, li hanno tolti dalla gabbia. E puoi immaginare come siano finiti quei disgraziati.» Rabbrividì al ricordo. «L’ultimo intuì quello che volevano da noi i Titanici, ma io… io rifiutai. Però, ripensandoci, capii che lui aveva ragione. Poi hanno cominciato con i Selvaggi, e io proprio non potevo accettare per marito un Selvaggio, il quale, magari, avrebbe preferito mangiarmi. Infine hanno portato qui te. Hai visto come ci osservava il Titanico. Se n’è andato soltanto dopo avere constatato che eravamo diventati amici. Dunque, sanno che sono una femmina, e vogliono farmi accoppiare. Ora, Eric, credimi se ti dico che non mi entusiasma l’idea di collaborare alle loro ricerche sulla razza umana, ma accontentandoli forse allontaniamo il pericolo. Se vedono che… che non andiamo d’accordo, magari si stancano e ci sopprimono tutti e due. Se invece…»

Rachel tacque. Eric era dibattuto fra diversi sentimenti, ma quando riacquistò la calma e ci ragionò sopra, non poté non darle ragione. Nella loro situazione, ora come ora, il meglio da fare era accontentare i Titanici. E non poteva lamentarsi. Rachel non solo era una bellissima ragazza, ma era anche intelligente e sapeva molte cose che avrebbero potuto essere utili in avvenire nella lotta contro il comune nemico. D’accordo, niente da ridire. Ma lui era un uomo e un guerriero, e il matrimonio era una cosa seria, da compiersi con la dovuta dignità, secondo le regole tradizionali.

«Girati» disse. «Voglio guardarti.»

Rachel obbedì docilmente, come lui si era aspettato. A qualunque tribù appartenessero, i costumi e le usanze dell’Umanità non differivano, in certe cose. Il Diritto di Esame da parte dell’uomo era uguale ovunque.

Dopo un poco, Eric arretrò di un passo, soddisfatto, le braccia conserte, a indicare che l’esame era terminato.