— Contro chi volete creare questo arsenale? Perché dovremmo avere bisogno di un intero pianeta destinato alla fabbricazione di bombe termonucleari?
— L’ONU potrebbe avere bisogno di queste bombe — rispose seccamente Cleaver. — Non è poi passato molto tempo da quando c’erano ancora sulla Terra nazioni ribelli, e ciò potrebbe ripetersi una seconda volta. E non va nemmeno dimenticato che le armi termonucleari durano soltanto qualche anno e non si possono immagazzinare indefinitamente, come le bombe a fissione. Il tempo di dimezzamento del tritio è brevissimo, e nemmeno il lithio-6 è molto longevo. Immagino che voi ignoriate questo particolare. Ma credetemi senz’altro, le forze dell’ONU non sarebbero scontente di avere a loro disposizione una riserva praticamente inesauribile di bombe a fusione, e di mandare al diavolo il problema dei Rifugi!
«D’altra parte, se ci avete mai pensato, sapete quanto me che questa continua annessione di pianeti pacifici non durerà in eterno. Prima o poi, che accadrà se il pianeta che abborderemo si rivelerà un mondo come la Terra? I suoi abitanti si batteranno per restare al di fuori della nostra influenza. Oppure, che accadrà se il prossimo pianeta si rivelasse l’avamposto di un’intera federazione, forse più potente della nostra? Se questo giorno dovesse venire, e verrà certamente, saremo più che felici di poter colpire il nemico da un polo all’altro con bombe a fusione e di chiudere i conti col minor numero di vittime possibile.»
— Da parte nostra — soggiunse Ruiz-Sanchez.
— C’è forse un’altra parte?
— Per Giove, non è poi un’idea da buttarsi via — disse Agronski. — Tu che ne dici, Mike?
— Non sono ancora troppo sicuro — rispose Michelis. — Il fatto è, Paul, che io continuo a non capire perché tu abbia creduto necessario fare il cospiratore con tutti noi. Ora ci hai esposto onestamente le tue ragioni, e in esse c’è molta verità, ma tu stesso hai confessato che intendevi servirti dell’inganno per farci venire dalla tua parte. Perché? Non avevi fiducia nelle tue ragioni?
— Esattamente — rispose Cleaver, aggressivo. — Non mi sono mai trovato a far parte d’una commissione come la nostra prima d’ora: una commissione senza un presidente definito e con un numero pari di membri, così che in caso di divergenza d’opinioni non c’è modo di avere una maggioranza. Una commissione in cui la voce di un uomo la cui testa è infarcita di ipocrite distinzioni morali d’una metafisica vecchia di tremila anni ha lo stesso peso di quella d’uno scienziato.
— Tu stai esagerando un poco, Paul — disse Michelis.
— Lo so. Se si tratta di questo, sono disposto a dichiarare qui come altrove che il Padre è un biologo stupendo. L’ho visto lavorare e non c’è nessuno migliore di lui, senza contare che ci sono novantanove probabilità su cento che mi abbia salvato la vita. Questo fa di lui uno scienziato al pari di noi… ammesso che la biologia sia una scienza.
— Grazie — disse Ruiz-Sanchez. — Se figurasse un po’ più di storia nella vostra formazione culturale, Paul, sapreste anche che i Gesuiti furono tra i primi esploratori a entrare in Cina, in Paraguay e nelle solitudini selvagge del Nord America. Forse allora non vi sareste tanto stupito nel vedermi qui.
— È possibile. Tuttavia questo non ha nulla a che vedere col problema come lo concepisco. Rammento di avere visitato una volta i laboratori di Notre Dame, dove i Gesuiti hanno creato un vero piccolo mondo di piante e animali in un ambiente rigorosamente sterile, e ne hanno tratto non so quanti miracoli fisiologici. Mi sono allora chiesto come un individuo potesse essere un così perfetto scienziato e nello stesso tempo un così buon cattolico, o comunque religioso. Mi sono chiesto in quale compartimento del loro cervello quei Gesuiti riponessero la loro religione e in quale la loro scienza. E aspetto ancora una risposta.
— Non ci sono compartimenti, nei loro cervelli — disse Ruiz-Sanchez. — Perché le due cose formano un tutto unico.
— Sì, me l’avete già detto una volta, quando ne abbiamo parlato. Tuttavia, quest’affermazione non è una risposta; anzi, mi ha convinto ancora di più che i miei sotterfugi erano assolutamente necessari. Non volevo correre il rischio che qui, su Lithia, questi compartimenti finissero col collegarsi troppo tra loro. Era mia intenzione isolare il sacerdote al punto che la sua voce venisse ignorata dagli altri. Ecco perché mi sono messo a fare il cospiratore. Ho fatto forse la figura dello stupido, perché suppongo che ci voglia un certo allenamento per diventare un buon agente provocatore, e tutto sommato, avrei dovuto pensarci prima.
Ruiz-Sanchez si chiese quale sarebbe stata la reazione di Cleaver quando avesse scoperto, ed era solo questione di tempo, ormai, che i suoi piani si sarebbero realizzati anche senza bisogno che lui alzasse un dito. Naturalmente, quell’uomo dedito alla Scienza, votato alla più grande gloria dell’uomo, non poteva che attendersi un fallimento: era la fallibilità dell’uomo. Ma avrebbe potuto capire Cleaver, attraverso la sua ordalia, che cosa era accaduto a Ruiz-Sanchez quando aveva scoperto la fallibilità di Dio? Sembrava poco probabile.
— Il fatto è che non mi pento di avere tentato — stava dicendo Cleaver a mo’ di conclusione. — Mi dispiace soltanto di avere fatto fiasco!
CAPITOLO SETTIMO
Una breve pausa, penosa.
— È tutto? — domandò Michelis.
— È tutto, Mike. Oh… un’altra cosa. Il mio voto, se qualcuno fosse ancora in dubbio, è di tenere chiuso il pianeta. Il motivo l’ho detto.
— Ramon, volete parlare voi, ora? — disse Michelis. — Ne avete certamente il diritto, visto che siete stato, attaccato personalmente. L’atmosfera è un po’ accesa, in questo momento, temo.
— No, Mike, parlate voi.
— Non sono ancora pronto a parlare, a meno che la maggioranza non lo esiga. Tu, Agronski?
— Sì, certo — disse Agronski. — Come geologo, e come individuo che non ama i ragionamenti elaborati, sono dalla parte di Cleaver. Non vedo argomenti pro o contro questo pianeta, all’infuori dei motivi di Cleaver. È per così dire un pianeta normale, tranquillo, non molto ricco dal punto di vista delle nostre necessità… sì, quel gchteht è un’ottima bevanda: ma è un genere di lusso… e che pare non possa darci alcun guaio, almeno a quanto ho potuto vedere. Potrebbe rappresentare un buon scalo, ma di tanti altri mondi in questa regione della Galassia si può dire la stessa cosa.
«Sarebbe anche un arsenale eccellente, nel senso con cui Cleaver intende arsenale. Per il resto è così privo d’interesse come l’acqua di uno stagno. La sola altra risorsa che possa offrire è il titanio, che non è poi così scarso sulla Terra, al giorno d’oggi, come Mike ha l’aria di credere; e una certa quantità di pietre preziose e di pietre dure, che possiamo fabbricare benissimo sulla Terra, senza aver bisogno di andarle a cercare a cinquanta anni luce. Secondo me, ci sono due soluzioni: o fare di questo pianeta uno scalo, trascurando tutto il resto, o seguire la proposta di Cleaver.»
— E voi per quale soluzione optereste? — domandò il Gesuita.
— Be’… Qual è la più importante, Padre? Di pianeti scalo, non ce n’è forse a iosa? Mentre, pianeti che possano essere trasformati in laboratori nucleari non se ne trova molti: Lithia è il primo che si possa utilizzare in questo senso. Perché allora utilizzare questo pianeta a scopi banali, visto che si tratta di un pianeta che ha una caratteristica unica? Perché non applicare il «rasoio di Occam», la legge della parsimonia? Risulta valida per qualsiasi altro problema scientifico che sia stato mai affrontato.
— Il «rasoio di Occam» non è una legge naturale — disse Ruiz-Sanchez. — È soltanto una comodità euristica… un trucco per apprendere, in altre parole. E inoltre, Agronski, dice di scegliere la soluzione più semplice che rispetti tutti i dati del problema. E voi non avete tutti i dati: vi mancano i più importanti.