— Perché non abolite direttamente gli interventi di Egtverchi, vietandogli di apparire? — chiese Liu.
— La concessione ci obbliga a rispettare il diritto della libertà di parola, così, fino a quando la Bifalco investirà quattrini nella rubrica di Egtverchi, noi dovremo continuare la trasmissione. In fondo, il principio non è sbagliato. In passato ci sono stati alcuni casi che minacciavano di far sorgere guai, ma in ogni caso li abbiamo lasciati parlare, e alla fine il pubblico si è stancato. Però, allora, il pubblico era diverso: era la totalità degli spettatori, che in maggioranza è sana di mente. Il Serpente, invece, ha un pubblico selezionato, e questo suo pubblico non è affatto sano di mente. Questa volta… per la prima volta… pensiamo di interferire nella situazione. È per questo che siamo venuti da voi.
— Non posso aiutarvi in nulla.
— Sì, lo potete e ci aiuterete, dottor Michelis. Parlo in questo momento in nome della rete televisiva e in nome dell’ONU. La rete televisiva vorrebbe interrompere le emissioni di Egtverchi e l’ONU da parte sua fiuta nell’aria qualche cosa che potrebbe rivelarsi peggio ancora dei famosi tumulti di Corridoio del 1993. Siete stato voi a far da padrino al Serpente ed è stata vostra moglie ad allevarlo. Voi lo conoscete meglio di chiunque altro. Dovrete dunque fornirci contro di lui le armi che ci occorrono. In base alla legge di naturalizzazione, siete responsabile dei suoi atti. Non è una legge che tiriamo in ballo facilmente, ma questa volta intendiamo farlo. Decidetevi in fretta, perché dobbiamo sbarazzarci di lui prima della prossima trasmissione.
— E se non avessimo nulla da suggerirvi? — disse Michelis, gelido.
— Dichiareremmo che il Serpente è minorenne e che voi siete i suoi tutori — disse l’uomo dell’ONU. — Cosa che non è affatto una soluzione, dal nostro punto di vista, ma che rischia d’essere molto sgradevole per voi. Nel vostro stesso interesse, fareste bene a trovare una soluzione. Spiacente di essere portatore di così brutte notizie, ma sono cose che capitano. Buonanotte e grazie.
Uscì. Rimasti soli, Michelis e Liu si guardarono sgomenti.
— Non è più possibile, ormai, tenerlo sotto tutela — bisbigliò Liu.
— Be’ — disse seccamente Michelis — parlavamo di avere un figlio…
— Mike!
— Scusa — disse. — Quel figlio di un cane dell’ONU! È stato lui a concedere la naturalizzazione, e ora ci butta tutto sulle spalle. Devono essere veramente in condizioni disperate. E noi che faremo? Non ne ho la minima idea.
Liu disse, dopo un istante di esitazione: — Mike, noi non sappiamo abbastanza per trovare qualcosa di utile nel giro di una sola settimana. A meno di non riuscire a metterci in contatto col Padre…
— Se potessimo — disse Michelis a bassa voce. — Ma a che servirebbe? L’ONU non gli darebbe retta… lo hanno già bell’e scavalcato.
— Come? Che cosa vuoi dire?
— Che hanno preso de facto una decisione in favore di Cleaver. Non sarà proclamata prima che la Chiesa abbia sconfessato Ramon, ma la cosa è già in atto. Lo sapevo già prima che lui partisse per Roma ma non ho avuto il coraggio di dirglielo. Lithia è stata chiusa. L’ONU ha intenzione di utilizzare quel pianeta per lo studio dell’immagazzinamento dell’energia nucleare: non esattamente quella che era l’idea originaria di Cleaver, ma qualcosa di molto simile.
Liu rimase a lungo in silenzio. Infine si alzò e andò avanti al vetro dove le api continuavano a cozzare ronzando.
— E Cleaver lo sa? — domandò, sempre di spalle al marito.
— Oh, sì, lo sa. È a lui che sono affidate le operazioni. Doveva sbarcare a Xoredeshch Sfath ieri. Ho cercato di avvertirne indirettamente Ramon, per questo avevo disposto quella faccenda della collaborazione al «Journal», ma Ruiz-Sanchez non ha afferrato nessuna delle mie allusioni. Ed io non me la sentivo di dirgli freddamente che la sua causa era perduta prima ancora che lo si fosse ascoltato.
— È terribile — disse lentamente Liu. — Perché aspettano che Ramon sia ufficialmente scomunicato per annunciare la notizia? Che differenza può esserci?
— Perché la decisione non è onesta, ecco tutto — disse Michelis, quasi con ferocia. — Che si sia o no d’accordo con gli argomenti teologici di Ramon, decidere in favore di Cleaver è una sporca azione, indifendibile se non come abuso di potere. Lo sanno perfettamente, e prima o poi dovranno pur rivelare all’opinione pubblica quali fossero gli argomenti contro. Ma per quel giorno, vogliono che gli argomenti di Ramon siano stati già screditati dalla Chiesa.
— E Cleaver, che cosa sta facendo esattamente?
— Esattamente, non saprei. Ma credo che stia costruendo un enorme generatore Nernst nel continente australe, presso Gleshchtehk Sfath, per produrre energia, così che questa parte almeno del sogno di Cleaver è già realizzata. In seguito, cercheranno di utilizzare l’energia greggia, così com’è prodotta, invece di degradarla e di buttarne via il 95 per cento sotto forma di calore. Non so come Cleaver si proponga di farlo, ma immagino che comincerà con una modificazione dell’effetto Nernst stesso: il principio della «bottiglia magnetica». Farà bene ad essere molto prudente. — Tacque per un istante. — Credo che ne avrei parlato a Ramon, se mi avesse fatto qualche domanda. Ma non mi ha chiesto nulla, e io non gli ho detto nulla. E ora mi sento un vigliacco.
A queste parole Liu si voltò bruscamente e venne a sedersi sul bracciolo della poltrona di Michelis.
— Era la sola cosa che tu potessi fare, Mike — gli disse. — Non è una viltà rifiutarsi di togliere a un uomo la speranza, penso.
— Forse no — disse Michelis, prendendole una mano con gratitudine. — Ma il risultato di tutto questo è che Ruiz-Sanchez non può più aiutarci, ora. Grazie a me, non sa nemmeno che Cleaver è tornato su Lithia.
CAPITOLO SEDICESIMO
Era sorta da poco l’alba quando Ruiz-Sanchez s’avviò nell’amplissimo cerchio della Piazza San Pietro, verso la cupola maestosa della Basilica stessa. Malgrado l’ora mattutina, la piazza formicolava di pellegrini, e la cupola sembrava sorgere corrucciata dalla foresta di colonne come la fronte stessa di Dio.
Il Gesuita passò davanti alle guardie svizzere vestite delle loro uniformi pittoresche e varcò la porta di bronzo. Si fermò un istante, per mormorare, con un fervore inatteso, le preghiere per il Santo Padre, prescritte per l’Anno Santo. Dinanzi a lui si elevava il Palazzo Apostolico; Ruiz-Sanchez si stupì che un edificio così pieno di marmo riuscisse ugualmente a parere così spazioso; comunque, ora non aveva tempo per altre preghiere.
A destra della prima porta, un uomo era seduto a un tavolo.
— Ho ricevuto l’ordine di presentarmi a un’udienza speciale presso il Santo Padre.
— Il Signore vi ha benedetto. L’ufficio del maggiordomo è al primo piano a sinistra. No, un momento… udienza speciale, avete detto? Posso vedere la vostra lettera, per cortesia?
Ruiz-Sanchez gliela porse.
— Benissimo. Comunque, dovrete sempre vedere il maggiordomo. Le udienze speciali hanno luogo nella Sala del Trono; vi indicherà la strada.
La sala del Trono! Più che mai, Ruiz-Sanchez si sentiva a disagio. Era là che il Santo Padre riceveva i capi di Stato e i membri del Collegio dei Cardinali. Non era certo quello il luogo in cui ricevere un Gesuita eretico, di basso rango…
— La Sala del Trono — disse il maggiordomo. — È la prima porta nell’ala dei ricevimenti. Vi auguro ogni bene, Padre. Pregate per me.