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La salita al vulcano era ripida, e il vento portava dalla spiaggia minuti granelli di terra che gli pungevano il viso. Nel cielo i cumuli erano scomparsi fondendosi con il grigio uniforme. E lontano, a ovest, si erano ammassate nubi minacciose. Graham proseguì scalando le rocce e i tumuli, aiutandosi con le mani quando la salita si faceva troppo ripida, attraversando rare zone coperte di timida erba. Incontrava poche statue adesso, ma le impronte nel basalto continuavano. Conclusa finalmente l’ascesa al Rano Raraku, Graham si guardò attorno attraversando il cantiere degli scultori. Statue ultimate o incompiute coprivano il versante esterno del cratere nel più stupefacente spettacolo che sia dato di vedere sulla Terra. La maggior parte di quelle statue giacevano al suolo, ma non per questo avevano perso il loro impressionante aspetto. Qualche testa sembrava sorgere dal terreno. Gli occhi immobili fissavano sul mare uno sguardo senza espressione. Una volta ancora Graham fu colpito dalla maestosa imponenza degli uomini di pietra. A quale razza imperiosa avevano appartenuto? Notò un particolare grottesco: tutte le teste erano completamente piatte sulla nuca, e questo particolare dava loro una strana angolosità che suggeriva l’idea di un diverso sistema geometrico. Ma qualunque fosse l’atteggiamento di quelle statue, esse avevano un’aria di superiorità senza senso. Quel posto era qualcosa di più di un cantiere da scultori. Era il cimitero degli dèi! Il mare faceva arrivare fin lì il suo tuono. Graham avanzò ancora. Le impronte continuavano oltre le statue e sparivano nel cratere. Certamente Graham aveva fatto mille supposizioni su quello che avrebbe trovato in quel posto, ma la possibile realtà superò tutte le ipotesi.

Ai suoi piedi si stendeva il cratere del Rano Raraku. Era pressappoco quale se lo ricordava dalle sue precedenti esplorazioni, ma con una differenza: l’immagine perduta, la statuetta verde era là, al centro del cratere, posata su un piedestallo della stessa sostanza che la componeva, e le tracce dei passi giganteschi si fermavano davanti all’altare di quel dio mostruoso.

Ma non fu soltanto la vista della statuetta che immobilizzò Graham. Malignamente l’idolo tremolava sulla sua base nel compimento dell’intero ciclo delle sue trasformazioni, massa d’energia pura dai contorni indefiniti, metallo, liquido, incubo… Pigmeo e Titano pronto a scatenarsi nello spazio, cerchio, angolo, solido, di una geometria sconosciuta, splendido di un colore che gli uomini non avevano mai visto. Una fiamma continua sembrava possederlo e circondarlo, non bruciante e non fredda, ma insopportabile nella sua intensità immutabile. Anche il blocco che sosteneva l’idolo sembrava percorso dalle stesse vibrazioni. Poi dalla statuetta scaturì una colonna luminosa che si innalzò nel cielo perdendosi nello spazio. Affascinato dal fenomeno, Graham alzò lo sguardo a fissare quella forza che esulava da tutte le cognizioni scientifiche terrestri. La colonna di luce trapassò le nubi. L’archeologo chiuse per un attimo gli occhi doloranti. Istintivamente capiva che l’idolo verde avocava a sé, per mezzo di quell’incredibile pilastro fosforescente, una sbalorditiva energia che gli giungeva dagli abissi del tempo. Tornò a guardare. La colonna ingigantiva e intensificava la sua luminosità tingendola di un colore irreale, e il suo ingrandirsi continuava, lentamente ma inesorabilmente.

Graham vacillò, cercò di ritrovare l’equilibrio… Il mare sconvolto si gonfiava furiosamente, il vento ululava più forte, l’isola intera aveva sussultato. Già altre due volte Graham aveva avvertito quei tremiti. Che l’Isola di Pasqua stesse per essere inghiottita dalle acque del Pacifico?

La colonna scintillante e la statuetta non si erano mosse, ma lo scienziato si accorse che si espandevano. Contro ogni logica, Graham cominciò ad avanzare verso il flusso brillante, scese entro il cratere inciampando nell’antica lava solidificata.Idetriti accumulatisi durante lo scorrere lento dei secoli avevano livellato il fondo della bocca vulcanica, ma alcune rocce aguzze, vere lingue di lava, rendevano difficile proseguire. Ma Graham continuò la sua marcia. La colonna di fuoco circondava completamente lo zoccolo verde, sul quale posava la statuetta, allargandosi intorno per una decina di metri.

Quando fu giunto alla distanza di un braccio, Graham si fermò. Il pilastro venuto dal nulla sembrava fondersi con il terreno duro e nero interrompendosi intorno alla piccola statua. Gli occhi di Graham bruciavano per l’effetto di quella vista torturante, di quel colore dalle proprietà curiose, diverse da quelle dei raggi radioattivi quanto questi lo sono dal fuoco comune. Vide l’idolo fluttuare secondo il ciclo delle sue trasformazioni, ne fu ipnotizzato e attratto a seguirlo pur non comprendendo il fine nascosto dietro quelle immense forze in azione.

Vincendo il terrore, Graham alzò un braccio, lentamente, forzandosi a posare la mano sulla colonna, timidamente indeciso come chi vuole assicurarsi che sia asciutto un quadro appena dipinto. Era pronto a tutto, anche a subire la totale distruzione a causa dell’energia misteriosa. Dopo tutto, che cosa gli importava più della vita? Ma la sua mano non riportò ustioni e non avvertì radiazioni di sorta, si fermò, semplicemente come se avesse toccato un corpo solido. L’aria era impenetrabile quasi fosse una parete di cristallo. In capo a dieci minuti di tentativi, madido, e istupidito dall’irragionevole fenomeno, Graham rinunciò. L’emanazione di raggi luminosi era ancora aumentata. L’idolo vibrava in modo da dare il capogiro, e il mare sembrava impazzito.

Graham tornò sconvolto al suo campo: frugando nel suo sacco personale ne trasse la rivoltella, e con l’arma in tasca riprese la strada del Rano Raraku. Certo non sperava che i proiettili dell’arma distruggessero la fiamma enigmatica, ma voleva determinare l’effetto dell’urto della materia in movimento sull’energia in azione.

Il pazzo scatenarsi degli elementi, il cielo nero e pesante, l’aspetto selvaggio del luogo agivano sullo spirito in modo deprimente.

Durante l’assenza dello scienziato, la luminescenza fosforescente aveva subito altri mutamenti, e le vibrazioni dell’immagine verde erano cresciute in forza e in energia vitale. Graham caricò la rivoltella con grande cura. Si trovava a una distanza dalla quale era impossibile mancare un bersaglio tanto enorme, tuttavia lui prese la mira con grande attenzione, come quando, in occasioni ben diverse, aveva partecipato a gare di tiro. Lo sparo risuonò secco, e l’eco del colpo fu portata lontano dal vento.

Nessun mutamento nelle pulsazioni dell’idolo, nessuna scintilla, né la minima alterazione di colore a indicare che la pallottola era giunta a segno. L’archeologo si avvicinò alla colonna di luce. Il proiettile era a terra, schiacciato, e lui si chinò a raccoglierlo. Quello, almeno, aveva obbedito alle leggi della fisica e si era riscaldato in seguito all’attrito dell’aria e all’urto contro la colonna. Ma a quali leggi fisiche, o di altra scienza, sottostava quell’emanazione degli abissi? Dinamite o altri esplosivi non avrebbero ottenuto risultato migliore della rivoltella. E, probabilmente, neppure le energie liberate dalla disintegrazione dell’atomo per fissione nucleare sarebbero riuscite ad apportare il minimo danno alla presenza apocalittica. Niente di tutti i ritrovati scientifici, nessuna energia si poteva applicare allo straordinario dinamismo. E lì c’era soltanto un essere umano per opporsi alla magica colonna.