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Elizabeth chiese: «Vuol dire che qualcuno potrebbe avere messo il corpo nel ghiaccio? Ma perché?»

«L’ho già detto,» fece Grainger. «Potrebbero esserci parecchie ragioni. Tutte pazzesche, naturalmente, ma anche la situazione è pazzesca, non è vero?»

«Si sbagliava, sul conto del vecchio Peter,» disse Hamilton. «È il più sconvolto di tutti. Gli svizzeri ci tengono che la morte sia una cosa solenne e cerimoniosa, immagino.»

«Peter era solo una possibilità. Comunque, anche se si mostra preoccupato, non basta a escluderlo. Siamo tutti attori, e tutti sottovalutiamo l’abilità teatrale del nostro prossimo.»

«In realtà,» osservò Douglas, «lei non sta dicendo che siamo tutti attori, ma che uno di noi è un pazzo d’una specie particolarmente sgradevole.»

«Sto dicendo,» lo corresse Grainger, prendendo una porzione di patate, «che non riesco a immaginare una spiegazione sensata. Questo non significa che non ci sia.»

Poi continuarono a parlare, bevendo dell’altro caffè. Jane li ascoltò, con un blando interesse. Si sentiva molto stanca, e pensava al suo letto morbido e caldo, dal quale era stata strappata dopo poche ore di sonno. Persino il fattore enigmatico della situazione non significava molto per lei. Era sconvolgente che il bambino fosse morto, sconvolgente in modo diverso, che il suo corpo fosse scomparso. Lei ne prendeva atto, ma senza partecipazione.

La caffettiera era vuota, notò, come la sua tazza. In circostanze normali, la soluzione sarebbe stata tirare il cordone gallonato del campanello che pendeva accanto all’enorme stufa di maiolica. Le circostanze, però, non erano normali. Decise che il meno che poteva fare era portare lei stessa la caffettiera in cucina: sarebbe servito a spezzare la noia, forse a svegliarla. Hamilton, quando vide quel che stava facendo, disse: «Ci penso io, Jane,» ma accettò il suo sorriso e la sua scrollata di capo e continuò a parlare. Lei prese la caffettiera e il bricco del latte: lei preferiva il caffè nero, senza aggiunta del latte annacquato, il solo che fosse disponibile, ormai; ma alcuni degli altri riuscivano a sopportarlo. E uscì nel corridoio.

Vide Ruth Deeping davanti alla porta che dava nel bar. Non era una sorpresa: l’avevano lasciata addormentata lì, sul divano; presumibilmente si era svegliata, si era trovata sola, ed era uscita a cercare gli altri. Era sorprendente, invece, che non fosse diretta né verso il salone né verso le scale, ma verso la porta d’ingresso. Quando arrivò alla porta interna e la spalancò, Jane le gridò:

«Ruth! Cosa c’è?»

L’altra non le rispose, non si voltò neppure a guardarla. Cominciò a smuovere il pesante anello di ferro della porta esterna. Era ancora vestita come prima, una vestaglia leggera sopra la camicia da notte, e le pantofole.

Jane vide che c’era un ripiano sopra il termosifone, lì accanto a lei; posò in fretta quello che aveva in mano e si lanciò a corsa lungo il corridoio. Ruth riuscì ad aprire la porta nel momento in cui la raggiunse. Lottarono sulla soglia, mentre l’aria gelida turbinava attorno a loro, e Jane gridò per chiamare gli altri. Prima che arrivassero, era stata trascinata fuori, sulla neve, e il collo le doleva dove Ruth l’aveva graffiata.

Gli uomini riuscirono ad afferrare Ruth e a trascinarla nel bar. Lei si dibatteva per svincolarsi e imprecava come avrebbe fatto un bambino: le parole non erano orribili, ma era osceno il modo in cui le uscivano dalle labbra, spezzate e convulse. Grainger cercò di calmarla.

«Sta bene,» disse. «Si era addormentata, e ha fatto un brutto sogno. Tra un attimo si sentirà meglio. Si calmi. Così fa solo del male a se stessa.»

«Bastardi!» esclamò lei. «Maledetti bastardi… lui è là fuori. Andy è la fuori, al freddo.»

«Siamo andati a cercarlo,» disse Grainger. «E forse fra poco ricominceremo.»

Hamilton si era allontanato dal gruppo: tornò portandole un bicchiere di brandy. «Ecco. Lo butti giù e si sentirà meglio.»

Ruth restò immobile per un momento, poi fece uno sforzo rabbioso per liberarsi. Non ci riuscì, ma il bicchiere finì rotolando sul pavimento.

«Lasciatemi andare, maledetti porci,» disse. «Andy… è là fuori, vi dico. L’ho visto!»

Lo disse con una convinzione agghiacciante. Pur sapendo che era un’assurda illusione creata dal trauma e dal dolore e dalla droga che le aveva dato Grainger, Jane guardò automaticamente la finestra. Fuori era molto più chiaro, adesso, sebbene il sole non fosse ancora sorto.

Con voce sommessa, assecondandola, Grainger disse: «Dove, Ruth? Dove lo ha visto? Noi vogliamo solo aiutarla. Mi creda.»

Ruth cercò di muoversi in direzione della finestra. Grainger fece un cenno, e gli altri la lasciarono. La seguirono, le si misero intorno. Lei indicò la neve.

«Là. Era là. Mi sono svegliata, ho guardato fuori, e l’ho visto.» Si voltò a guardarli, con il viso contratto, disperato. «È la verità! Non sono pazza! Era là!»

«Vicino al punto dov’è caduta la valanga più piccola?» chiese Hamilton.

«Dall’altra parte. Non posso sbagliarmi.»

Douglas le chiese: «Com’era?»

«Era Andy! Che altro poteva essere?»

«Voglio dire, cosa aveva addosso?»

«Solo il pigiama.» Un singhiozzo la squassò. «Con quel freddo atroce. E aveva in mano un cesto.»

Era quell’ultimo particolare, il tocco d’incubo. Jane rabbrividì invincibilmente, mentre guardava fuori a sua volta. I pendii candidi erano deserti. Il vento, che sembrava rinforzarsi, sollevava un pulviscolo leggero dal punto in cui era scesa la valanga: ma a parte quello non c’era nulla, nessun movimento, nessun segno di vita. Un bambino in pigiama, con un cesto. Un’illusione, che altro? Ma era un pensiero terrificante.

Il silenzio venne rotto da Hamilton. Batté una mano sulla spalla di Ruth, con gesto pieno di calore umano, banale e consolante.

«Bene,» disse, «in questo caso usciamo di nuovo, a dare un’altra occhiata. E lei deve promettere di restare qui a guardarci. Potrà vedere tutto quello che succede.»

«Voglio venire con voi!»

«Non è vestita,» disse Hamilton. «E soprattutto, non si sente bene.» Guardò Grainger, che annuì. «Andremo io, Leonard e Douglas… subito. Basteremo noi tre. Ormai è abbastanza chiaro. E gli altri resteranno ad aspettare insieme a lei. Può andare a prendere una tazza di tè per Ruth, Jane, per favore?»

«Ma sì, certo.»

Ruth rimase tranquilla per un po’, ma poi divenne sempre più irrequieta, guardando le tre figure che si muovevano su e giù per i pendii. Quando finalmente tornarono, scoppiò in un’altra crisi di singhiozzi e di accuse: non avevano cercato bene… Andy era là, e l’avrebbero trovato, se l’avessero cercato davvero. Grainger l’osservò per un momento poi disse:

«Andremo a cercarlo noi. Le va bene?» Ruth annuì, senza smettere di singhiozzare, incapace di parlare. Grainger diede un’occhiata a Elizabeth. «Conducila di sopra e falla vestire.»

Quando le due donne furono uscite, Hamilton chiese: «Pensa davvero che Ruth debba andare fuori? Il bambino non c’è, questo glielo assicuro io.»

«Può servire, se Ruth vede con i suoi occhi che non c’è.» Grainger scrollò le spalle. «D’altra parte, naturalmente, può anche essere inutile. A un certo punto, una fissazione non può più venire sradicata. Ma credo che dobbiamo accordarle il beneficio del dubbio. Almeno, la calmerà un po’. È troppo tesa.»

Alla fine, a parte Mandy e i due servitori, andarono tutti. Lo chalet era ancora nell’ombra della montagna, ma verso ovest la neve era illuminata dal sole del mattino. Là fuori c’erano tepore e allegria, pensò Jane, sebbene il vento fosse più frizzante: le riempiva gli occhi di lacrime e le bruciava le labbra.