George disse: «Torniamo alla cosa più importante… trovare Ruth e riportarla qui. Probabilmente ha ragione Selby: deve essersi diretta oltre la valanga. Del resto, nelle altre direzioni l’avremmo già vista. È meglio che andiamo tutti, no?»
Mandy trovò il caos in cucina, e Marie che piangeva in silenzio. Gli avvenimenti l’avevano sconvolta: l’isolamento improvviso, la morte del bambino, la signora che aveva urlato di notte… e adesso la pasta per il pane che Madame le aveva detto di preparare non voleva saperne di lievitare. La pasta era lì, sulla piastra sopra la cucina, coperta da un telo che stava per cadere. I tavoli e il pavimento erano in disordine. Mandy calmò la ragazza, le preparò un caffè forte con l’acqua che per fortuna stava già bollendo in un bricco, e si mise all’opera per ripulire tutto. La spiegazione per la pasta che non lievitava era semplice: Marie aveva dimenticato il lievito. Per fortuna, le scorte di farina erano abbondanti; e probabilmente lei avrebbe potuto aggiungere alla pasta un po’ di grasso per ricavarne dei dolci: non del tipo di cui andava tanto orgogliosa, ma almeno commestibili.
Aveva appena ristabilito una parvenza di ordine quando si sentì chiamare dal corridoio. Era la voce eccitata di Diana. Ma era un’eccitazione lieta, pensò Mandy, mentre andava a vedere cos’era successo. Diana l’incontrò davanti alla porta che dava nel bar, e la tirò dentro.
«Guardi!»
Indicò qualcosa, fuori dalla finestra. Dalla direzione della valanga stavano arrivando i quattro uomini. E Ruth… Mandy spalancò gli occhi, incapace di credere a ciò che pure vedeva benissimo. George, tra le braccia robuste, reggeva una piccola figura in pigiama. Andy. E il bambino era vivo. Su questo non c’era dubbio. Lo vide girare la testa per guardare la madre.
C’era anche Jane. Mandy disse:
«Non capisco. Come può essere…?»
L’ondata di felicità e di sollievo era così grande che Mandy si sentì colmare gli occhi di lacrime. Sollievo e rimorso. Disse, rimproverandosi:
«E noi volevamo impedirle di uscire a cercarlo… Lei sapeva. Ma il bambino sarebbe potuto morire, mentre noi la tenevamo in casa.» Sbatté le palpebre, vigorosamente. «Debbono essere tutti e due assiderati. Andrò a preparare qualcosa di caldo.»
Mentre lei si voltava, Jane disse, stupita:
«Il cesto…»
Mandy tornò a guardare. Il bambino, stretto tra le braccia di George, teneva in mano il cesto scomparso dalla cantina. Esclamò, felice:
«Visto? Ruth aveva ragione anche in questo.»
«Non ha senso,» disse Jane.
«Non importa! Devo andare a preparare qualcosa.»
Lo disse a Marie, che si mostrò incredula quanto lo era stata lei e che poi, quando accettò la verità, si mise a piangere. Quando sentirono aprirsi la porta d’ingresso, uscirono entrambe e raggiunsero le altre due donne, per accogliere il gruppo che rientrava. Andarono in salotto, e si muovevano e ridevano e parlavano, tutti insieme. Mandy andò a prendere il bambino dalle braccia di George, ma Ruth la precedette.
«Lo dia a me,» disse. La sua voce era pesante, impastata, forse nella calma plumbea che succedeva alla tensione. «Adesso posso occuparmene io.»
Mandy aveva toccato il volto del bambino.
«È così freddo!» disse. «Lo porti vicino al fuoco. Spingi avanti il divano, George. Dobbiamo scaldarlo.»
«Sto benissimo,» disse Andy. «Non ho freddo.»
Sentirlo parlare non era meno straordinario che vederlo. Mandy ricordò la figuretta bianca, apparentemente morta, del giorno innanzi, e non riuscì a ricollegarla al bambino che si vedeva davanti, vivo. Sebbene fosse così freddo, non rabbrividiva. Mandy si voltò a guardare gli altri.
«Ma dov’era? Come avete fatto a trovarlo?»
George rispose, in tono esuberante: «L’ha trovato Ruth. Erano seduti vicini, sulla neve, quando ci siamo imbattuti in loro. Erano appena oltre la valanga.»
«Ma avevamo già guardato, là!» disse Jane. «Abbiamo cercato dappertutto, questa mattina.»
Grainger fissava il bambino, ed era profondamente perplesso. Era una bella lezione per i dottori, pensò lieta Mandy. Lui aveva detto che il bambino doveva essere morto. Ma anche i medici sbagliavano. Probabilmente lui era un po’ irritato. Ma anche loro sbagliavano. La vita aveva ancora le sue sorprese. Si sentì di nuovo gli occhi pieni di lacrime.
«Quel piccolo birbante si era sepolto nella neve, a quanto pare,» disse George. «Ecco come ha fatto a resistere. Sotto una bella coltre di neve. E aveva con sé le provviste, così non gli è mancato il nutrimento.»
«Ma perché?» chiese Jane. «Perché è uscito nella neve? Che cos’è successo?»
Con voce inespressiva, Ruth disse: «È stato lo choc, credo. Ha ripreso i sensi in cantina e si è trovato solo. Non sapeva quel che faceva. Suppongo che l’ultima cosa che ricordava fosse che lui era là fuori, vicino alla valanga. Ed è tornato là. Era in preda allo choc, capite.»
Grainger disse: «Ma non fino al punto di dimenticare di prendere un cesto e di riempirlo di provviste, prima di andarsene.»
«Non c’è limite a quello che si può fare, quando si perdono i sensi,» disse George. «Ho conosciuto un tale che riportò alla base un Lancaster con due motori fuori uso e tre quarti dei comandi saltati. E non ricordava niente, dopo che la contraerea l’aveva colpito sopra Berlino.»
«Non è la stessa cosa,» disse Grainger, sottovoce. «Quello continuava un’azione di routine.»
«Non proprio di routine.»
«O almeno, non era una cosa irrazionale. Ruth, sarebbe bene che io gli dessi un’occhiata.»
Ruth pareva riluttante a staccarsi dal bambino: era naturale, pensò Mandy. Si ricordò all’improvviso che aveva avuto intenzione di preparargli qualcosa di caldo e di nutriente. Aveva in serbo ancora un paio di uova. Sbattute con latte caldo, e un po’ di brandy… Sgattaiolò via mentre Grainger si avvicinava al bambino.
Quando lei tornò con la bevanda, Grainger stava terminando la visita. Era accigliato, come se cercasse di risolvere un problema in una lingua poco nota. Mandy gli passò davanti e porse il bicchiere al bambino.
«Cerca di buttarlo giù tutto,» disse. «Non è troppo caldo. Dopo ti sentirai meglio, vedrai.»
Il bambino bevve, obbediente. Grainger disse:
«Il polso è lento, il battito cardiaco anche. Ed è incredibilmente freddo.» Si rivolse a Ruth. «Credo che dovremmo metterlo subito a letto e tenercelo. Mi piacerebbe avere qui qualche collega, per dargli un’occhiata.»
«Adesso sta bene,» disse Ruth. Parlava con voce incolore, ma convinta. «Mi occuperò io, di lui.»
Mandy disse: «Lo so. Ma starà meglio nel suo letto, no? Ecco, ha bevuto tutto. Va un po’ meglio, Andy? George lo porterà di sopra.»
«No,» disse Andy. Anche la sua voce suonava strana, ma era logico, dopo tutto quello che aveva passato. «Posso camminare da solo, grazie.»
«Se te la senti…»
Il bambino prese la madre per mano: uscirono insieme dalla stanza. Mandy disse a Ruth:
«Le porterò su qualcosa da bere.»
«Non si disturbi.» La donna diede un’occhiata a Deeping, che li seguiva. «Lo condurrò su e ci sdraieremo un po’. Abbiamo soprattutto bisogno di riposo.»
Deeping esitò, poi annuì: «Sicura che non ti occorre altro?»
«Sicura.»
Madre e figlio salirono, lentamente, come se fossero molto stanchi. Dovevano esserlo davvero, pensò Mandy. A Ruth, qualunque cosa ne dicesse lei, avrebbe fatto bene qualcosa di caldo. Una tazza di tè, magari con un goccio di rum.