Tornò in cucina e preparò il tè. Il bricco sobbolliva ancora sulla stufa. Mentre aspettava che il tè venisse pronto, bevve rapidamente un sorso dalla bottiglia con l’etichetta dell’aceto che teneva dietro al barattolo dello zucchero vanigliato. La rimise a posto un attimo prima che arrivasse Marie. Riscaldata e rasserenata, disse alla ragazza di farsi dare un po’ di rum da Monsieur, versò il tè, aggiunse una dose generosa di liquore, e le diede la bottiglia da riportare a George.
Decise di portare lei stessa il tè a Ruth. Stava salendo la seconda rampa di scale, quando sentì la voce di un bambino risuonare acuta, allarmata. Non la voce di Andy, però… di Stephen. Si affrettò, rovesciando un po’ di tè sul piattino. La porta della camera dei Deeping era socchiusa, e lei poté rendersi conto della lotta che si svolgeva nell’interno. Spinse l’uscio con il gomito. Andy e sua madre erano ai lati di Stephen e lo tenevano fermo; anzi Ruth era china come se lo respingesse sul letto da cui tentava di alzarsi. I due si girarono a guardarla quando lei entrò, muovendosi stranamente all’unisono. Lasciarono Stephen, che subito si buttò giù dal letto e corse pazzamente verso Mandy. Le urtò lo stomaco con la testa e la strinse, singhiozzando.
«Su, piano, piano,» disse lei. «Mi fai rovesciare tutto il tè.»
Sopra la testa del bambino, passò la tazza a Ruth che la prese tenendo gli occhi inchiodati su Stephen. Ruth disse:
«Si è svegliato all’improvviso, e si è spaventato.» La voce era aspra, tesa. «Vedendo Andy… deve aver pensato…»
«Poverino,» disse Mandy. Gli accarezzò la testa, per consolarlo. «Ma Andy sta bene, sai. Non devi preoccuparti. Nessuno ha più motivo di preoccuparsi.»
Stephen mormorò qualcosa d’incomprensibile contro il suo grembiule. Mandy si chinò su di lui, gli prese gentilmente il viso tra le mani. Il bambino alzò la testa, prontamente. Come se fosse rassicurato da ciò che vedeva, disse:
«Voglio scendere con lei. La prego, Mrs. Hamilton.»
Mandy guardò Ruth. «Credo che ormai si possa alzare, no? Ha dormito abbastanza.»
«Sì, abbastanza.» Ruth tese le mani verso il bambino. «Lo manderò giù quando si sarà lavato e vestito. Grazie per il tè.»
«No!» esclamò Stephen. Si girò verso la madre, tenendosi stretto a Mandy. «Non voglio stare con te.»
Ruth sembrava soprattutto incollerita. E anche questo era comprensibile. Dopo quello che aveva passato per il figlio minore — crederlo morto, e poi scomparso, e infine ritrovarlo nella neve — doveva avere i nervi a pezzi. Ma anche per il piccolo Stephen era stato terribile. Il fratellino morto, la madre impazzita per il dolore, e poi scoprire Andy accanto al letto che lo toccava… Andy che era sempre stato il preferito.
Mandy disse a Ruth: «Si riprenderà, non appena si sarà svegliato del tutto. Ma mi occuperò io di lui, mentre lei mette a letto Andy. I vestiti sono nella stanza accanto, no?»
Ruth fissò lei, poi il bambino, poi volse le spalle a entrambi. «Va bene.» La sua voce era fredda. «Allora lo lascio a lei.»
Passarono nella stanza che era stata dei bambini, e Mandy chiuse la porta. Ricordando il pudore dei ragazzini in età prepuberale, gli disse:
«Là ci sono i tuoi vestiti, Steve. Vuoi che ti lasci solo mentre ti vesti e ti lavi? Io scenderò a prepararti qualcosa per colazione.»
«No!» Nella voce del bambino c’era una sfumatura di spavento. «Per favore, resti qui.»
«Come vuoi. Però dovrai prepararti in fretta, perché ho tante cose da fare, giù.»
«Farò prestissimo,» promise lui, di slancio.
Mentre il bambino si vestiva, Mandy guardò fuori dalla finestra. Le cime lontane erano nitide, bianche contro l’azzurro, ma ad una quota più bassa cominciavano a formarsi le nuvole, che si addensavano nella valle sotto di loro. Laggiù doveva essere una giornata grigia e cupa.
«È meraviglioso che sia tornato Andy, no?» disse.
«Sì.» La voce di Stephen era indistinta.
«Qualche volta succede. Agli animali e agli uccelli, oltre che alla gente. Ricordo che una volta andai a fare una passeggiata con mio padre. Era una giornata fredda, d’inverno. Trovai uno scricciolo, sul ciglio del sentiero, con le zampette all’aria, irrigidito. Me lo misi in tasca… volevo seppellirlo, arrivata a casa. Ma poco prima di arrivarci, sentii qualcosa che si agitava nella tasca, ed eccolo lì, era vivissimo. Lo tirai fuori, e lo scricciolo mi beccò le dita e volò via.»
Ricordava la felicità che aveva provato: la sensazione di avere donato calore e vita, come se una parte di lei si fosse trasfusa in quella piccola creatura, si fosse involata su quelle ali improvvisamente rinate. Ci pensò, con rinnovata gioia. Non le dispiaceva pensare a quei giorni. Erano così lontani. E non avevano tradito nessuno, fatto soffrire nessuno.
Si voltò. Stephen era vestito e cercava di pettinarsi, guardandosi nello specchio sopra il lavabo, con il volto chiuso nella concentrazione e nella frustrazione. Mandy si sentì commossa.
«Lascia che ti aiuti, Steve.» Lui lasciò fare, paziente. «Ecco. Stai benissimo. Adesso andiamo a vedere la tua mamma e Andy, prima di scendere.»
Il bambino scosse il capo. «Preferisco di no.»
«Bene, allora andiamo a fare colazione.»
Quando arrivarono al ballatoio del primo piano, Mandy sentì un rumore e alzò la testa. Ruth li guardava dall’alto. Sembrava stanca: i suoi occhi tradivano lo sfinimento e una sorta di vuoto.
«A Steve pensiamo noi,» disse Mandy. «Lei vada a letto e cerchi di riposare.»
Dopo gli allarmi e le ricerche con cui era incominciata, la giornata stava tornando alla normalità… per quanto poteva essere normale l’isolamento dal resto del mondo. George organizzò una sortita per andare a vedere se avevano incominciato a riaprire la strada di Nidenhaut. Prese gli sci e condusse con sé Grainger e Diana, che all’ultimo momento aveva insistito per accompagnarli. Grainger chiese a Elizabeth, che era finalmente scesa, se non voleva andare anche lei, ma quella scosse il capo, nascondendo uno sbadiglio.
«Sono ancora troppo stanca. Se riuscite ad arrivare fino al villaggio, portami qualche florentine dalla pâtisserie. Ne ho una voglia pazza.»
«Niente da fare.» Grainger guardò la moglie con aperta, immutata ammirazione. «Stai ingrassando troppo.»
Elizabeth gli sorrise, al di sopra della testa di Diana, tanto più piccola di lei.
«Tesoro, sai bene che io sono la tua figura materna.»
All’ora di pranzo, i tre tornarono a riferire quel che avevano scoperto. La strada era ancora completamente ostruita, e la curva della parete rocciosa aveva impedito loro di vedere come andavano le cose più a valle. George aveva provato ad avventurarsi sul pendio formato dalla valanga, per vedere se era possibile attraversarla, ma la neve aveva cominciato a scivolare e lui aveva rinunciato al tentativo. Mandy, ascoltandolo, si sentì nel contempo sollevata e irritata. George si esponeva sempre troppo.
Douglas Poole chiese: «Non avete sentito nessun movimento dall’altra parte?»
«No,» fece George, scuotendo il capo con enfasi. «Non dall’altra parte. Si sentivano dei rumori, come se sgombrassero la neve, ma era molto lontano. Probabilmente c’è almeno un altro tratto di strada da liberare, prima di arrivare a questo.»
Deeping osservò: «Dunque siamo bloccati qui indefinitamente.»
Il solito tono burbero, scomparso dopo il collasso di Andy, il giorno innanzi, era ricomparso nella sua voce. George lo guardò irritato e disse:
«Sì. Per fortuna siamo ben provvisti di viveri. E di buona compagnia. A proposito, Ruth e Andy non scendono a pranzo?»
Mandy disse: «No, Andy dorme ancora, e Ruth vuol restare con lui. Dice che non ha fame. Terrò da parte qualcosa anche per loro.»