George entrò mentre lei parlava. Quando ebbe finito, disse:
«Ho visto Marie. È con Steve. Stanno bene tutti e due. Un po’ sconvolti, ma sani e salvi.»
Diana disse: «Io li ho visti. Salivano la montagna, dietro allo chalet. Ho pensato che… be’, che stessero solo facendo una passeggiata.»
«Faremmo bene ad andarli a prendere,» disse George.
Grainger alzò una mano. «Fra un momento. Mandy, che aria aveva Ruth? Che espressione?»
«È difficile descriverla. Vuota, vacua… eppure come se volesse… non so che cosa.»
«Senta,» disse George, «a questo può pensare dopo. Adesso l’importante è trovarli e riportarli qui, prima che si facciano del male. Ruth ha con sé il bambino, dopotutto.»
Grainger disse: «Io voglio sapere prima che cosa cerchiamo.»
George ribatté, spazientito: «Una donna cui ha dato un po’ di volta il cervello, logicamente.»
«E il bambino?»
«Ruth l’ha portato con sé. Anche questo è comprensibile. Ma per lui è pericoloso.»
Grainger si rivolse a Mandy. «Ma non è esatto, no? Ruth non lo ha portato con sé. C’è andato da solo. E che espressione aveva, lui?»
Mandy chiuse gli occhi, come per non vedere qualcosa. Rispose a voce bassa.
«La stessa di Ruth. Vacua, e come se volesse qualcosa.»
«Te lo sei immaginato,» le disse George. «Dopotutto, li hai visti solo per un momento. Poi Ruth si è precipitata fuori, e il bambino l’ha seguita. È logico.»
Grainger chiese: «Crede di averlo immaginato, Mandy?»
Lei scosse il capo senza dir nulla. George sbottò:
«Sentite, non ha senso!»
Mandy disse: «Mi chiedevo…»
«Cosa?»
«Se poteva essere una malattia… che Andy ha preso per primo, e che Ruth ha preso da lui.» Guardò Grainger. «È possibile?»
«In teoria sì. D’altra parte, i sintomi non corrispondono a nessun genere di malattia che io conosca. E come possono entrarci il collasso e il coma del bambino?» Tacque un istante. «Vorrei vedere Marie. E Steve.»
«Vado a chiamarli,» disse Mandy.
George disse: «Io non ho il suo interesse professionale, Selby.» Le sue guance erano chiazzate di rosso. «Io esco con Peter, a cercare Ruth e quel povero bambino. Viene anche lei, Len?»
«Sì,» disse Deeping. «Vengo.»
Grainger osservò, con calma: «Basterete voi tre, credo. Se riuscirete a trovarli.»
«E perché diavolo non dovremmo riuscirci?»
«Pensavo all’altra volta. C’è voluto parecchio per ritrovare il bambino. Anzi, non l’abbiamo affatto ritrovato. È ricomparso insieme a Ruth.»
«E cosa potrebbe significare?»
«Non lo so.» Grainger aveva un’espressione cupa. «Vorrei saperlo.»
Se George gli avesse chiesto di andare con lui, Douglas avrebbe accondisceso. Ma George si precipitò fuori dal salotto, senza guardare in faccia nessuno. Deeping lo seguì ma, date le circostanze, Douglas non si sentiva di fare altrettanto. Come aveva detto Grainger, in tre avrebbero dovuto riuscire a trovare la donna e il bambino, in pieno giorno. E gli interessava vedere cosa cercava di scoprire Grainger. E c’era anche di mezzo una certa disaffezione personale: per il momento ne aveva avuto abbastanza, della neve.
Stephen era calmo e composto, quando arrivò; Marie molto meno: sembrava avere dimenticato l’inglese che pure parlava discretamente, e rispose alle domande di Grainger con un torrente di parole francesi. Douglas riuscì a capire ciò che ripeteva con maggior insistenza: che Madame era invasata, e anche il bambino. Glielo avevano sempre detto, che c’erano i diavoli sulle montagne. Nel Friburgo lo sapevano tutti. Una sua compagna di scuola aveva uno zio prete che era andato in un villaggio del Pays d’Enhaut, e molte volte aveva dovuto esorcizzare i diavoli…
«Madame ti ha assalita?» chiese Grainger.
«Perché difendevo il bambino contro di lei.» Si era ripresa abbastanza da parlare di nuovo inglese. «Hanno assalito il bambino. Tutti e due insieme.»
Grainger disse gentilmente a Stephen: «Cos’è successo, ragazzo mio? Prima che arrivasse Marie?»
«È stato come in camera da letto.» Stephen rispose con voce bassa ma chiara. «Quando mi sono svegliato e li ho trovati vicini al mio letto. Tutti e due mi premevano addosso.»
«Credi che cercassero di farti del male?»
«Non lo so.» Il bambino aggrottò la fronte. «Non hanno cercato di… di picchiarmi, o qualcosa del genere. Mi stavano solo addosso. Ma io ho avuto paura. E poi, a toccarli erano strani.»
«Strani come?»
«Era come un formicolio.» Stephen scosse il capo. «Non saprei come dirlo.»
«Ti hanno detto niente?»
«No. È stata una delle cose che mi hanno spaventato di più. Mi fissavano e non dicevano niente.» Il bambino guardò Grainger. «Poi è venuta Marie, ma loro hanno continuato a cercare di tenermi stretto. Poi, quando è venuta Mrs. Hamilton, mi hanno lasciato andare e sono scappati via. Lei sa dove sono andati?»
«Fuori, da qualche parte. Li stanno cercando. Senti, non ti devi preoccupare, Steve. La tua mamma… adesso non sta bene. La gente, qualche volta, fa delle cose strane quando è ammalata.»
«E Andy? È ammalato anche lui?»
«Sì, in un certo senso.»
Grainger fece un cenno a Marie, che condusse il bambino fuori dalla stanza. Poi Mandy disse:
«Dunque è una malattia?»
Grainger trasse un profondo respiro. «Be’, sì. Se chiamiamo malattia l’assenza di ciò che viene definita come salute… mentale o fisica. Ma questo non ci chiarisce molto le idee.»
Su questo, Douglas era completamente d’accordo. Era una gran confusione. C’erano malattie che facevano impazzire la gente? Si vergognava troppo della sua ignoranza in fatto di medicina per chiederlo a Grainger; e Grainger, del resto, sembrava frastornato quanto gli altri. Idrofobia… un lupo idrofobo? Ma i sintomi erano senza dubbio diversi, e non c’erano lupi tra quelle montagne; e non c’erano neppure cani più in alto di Nidenhaut.
Jane, come se interpretasse i pensieri di Douglas, disse a Grainger: «Comunque, non si tratta di una malattia che lei può riconoscere… qualcosa di particolare?»
«No,» rispose ironicamente Grainger. «Non la riconosco. Forse se scrivessi un articolo su di essa, sul British Medical Journal, le darebbero il mio nome. La Demenza di Grainger. O forse ha ragione Marie, e tutto andrà a posto quando comparirà un monaco dalla tonaca nera, guidando una schiera di grossi sanbernardo e aspergendo acqua santa.»
«Che cadrà,» mormorò Elizabeth, «in minuscoli ghiaccioli scintillanti. È un pensiero simpatico.»
Diana disse: «Parlando sul serio, Selby. Lei deve avere un’idea di quello che è successo a quei due. Voglio dire… be’, dovrebbe.»
«Vuol dire escludendo le malattie ignote alla scienza medica, oltre ai diavoli delle montagne? Non saprei cosa dire, purtroppo. Isterismo contagioso? Ma non avrei mai detto che Ruth fosse un tipo isterico, e un contagio del genere è improbabile. Tuttavia, immagino che sia ancora l’ipotesi più credibile.»
«E quando li riporteranno qui,» chiese Mandy, «cosa dovremo fare?»
«Chiuderli sottochiave, ritengo, fino a quando non potremo condurli giù da questa montagna, in un posto dove possano ricevere assistenza medica adeguata.»
«Insieme?»
«Sì, c’è questo fatto. Niente fa pensare che Ruth intenda fare del male al bambino, tuttavia è un rischio che non si può correre.»
Mandy disse, in tono preoccupato: «Non so proprio dove potremmo metterli… in un posto sicuro. La mansarda, forse. E trasferire dabasso Marie e Peter, da qualche parte.» Guardò Grainger con aria interrogativa. «Ma le finestre non hanno sbarre né altro.»