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La voce rassicurante di Deeping, con il suo accento dello Yorkshire: «Tutto bene, Douglas. Non si preoccupi.»

Ma detto sottovoce. E i passi che si avvicinavano al letto. Si levò a sedere e chiese bruscamente: «Cosa vuole?»

C’era una luce fioca che filtrava dalla finestra… il chiaro di luna dietro le nubi. Due figure si profilarono contro quel chiarore. Deeping e… Ruth!

«Allora è ritornata,» disse Douglas. «E il bambino? Andy sta bene?»

Non ci fu risposta, ma una terza sagoma più piccola attraversò il rettangolo di luce fioca. Soltanto allora provò paura. Era strano che i Deeping fossero entrati di notte nella sua stanza senza bussare: ma la stranezza era bilanciata dal fatto che li conosceva. Che pericolo potevano rappresentare i Deeping? Ma il bambino era diverso. La presenza del bambino trasformava la stranezza in incubo. E la loro mancata risposta assunse un significato spaventoso.

Sentì il respiro di Deeping, mentre si accostava al letto. Tra un attimo l’uomo sarebbe stato al suo fianco. Nella mente di Douglas, la paura e l’istinto di conservazione lottavano con il condizionamento di tutta una vita… la prima infanzia, la scuola preparatoria, la public school, l’università. Non mostrare la paura. Non gridare. Soprattutto, evita le situazioni imbarazzanti. La morale inglese.

Urlò un attimo prima che la mano gli toccasse il viso, invocò aiuto con tutte le sue forze, guizzò via, balzò dal letto. E urlò ancora e ancora, e sentì la propria voce riverberare nella stanza e nello chalet. Le mani si allontanarono, e poi i passi recedettero. Fuori dalla stanza e giù per le scale.

VII.

Erano di nuovo insieme, in salotto. Selby lanciò un’occhiata al cucù, poiché aveva lasciato il suo orologio sul comodino, e vide che erano le quattro meno cinque. Le ore piccole e silenziose, pensò con una fitta di nausea. Gli ricordava i tempi lontani, quando lui era un interno, e veniva svegliato da un nuovo arrivo al Pronto Soccorso, e si sentiva irritato, con un sapore cattivo in bocca. Ora era di nuovo così. Mandy stava accendendo la seconda lampada, Marie riattizzava il fuoco. Selby si guardò intorno, scrutando tutti. Peter, scarno e vigile accanto alla porta. Jane e Diana: quest’ultima gli parve insonnolita e, pensò con un lieve fremito di piacere, delizioza. Elizabeth, che sbadigliava. George, che aveva con sé lo spettinato Stephen. E naturalmente Douglas Poole, le cui grida sorprendentemente stentoree per invocare aiuto li avevano fatti scendere tutti, barcollanti, dai rispettivi letti.

Selby disse: «Bene. Adesso abbiamo un quadro un po’ meno confuso. Cos’è successo, Douglas?»

George intervenne: «Douglas mi ha raccontato qualcosa. Credo che prima andrò a mettere a letto Steve.» Si avviò verso il corridoio, poi si fermò. «Lo metterò sul divano nel bar, per il momento. Mandy, ti spiace portarmi una coperta?»

George portò il bambino oltre la porta, la chiuse. Anche Mandy uscì per andare a prendere la coperta, e Marie la seguì. Sembrava in preda ad un’estrema apprensione che solo la presenza di Mandy riusciva a placare.

Douglas disse, piuttosto intimidito: «Temo di avere fatto un chiasso tremendo.»

«Abbastanza tremendo, sì,» disse Selby. «Ma non si è trattato di un incubo, vero? Era ben altro. E riguarda Deeping.»

«Tutti e tre i Deeping: anche Ruth e il bambino. Erano nella mia stanza. Ho rivolto loro la parola, e non mi hanno risposto. Si sono avvicinati al letto. Allora ho urlato.»

«Non hanno risposto affatto?»

Douglas aggrottò la fronte, ricordando. «No, mi sbagliavo. Ho sentito che c’era qualcuno in camera mia, e ho chiesto chi era. Deeping mi ha risposto di non preoccuparmi. Allora gli ho chiesto cosa voleva, e ho detto qualcosa a proposito di Ruth e di Andy. È stato allora che non ho ottenuto risposta.»

«E quando ha urlato?»

«Deeping aveva appena cercato di afferrarmi. Quando mi ha sentito urlare, è scappato. Sono scesi a precipizio, tutti e tre.»

George era rientrato, chiudendo la porta. Disse:

«Steve dorme. Non si era svegliato completamente. Meglio così. Loro sono scesi. Sembra che siano andati direttamente in cantina; ho trovato la porta aperta.»

Elizabeth disse: «Non capisco. Volevano aggredire Douglas nel suo letto, i Deeping, voglio dire, e Andy era con loro. Poi sono fuggiti, quando lui ha gridato… sono fuggiti dalla casa. Ma perché sono passati dalla cantina? Perché non dalla porta d’ingresso?»

«Qui le porte sono due, ed entrambe chiuse da catenacci pesanti. Quella della cantina è una sola.» George si guardò le mani: aveva sempre le unghie ben curate. «Avevano una gran fretta di andarsene.»

«Ma è assurdo,» disse Diana. «Perché dovevano aggredirla, Douglas? E se lo hanno fatto, perché avevano con loro Andy? E come hanno fatto Andy e Ruth a rientrare in casa all’insaputa di tutti? Però, immagino che Leonard lo sapesse, non è vero? Voglio dire… è stato lui a scendere per farli entrare?»

«Credo di conoscere la risposta a quest’ultima domanda,» disse George. «E serve anche a spiegare meglio perché sono passati dalla cantina. Giù c’è una finestrella che Mandy lascia aperta per il gatto: non proprio aperta, ma socchiusa. Adesso è spalancata. Un adulto non può passare di lì, ma il bambino sì, specialmente se qualcuno lo sorreggeva dall’esterno. E poi, lui ha potuto aprire la porta. E così, nell’uscire, non avevano bisogno di smuovere un solo catenaccio.»

«Anche questo è assurdo,» insistette Diana. «Ieri pomeriggio li abbiamo cercati, chiamati… Voglio dire, non avevano bisogno di fare questa irruzione. Se Ruth avesse suonato il campanello…»

«Noi avremmo saputo che erano in casa,» disse Selby. «E a quanto pare, loro non ci tenevano.»

Jane disse, sottovoce: «E allora che cosa volevano? Avrebbero aggredito veramente Douglas, se lui non avesse gridato?»

«Forse no,» fece Douglas. «Forse mi sono lasciato travolgere dal panico.»

«Leonard,» disse George. «È questo che non capisco. Ruth non è più stata normale da quando… da quando il bambino ha avuto il collasso. Ma Leonard era abbastanza sano di mente. Caso mai un po’ troppo.»

Quel modo disorganico di affrontare i fatti separati, pensò Selby, non li aiutava a comprendere la situazione: se mai, li confondeva. Doveva esserci una spiegazione logica, ma bisognava scoprirla passo per passo.

«Procediamo con ordine,» disse. «Possiamo formulare delle ipotesi via via, e confrontarle con l’evidenza. Per cominciare, Ruth è entrata facendo passare Andy dalla finestrella, perché le aprisse. In secondo luogo, adesso Leonard è nelle stesse condizioni di lei… quali che siano.»

George obiettò: «Noi non sappiamo molto delle condizioni di Leonard. Nessuno l’ha visto… Douglas era mezzo addormentato, quando è accaduto tutto questo.»

«È vero,» fece Selby. «Eppure Leonard, come Ruth e il bambino, è fuggito a precipizio non appena è stato dato l’allarme. Esattamente come era fuggita Ruth questo pomeriggio.»

«La sua teoria dell’isterismo contagioso?» mormorò Jane.

«Oppure i diavoli di Marie, o la malattia ignota alla scienza. Facciamo un passo indietro. Ieri pomeriggio, Marie sorprende Ruth e Andy che, apparentemente, assalgono Steve. I due aggrediscono anche lei, ma sopraggiunge Mandy. E loro fuggono. Riescono a nascondersi fuori, forse scavando delle buche nella neve, come aveva già fatto il bambino. E durante la notte tornano allo chalet. Entrano senza far rumore. E senza far rumore salgono nella stanza di Leonard. E poi…»

«Poi diventa ridicolo,» osservò Jane. «Voglio dire, tutto il resto può venire spiegato come una crisi di pazzia di Ruth… che il bambino seguirebbe automaticamente.»