«Davvero?» chiese Selby. «Io non lo credo. Ma lasciamo perdere. Leonard è solo, perché Steve è rimasto con George e Mandy. Forse si sveglia, accorgendosi che la moglie e il figlio sono entrati nella stanza. Ma anche in questo caso, perché dovrebbe dare l’allarme? O forse ha il sonno più duro di Douglas. Comunque, in quella stanza succede qualcosa. I diavoli fanno un’altra vittima. O la malattia lo contagia. Oppure gli si comunica l’isterismo. Comunque vogliate metterla, adesso sono tre anziché due.»
Elizabeth chiese: «Tre che cosa?»
Selby rispose, irrequieto: «Di qualunque cosa si tratti, può essere trasmesso. E c’è l’impulso di trasmetterlo. L’aggressione a Steve, il… il reclutamento di Leonard, il tentativo contro Douglas. Probabilmente perché, a parte Peter e Marie, che dormono in mansarda, e Peter ha il sonno leggero e il pavimento scricchiola terribilmente, Douglas era l’unico che dormisse da solo. E perciò era vulnerabile.»
Con voce tremante, Jane chiese: «E se non avesse invocato aiuto… cosa pensa che sarebbe successo?»
«Non riesco a immaginare i dettagli. Ma ovviamente, sia che si tratti di contagio, di possessione, o d’isterismo collettivo, è un processo infettivo. Forse potevano riuscirci finché Douglas era addormentato. Oppure, se era sveglio, tappandogli la bocca con una mano, o stringendogli la gola per farlo tacere. Dobbiamo presumere che, se non avesse dato l’allarme svegliando tutta la casa, quello che è capitato a Leonard sarebbe accaduto anche a Douglas.»
«E allora,» osservò Elizabeth, «sarebbero stati quattro.»
Come tante altre volte, Selby ammirò il calmo acume di lei, dissimulato dall’apparente indifferenza, dalla mancanza di interesse. Disse, con calore:
«Esattamente! Di cui tre adulti. Mi chiedo di chi si sarebbero occupati, poi? Delle donne? Ma sarebbero stati comunque in condizioni d’inferiorità numerica, se qualcuno avesse dato l’allarme. Forse avrebbero atteso la mattina, fino a quando qualcuno avesse cominciato ad alzarsi. Peter, e Marie, e poi Mandy. E poi George: e avrebbero avuto a disposizione la parte superiore della casa. Al resto di noi non sarebbero rimaste molte possibilità.»
Si aprì la porta, e Marie entrò con un vassoio, seguita da Mandy. Questa disse:
«Ho preparato un po’ di cioccolata. E ci sono delle gallette. Purtroppo, sono rimaste solo quelle al formaggio. Ci è rimasto solo un pacchetto di biscotti, e avevo pensato di tenerli per i bambini… per Steve.»
«Benissimo,» fece George. «La cioccolata è ottima, per quelli che la gradiscono. Ma io credo di aver bisogno di qualcosa di più forte, dopo che Selby ha cercato di terrorizzarci.» Nella sua voce c’era un tono di disprezzo e di disinvoltura. «Io vado di là a prendere una bottiglia.»
Marie depose il vassoio ed esitò. Mandy disse:
«Rimani pure con noi, se preferisci.» Guardò gli altri con aria di scusa. «Non vi dispiace, vero?»
Tutti presero le tazze di cioccolata. George, che tornava dal bar con la bottiglia, se ne accorse.
«Sono l’unico che beve?» chiese. «Selby? Un goccio di scotch nella cioccolata? Douglas?» Quando entrambi rifiutarono, disse: «Comunque, voglio portarvi via per qualche minuto, voi due. Devo dirvi qualcosa. Andiamo di là nel bar. Peter, tu veglia le signore.»
La sua voce aveva un tono d’autorità militaresca. Doveva essersela cavata bene in guerra, pensò Selby. Una nullità prima, una nullità dopo: ma quando venivano i tempi della violenza, George doveva essere in gamba. Sebbene il tono fosse brusco, e le parole più un comando che un invito, Selby pensò che era inutile discutere o rifiutare. George tenne aperta la porta e Selby passò, seguito da Douglas. George estrasse una scatola di fiammiferi a accese la lampada sul tavolo. Guardando la scatoletta, prima di rimetterla in tasca, disse:
«Cominciamo ad essere a corto anche di questi. Be’, possiamo sempre cavarcela con dei pezzi di carta. Chiuda la porta, Douglas.»
Sedettero. George aveva preso un bicchiere dalla credenza. Vi versò dello Scotch, lo bevve, e ne versò dell’altro.
«Se volete qualcosa per buttare giù la cioccolata, prendetevi i bicchieri.» Poi fece una pausa. «Mi meraviglio di lei, Selby.»
Selby si appoggiò alla spalliera della sedia. «Davvero? E perché?»
«Spargere l’allarme e l’inquietudine tra le signore. Ha spaventato tanto la piccola Diana da farla tremare dentro a quelle mutandine di pizzo che probabilmente porta.»
L’aveva detto con leggerezza: ma la sfumatura d’acciaio — disprezzo, risentimento? — era ancora più evidente di prima. Selby disse:
«E cosa avrei dovuto fare, secondo lei? Dire che adesso ci sono due pazzi pericolosi invece di uno, là fuori, e che dovevano tornarsene a letto e non pensarci più? Era necessaria una specie di spiegazione, dato che ormai sapevano che i Deeping se n’erano andati.»
George disse: «Sarebbe bastato raccontare che Ruth era rientrata in casa insieme al bambino, aveva svegliato Leonard… e lui l’aveva seguita per tutta la casa, magari cercando di convincerla a tornare a letto…»
«E tutti e tre sono finiti per caso addosso a Douglas?»
«Be’, e perché no? Douglas gli ha parlato, e Leonard gli ha risposto di non preoccuparsi. Poi Douglas ha gridato, ha spaventato Ruth. Lei è corsa giù insieme al bambino, e Leonard l’ha inseguita. Giù in cantina, e poi fuori dalla porta che Ruth aveva lasciato aperta.»
Douglas protestò: «Ma non è stato…»
George l’interruppe. «Forse no. Ma lei avrebbe dovuto star zitto, non le sembra? A che serve spaventare la gente per nulla?»
Selby disse: «Innanzi tutto, lei sottovaluta l’intelligenza delle donne. È un’abitudine dei maschi di professione… sempre inopportuna, e qualche volta pericolosa.»
George arrossì leggermente, ma si controllò.
«E in secondo luogo?»
«Per il loro bene, e per la sicurezza di tutti… debbono rendersi conto che i Deeping, adesso, costituiscono una minaccia. O vorrebbe negarlo?»
Vi fu un silenzio. George disse: «Alle quattro del mattino, non me la sento di negare o di accettare niente. Questa è la seconda notte consecutiva che le donne sono state tirate giù dal letto a suon di urla.» Poi lanciò un’occhiata a Douglas. «Non è colpa di nessuno, ma si sentiranno sconvolte. La cosa migliore è calmarle e farle tornare a letto, e non spaventarle parlando di pericoli e di quello che sarebbe potuto accadere se Douglas non avesse gridato per chiedere aiuto.»
«Farle tornare a letto?» disse Selby. «Addormentate con le coperte ben rimboccate? E se i Deeping tornano, magari fra un’ora? Anche se spranga la porta e chiude la finestra della cantina… cosa impedisce ai Deeping di spaccare un vetro e di entrare?»
«Niente,» fece George. «Ma anche lei, in quanto a sottovalutare l’intelligenza, non scherza. Non so se i Deeping siano o no pericolosi per noi. Forse a Dulwich si comportano sempre così. Ma evidentemente non possiamo correre rischi. Un’altra ragione per cui vi ho chiamati qui è per decidere il modo migliore di organizzarci.» Lanciò un’occhiata tagliente a Selby. «Non so bene cosa voglia dire maschio di professione, ma non ritengo necessario coinvolgere le donne. È evidente che dobbiamo mettere qualcuno a montare la guardia, di notte. Stavolta ci penserò io. Poi… siamo in quattro, contando Peter. All’incirca, due ore a testa.»
Douglas disse: «Pensa che domani notte saremo ancora… be’, in questa situazione?»
«Forse no,» rispose George. «Forse domattina sentiremo suonare il campanello, e ci troveremo davanti i Deeping, completamente normali, che ci chiederanno del caffè bollente. O magari arriveranno i soccorsi da Nidenhaut.»
«Preferisco la prima alternativa,» disse Selby, «anche se ci trovo qualche pecca.»