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Non ottenne risposta. Chiamò di nuovo.

«Marie! Ti ho detto di scendere subito. Basta con queste sciocchezze.»

Silenzio. Lei guardò George. Quello allungò la mano, prese il fucile che Douglas aveva portato, e cominciò a salire. Aveva la faccia incupita, e Mandy notò il tic all’occhio. Dopo un attimo d’esitazione Douglas lo seguì, e anche lei salì. Le scale cigolarono sotto i loro passi. Mandy attese un suono qualunque… un rimprovero, un grido, non sapeva neppure lei che cosa. Ma non udì nulla.

George aprì la porta con un calcio ed entrò, tenendo il fucile sotto il braccio destro e l’indice sul grilletto. Intimorita, Mandy attendeva lo sparo e il resto, ancora più orribile. Ma non ci fu nessuno sparo. Invece, i passi di George si fecero più svelti, attraversarono correndo la stanza.

Era vuota. La finestra era spalancata, e George era affacciato e guardava giù. Il soffio gelido dell’aria proveniente dall’esterno fece rabbrividire Mandy, ma seguì Douglas e si fermò accanto al marito. Era molto buio, e la nebbia era più fitta che mai. La neve, al suolo, era una confusa chiazza bianca, e non mostrava nulla di nulla.

Dodici metri più sotto.

X.

Sporgendosi, Douglas esclamò: «Dio mio! Deve essersi ammazzata.»

«Lei? O loro?» George si scostò dal davanzale. «È quel che vorrei sapere.»

Anche Mandy si era voltata, e si stava precipitando verso la porta. George le gridò:

«Dove vai?»

«Solo a vedere se non si è fatta niente.»

George la raggiunse e l’afferrò per un braccio.

«Non fare sciocchezze, Mandy,» disse. «Probabilmente è proprio quel che vogliono loro.»

Lei lo fissò. «Ma non possiamo…»

«Sono in quattro, là fuori, cinque se contiamo il bambino. Un paio di loro possono essere feriti, ma non lo sappiamo con certezza. Tu resti in casa. Vai a svegliare Selby, e digli che si alzi. Andrò con lui e con Douglas a dare un’occhiata. Con il fucile.»

«Ma Marie può essere ferita gravemente.»

«Sì. E sarebbe meglio se fosse morta. Vai a svegliare Selby.»

Quando Mandy fu uscita, George chiuse la finestra, e mise il gancio. Quando uscì a sua volta, chiuse la porta a chiave dall’esterno, e fece lo stesso con l’altra porta, quella della stanza che era stata di Peter. Intascò le chiavi e accennò a Douglas di precederlo giù per la stretta scala.

Selby venne loro incontro sul ballatoio del primo piano, allacciandosi i calzoni. Era pallido ed esausto: la notte precedente aveva dormito molto meno degli altri, pensò Douglas; e quella notte aveva fatto il turno di guardia centrale. E fisicamente era un individuo più febbrile che energico.

Selby disse, con quella sua voce piuttosto acuta:

«Allora? Hanno preso Marie? Come sono arrivati fino a lei? Io sono sicuro che non è salito nessuno durante il mio turno di guardia.»

«Neppure durante il mio,» fece Douglas.

«Magari tirerò a indovinare,» disse George, «ma Peter, da giovane, era uno scalatore. Forse si è arrampicato all’esterno della casa, ed è entrato dalla finestra. Marie non aveva messo il gancio.» Respirò, pesantemente. «Una grossa imprudenza, da parte sua.»

Douglas disse: «Da giovane… ma adesso? Quanti anni ha… verso i settanta?»

«Sessantaquattro,» disse George. «È nato il giorno in cui morì la regina Vittoria. Ne era un po’ orgoglioso.»

Douglas pensò a Peter, con i capelli bianchi e la leggera zoppia dovuta ai reumatismi. «Ma in ogni caso…»

«È possibile,» disse Selby. «Se non t’importa molto di te stesso. O se non importa a chi dispone di te. Mandy dice che Marie si è buttata dal balconcino. Suppongo che lo abbiano fatto tutti e due. Vale la stessa spiegazione.»

George disse: «Penso che dovremmo uscire a vedere. Se uno di loro si è rotto una gamba…»

«Sarebbe una fortuna,» disse Selby. «Non abbiamo mai avuto occasione di osservare bene uno di loro, tranne all’inizio. E allora non sapevamo che cosa avevamo per le mani.»

Loro, pensò Douglas. I nemici. Ed era vero, naturalmente. Ma che tipo di nemici?

«E cosa avevamo per le mani?» chiese.

«Non lo so,» disse Selby. «Ma comincio ad avere qualche idea. Per prima cosa, andiamo a vedere cosa possiamo trovare là fuori.»

Era ancora molto buio, e il freddo era pungente. Elizabeth si era alzata, nel frattempo; e lei e Mandy stavano accanto alla porta. George aveva detto loro di sbarrarla, appena fossero usciti, e di riaprirla solo quando si fossero fatti riconoscere chiaramente, al ritorno. Douglas aveva una torcia elettrica, George il fucile. Dovevano stare ai fianchi di Selby, senza allontanarsi. Salirono il pendio, dalla porta principale, verso destra, intorno al fianco della casa. La neve si era ammucchiata ed era alta parecchie decine di centimetri: aveva una crosta fragile, ma sotto quella superficie era piuttosto soffice.

«Ecco,» disse George.

Douglas puntò il raggio della torcia. Non c’era dubbio: avevano trovato il punto. Un buco nella neve, e un altro a poca distanza… un buco fatto da un corpo pesante, caduto dall’alto. Intorno c’erano tracce confuse, da cui non si poteva ricavare nulla. Douglas orientò il raggio in varie direzioni. Non c’era altro che la neve e la nebbia.

George disse: «Inutile cercare ancora. È meglio che torniamo dentro, al caldo.»

«Non possono essere andati lontano,» osservò Douglas. «Se uno di loro si è ferito, per esempio.»

«Ma non abbastanza gravemente da impedirgli di allontanarsi,» disse Selby. «O di venire trasportato. In ogni caso, è molto improbabile che riusciamo a trovarli, con questo buio.»

Tornarono indietro, in silenzio. Mandy guardò attraverso i vetri quando suonarono, e li fece entrare.

«Marie si è fatta male?» chiese.

George scosse il capo. «Non sappiamo. Non era rimasta ad aspettarci per dircelo. Chiuderò io, Mandy. Puoi prepararci una tazza di caffè?»

«Non ce n’è più. Solo tè.»

«E va bene, allora tè.» Le strinse il braccio, affettuosamente. «Ma in fretta, tesoro. E prepara qualcosa per colazione. Siamo tutti affamati.»

Elizabeth era andata a far alzare Stephen, e aveva detto che avrebbe svegliato anche Jane e Diana. Dopo essersi sbarazzati degli indumenti pesanti che s’erano messi per uscire, i tre uomini andarono in cucina, dove Mandy stava preparando la colazione. Lei fece il tè, e loro sedettero a tavola.

Douglas disse: «Sarebbe stata una scalata difficile anche per un giovane. E perché arrampicarsi fin lassù? Perché non è entrato a uno dei piani più bassi?»

George rispose: «Chi era di guardia l’avrebbe sentito. Lassù, invece, non correva rischi. Probabilmente ha immaginato che Marie non avesse chiuso bene la finestra, perché sapeva quanto era distratta: ma se anche l’avesse trovata chiusa, avrebbe potuto entrare nella sua stanza, senza fare troppo rumore.»

«E che intenzioni aveva?» chiese Selby.

«Peter raggiunge Marie, presumibilmente mentre lei dorme. La converte, o la contagia, o quello che è. Poi, se riescono a far salire Mandy, prendono anche lei. È il momento più adatto, no? Una o due persone in piedi, gli altri a letto. Marie e Mandy scendono da Douglas, e Peter resta un po’ indietro, per non farsi vedere, fino a quando non è troppo tardi. Poi… aprono la porta, suppongo, e fanno entrare gli altri. Tutto finito nel giro di mezz’ora.»

Selby annuì. «Mi sembra logico.»

«Troppo logico,» disse George. «Il piano è fallito solo perché Mandy ha intuito che qualcosa non andava.»

Mandy, che era davanti alla stufa, si voltò. «È stato qualcosa nella voce di Marie. Il suo modo di parlare… non era confuso, ma molto lento. Più lento di come parlava lei di solito.»

«È uno dei fattori caratteristici,» osservò Selby. «O almeno, lo sembra. Ricordate Andy, e Ruth. I riflessi un po’ rallentati, direi.» Si fregò le mani, irrequieto. «Mio Dio, vorrei catturarne uno, da esaminare con calma.»