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“ Ecco come vanno le cose, - diceva ancora tra sé don Abbondio: - a quel satanasso, - e pensava all'innominato, - le braccia al collo; e con me, per una mezza bugia, detta a solo fine di salvar la pelle, tanto chiasso. Ma sono superiori; hanno sempre ragione. È il mio pianeta, che tutti m'abbiano a dare addosso; anche i santi ”. E ad alta voce, disse: - ho mancato; capisco che ho mancato; ma cosa dovevo fare, in un frangente di quella sorte?

- E ancor lo domandate? E non ve l'ho detto? E dovevo dirvelo? Amare, figliuolo; amare e pregare. Allora avreste sentito che l'iniquità può aver bensì delle minacce da fare, de' colpi da dare, ma non de' comandi; avreste unito, secondo la legge di Dio, ciò che l'uomo voleva separare; avreste prestato a quegl'innocenti infelici il ministero che avevan ragione di richieder da voi: delle conseguenze sarebbe restato mallevadore Iddio, perché si sarebbe andati per la sua strada: avendone presa un'altra, ne restate mallevadore voi; e di quali conseguenze! Ma forse che tutti i ripari umani vi mancavano? forse che non era aperta alcuna via di scampo, quand'aveste voluto guardarvi d'intorno, pensarci, cercare? Ora voi potete sapere che que' vostri poverini, quando fossero stati maritati, avrebbero pensato da sé al loro scampo, eran disposti a fuggire dalla faccia del potente, s'eran già disegnato il luogo di rifugio. Ma anche senza questo, non vi venne in mente che alla fine avevate un superiore? Il quale, come mai avrebbe quest'autorità di riprendervi d'aver mancato al vostro ufizio, se non avesse anche l'obbligo d'aiutarvi ad adempirlo? Perché non avete pensato a informare il vostro vescovo dell'impedimento che un'infame violenza metteva all'esercizio del vostro ministero?

“ I pareri di Perpetua! ” pensava stizzosamente don Abbondio, a cui, in mezzo a que' discorsi, ciò che stava più vivamente davanti, era l'immagine di que' bravi, e il pensiero che don Rodrigo era vivo e sano, e, un giorno o l'altro, tornerebbe glorioso e trionfante, e arrabbiato. E benché quella dignità presente, quell'aspetto e quel linguaggio, lo facessero star confuso, e gl'incutessero un certo timore, era però un timore che non lo soggiogava affatto, né impediva al pensiero di ricalcitrare: perché c'era in quel pensiero, che, alla fin delle fini, il cardinale non adoprava né schioppo, né spada, né bravi.

- Come non avete pensato, - proseguiva questo, - che, se a quegli innocenti insidiati non fosse stato aperto altro rifugio, c'ero io, per accoglierli, per metterli in salvo, quando voi me gli aveste indirizzati, indirizzati dei derelitti a un vescovo, come cosa sua, come parte preziosa, non dico del suo carico, ma delle sue ricchezze? E in quanto a voi, io, sarei divenuto inquieto per voi; io, avrei dovuto non dormire, fin che non fossi sicuro che non vi sarebbe torto un capello. Ch'io non avessi come, dove, mettere in sicuro la vostra vita? Ma quell'uomo che fu tanto ardito, credete voi che non gli si sarebbe scemato punto l'ardire, quando avesse saputo che le sue trame eran note fuor di qui, note a me, ch'io vegliavo, ed ero risoluto d'usare in vostra difesa tutti i mezzi che fossero in mia mano? Non sapevate che, se l'uomo promette troppo spesso più che non sia per mantenere, minaccia anche non di rado, più che non s'attenti poi di commettere? Non sapevate che l'iniquità non si fonda soltanto sulle sue forze, ma anche sulla credulità e sullo spavento altrui?

“ Proprio le ragioni di Perpetua ”, pensò anche qui don Abbondio, senza riflettere che quel trovarsi d'accordo la sua serva e Federigo Borromeo su ciò che si sarebbe potuto e dovuto fare, voleva dir molto contro di lui.

- Ma voi, - proseguì e concluse il cardinale, - non avete visto, non avete voluto veder altro che il vostro pericolo temporale; qual maraviglia che vi sia parso tale, da trascurar per esso ogni altra cosa?

- Gli è perché le ho viste io quelle facce, - scappò detto a don Abbondio; - le ho sentite io quelle parole. Vossignoria illustrissima parla bene; ma bisognerebbe esser ne' panni d'un povero prete, e essersi trovato al punto.

Appena ebbe proferite queste parole, si morse la lingua; s'accorse d'essersi lasciato troppo vincere dalla stizza, e disse tra sé: “ ora vien la grandine ”. Ma alzando dubbiosamente lo sguardo, fu tutto maravigliato, nel veder l'aspetto di quell'uomo, che non gli riusciva mai d'indovinare né di capire, nel vederlo, dico, passare, da quella gravità autorevole e correttrice, a una gravità compunta e pensierosa.

- Pur troppo! - disse Federigo, - tale è la misera e terribile nostra condizione. Dobbiamo esigere rigorosamente dagli altri quello che Dio sa se noi saremmo pronti a dare: dobbiamo giudicare, correggere, riprendere; e Dio sa quel che faremmo noi nel caso stesso, quel che abbiam fatto in casi somiglianti! Ma guai s'io dovessi prender la mia debolezza per misura del dovere altrui, per norma del mio insegnamento! Eppure è certo che, insieme con le dottrine, io devo dare agli altri l'esempio, non rendermi simile al dottor della legge, che carica gli altri di pesi che non posson portare, e che lui non toccherebbe con un dito. Ebbene, figliuolo e fratello; poiché gli errori di quelli che presiedono, sono spesso più noti agli altri che a loro; se voi sapete ch'io abbia, per pusillanimità, per qualunque rispetto, trascurato qualche mio obbligo, ditemelo francamente, fatemi ravvedere; affinché, dov'è mancato l'esempio, supplisca almeno la confessione. Rimproveratemi liberamente le mie debolezze; e allora le parole acquisteranno più valore nella mia bocca, perché sentirete più vivamente, che non son mie, ma di Chi può dare a voi e a me la forza necessaria per far ciò che prescrivono.

“ Oh che sant'uomo! ma che tormento! - pensava don Abbondio: - anche sopra di sé: purché frughi, rimesti, critichi, inquisisca; anche sopra di sé ”. Disse poi ad alta voce: - oh, monsignore! che mi fa celia? Chi non conosce il petto forte, lo zelo imperterrito di vossignoria illustrissima? - E tra sé soggiunse: “ anche troppo ”.

- Io non vi chiedevo una lode, che mi fa tremare, - disse Federigo, - perché Dio conosce i miei mancamenti, e quello che ne conosco anch'io, basta a confondermi. Ma avrei voluto, vorrei che ci confondessimo insieme davanti a Lui, per confidare insieme. Vorrei, per amor vostro, che intendeste quanto la vostra condotta sia stata opposta, quanto sia opposto il vostro linguaggio alla legge che pur predicate, e secondo la quale sarete giudicato.

- Tutto casca addosso a me, - disse don Abbondio: - ma queste persone che son venute a rapportare, non le hanno poi detto d'essersi introdotte in casa mia, a tradimento, per sorprendermi, e per fare un matrimonio contro le regole.

- Me l'hanno detto, figliuolo: ma questo m'accora, questo m'atterra, che voi desideriate ancora di scusarvi; che pensiate di scusarvi, accusando; che prendiate materia d'accusa da ciò che dovrebb'esser parte della vostra confessione. Chi gli ha messi, non dico nella necessità, ma nella tentazione di far ciò che hanno fatto? Avrebbero essi cercata quella via irregolare, se la legittima non fosse loro stata chiusa? pensato a insidiare il pastore, se fossero stati accolti nelle sue braccia, aiutati, consigliati da lui? a sorprenderlo, se non si fosse nascosto? E a questi voi date carico? e vi sdegnate perché, dopo tante sventure, che dico? nel mezzo della sventura, abbian detto una parola di sfogo al loro, al vostro pastore? Che il ricorso dell'oppresso, la querela dell'afflitto siano odiosi al mondo, il mondo è tale; ma noi! E che pro sarebbe stato per voi, se avessero taciuto? Vi tornava conto che la loro causa andasse intera al giudizio di Dio? Non è per voi una nuova ragione d'amar queste persone (e già tante ragioni n'avete), che v'abbian dato occasione di sentir la voce sincera del vostro vescovo, che v'abbian dato un mezzo di conoscer meglio, e di scontare in parte il gran debito che avete con loro? Ah! se v'avessero provocato, offeso, tormentato, vi direi (e dovrei io dirvelo?) d'amarli, appunto per questo. Amateli perché hanno patito, perché patiscono, perché son vostri, perché son deboli, perché avete bisogno d'un perdono, a ottenervi il quale, pensate di qual forza possa essere la loro preghiera.