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«Sì, certo. È la verità.»

L’Alto Ricognitore sospirò. «Molto bene. Con un imbroglio così contestabile non forzeremo le accuse. Non c’erano altri testimoni, presumo.»

«No.»

«Bene, allora.» Si mise alla scrivania. «Ma il Patriarca insiste su un’applicazione severa. Se viene a sapere di questa… questa uccisione, temo il peggio. Se fossi in voi lascerei il pianeta quanto prima possibile.»

Gardius lo guardò stringendo improvvisamente gli occhi. Le accuse, la stretta osservanza della legge, erano forse espedienti per eludere altri impegni? Sarebbe stato pericoloso fare ulteriori pressioni, pensò.

L’Alto Ricognitore era chiaramente di umore nervoso.

«Mio Signore,» disse Gardius gentilmente, «ad ogni modo, al di là del metodo, del motivo, del tempo e del luogo, ho adempiuto il mio… il nostro scopo. Ho ucciso Arman. Ora vuoi restituirmi mio fratello e mia sorella come promesso?»

L’Alto Ricognitore sollevò lentamente lo sguardo. «Mio caro Gardius, ho sentito bene? Proprio adesso, sulla parola infondata di questa ragazza, ho assunto la responsabilità di rilasciarti… e tu mi fai delle richieste! Sei sorprendentemente audace!»

Mardien tirò Gardius per un braccio. «Vieni, Jaime.»

«Devo capire allora,» chiese Gardius, «che non mi renderai mio fratello e mia sorella?»

L’Alto Ricognitore abbassò le sopracciglia in una linea diritta. «Naturalmente no. Sono felicemente integrati nella loro nuova vita. Tuo fratello fa funzionare un congegno elettrico. Tua sorella occupa… ha un interessante impiego altrove. Sei un arrogante. Il Patriarca esigerebbe la mia testa. Adesso vattene prima che mi penta della mia generosità!»

«Vieni, Jaime,» sussurrò Mardien. «Andiamo.»

Riluttante Gardius si allontanò. La voce dell’Alto Ricognitore li seguì. «Capite, la nave di Arman è confiscata, assieme al suo carico. Nella presumibile assenza di eredi e riconoscendo il debito di Arman nei confronti del Patriarca, di cui ha rubato lo yacht privato, lo stato avrà diritto incontestabile alla proprietà della nave. Perciò è meglio che trasferiate immediatamente i vostri effetti personali.»

Mardien e Gardius si fermarono sulla via, proprio sotto l’Arco di Guchman.

«Di nuovo un fallimento,» disse Gardius, aprendo e chiudendo i pugni. «Beffati e allontanati.»

Mardien lo tirò per il braccio, incitandolo a camminare, sentendo che fino a quando Gardius si muoveva non avrebbe fatto gesti avventati.

«Fallimento! La mia povera sorellina… così fiduciosa e innocente…»

«Jaime, non rimuginarci sopra. Non serve a niente. E siamo fortunati ad essere vivi.»

Gardius si fermò di colpo sui suoi passi, si volse e guardò l’Arco di Guchman, su verso la suite dell’Alto Ricognitore.

«Quello è l’uomo che avrei dovuto uccidere. Se lui e quelli come lui non esistessero, non ci sarebbero quelli come Arman.»

«Sciocchezze,» disse Mardien. «Ci sono sempre stati uomini cattivi… e sempre ci saranno. Adesso andiamo, Jaime, caro, prima che ti metta in guai peggiori. Ci compreremo un passaggio per tornare su Fell su una delle navi da carico.»

«Non è ancora finita,» borbottò Gardius. «E la prossima volta che me lo troverò di fronte… la prossima volta…»

Il Reverendo Patriarca di Maxus e il suo Alto Ricognitore erano entrambi magri come un insetto stecco. In entrambi il naso scendeva a picco da una fronte pallida, e separava le orbite incavate come una lama di osso. Il Patriarca era più alto di una testa, e aveva i capelli grigi. I capelli dell’Alto Ricognitore, neri e lucenti, erano avvolti, arricciati e impastati secondo la moda di Alambar.

L’espressione del Patriarca era volubile, sospettosa, caratterizzata da occhi perennemente spalancati. L’Alto Ricognitore ostentava invece uno sguardo sul quale si abbassavano palpebre pesanti. Il Patriarca era più duro e insensibile, l’Alto Ricognitore era più sottile. Per una strana coincidenza quel giorno indossavano entrambi pesanti vesti scarlatte.

Il Patriarca passeggiava sul tappeto rosso ciliegia. L’Alto Ricognitore era tranquillamente seduto in una soffice poltrona ricoperta di pelle umana tinta di giallo e di nero. Il Patriarca si sfregava le mani una con l’altra, e le dita si muovevano rapide sui pallidi polsi.

«Innocuo oppure no, culto religioso oppure no, significa organizzazione. E non possiamo permettere un’organizzazione tra gli schiavi.»

L’Alto Ricognitore fece una smorfia indifferente. «Costituisce un contentino, un oppiaceo. Soddisfa un bisogno.»

«Bisogno?»

«Certamente. Considera la rapidità con cui questo movimento si è diffuso tra gli schiavi, qui, altrove, ovunque. Se non soddisfacesse un bisogno non avrebbe incontrato un’accettazione tanto rapida.»

«Significa organizzazione,» dichiarò il Patriarca ostinatamente.»

«Non posso essere d’accordo. È amorfo, non c’è alcuna centralità. È una mera mania, una moda passeggera, un culto popolare. Io dico, lasciamo che ci trovino diletto, lasciamo che esauriscano le loro energie nervose nel rituale. Avremo meno problemi disciplinari e di conseguenza una più alta produttività. Già noto una più estesa docilità, specialmente tra le categorie meno trattabili.»

«Bah! Gli schiavi sono docili solo quando c’è corrente nei circuiti penali.» Si abbatté su una sedi e bevve dalla coppa di infuso bollente. «E come fai a sapere quali codici e quali simboli segreti sono presenti in questi rituali?»

L’Alto Ricognitore giocherellò con il rubino che gli ciondolava all’orecchio. «Ho spie e informatori che me lo dicono…»

«E così,» esclamò il Patriarca trionfante, «provi una preoccupazione che non ammetti! Bada a te, Lesman, non tentare sotterfugi!»

«Certo no, Magnificat. Mi limito a dimostrare la mia determinazione a non trascurare alcuna possibile fonte di agitazioni, nessun nodo di irrequietezze anche se minimo.»

«Vedi di continuare così.» il Patriarca riprese a passeggiare. «C’è ancora una questione di…»

Un servo in una tunica rossa, bianca e grigia entrò nella stanza e tossì timidamente. L’Alto Ricognitore, irritato, disse: «Cosa significa questa intrusione? Non vedi che siamo impegnati in una discussione?»

Il servo chinò la testa. «Scusami, Signore, c’è un uomo che insiste per avere udienza immediata.»

«Udienza immediata! A quest’ora di mattina? E chi è?»

«Il suo nome è Jaime Gardius. Dice di essere appena arrivato dal pianeta Fell, e insiste sull’urgenza della sua questione. L’ho avvertito che eri in riunione, ma mi ha impressionato con l’importanza del suo scopo. È sembrato certo che l’avresti ricevuto.»

Il Patriarca disse con petulanza: «Chi è questo Gardius?»

«Ricordi Arman?» chiese l’Alto Ricognitore con voce assente.

«Non pronunciare quel nome.»

«Gardius l’ha ucciso. Un sordido assassinio sulla nave di Arman. È stato rilasciato su dimostrazione di legittima difesa.»

«E che cosa vuole adesso?»

«Non ne ho idea. È arrivato da Fell, e Fell è il pianeta da cui provengono gli Otro. Sono gli Otro, ti ricorderai, che sembrano avere promulgato questo nuovo culto.»

Il Patriarca fece un cenno al servo. «Perquisiscilo bene, che non abbia armi, poi fallo entrare. Raddoppia le guardie alla porta.»

Gardius entrò. Rivolse un cenno del capo all’Alto Ricognitore, salutò il Patriarca. Indossava un ricco mantello di tessuto blu, ricamato a viti e foglie. Si muoveva con una sicurezza e una mancanza di rispetto che irritarono l’Alto Ricognitore.

«Ebbene, Gardius? Pensavo di averti visto per l’ultima volta.»

«Il vostro momento è giunto.»

I due uomini in veste scarlatta lo guardarono a bocca aperta. «Cosa intendi dire?»

«Ci sono quattrocento milioni di schiavi su questo pianeta. Voi Sommi siete quaranta milioni. Gli schiavi vi circondano, vi premono addosso come l’acqua attorno ai pesci.»