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— Ero così vicino! Se non mi fossi fermato al quinto piano per la mia inchiesta fasulla…

— Capisco ma dovevi farlo. Non avresti mai sfondato la porta se avevi a disposizione un mezzo più semplice. Non puoi rimproverarti per questo motivo. Se tu fossi arrivato un’ora (o un giorno) più tardi la penseresti indubbiamente in modo diverso, e lei sarebbe sempre morta.

Ma mi era venuto in mente un altro pensiero. Era possibile che l’uomo che mi aveva incrociato a Memphis si fosse agitato proprio perché mi aveva visto? Il misterioso visitatore di Leila l’aveva forse sconvolto? Forse uno scorcio del mio volto in mezzo alla folla aveva provocato la scena finale?

— Stop! Potrei anch’io sentirmi in colpa per il fatto di aver attivato l’elmetto in presenza di un uomo pericoloso vicino al punto di rottura. Nessuno di noi è responsabile per cose che la nostra presenza od assenza può provocare ad altri, specialmente fintanto che ne ignoriamo gli effetti. Ho impiegato molti anni ad imparare ad apprezzare questo fatto, e non ho nessuna intenzione di trascurarlo adesso. Fino a che punto vuoi spingerti indietro nella ricerca delle cause? Nell’aver mandato quell’uomo a prendere l’elmetto come fece, è stata proprio lei a dar vita alla catena di eventi che condussero alla sua distruzione. Eppure agì spinta dalla paura, utilizzando l’arma più pronta, in quella che considerava la sua difesa. Eppure da dove viene questa paura? Le sue radici nascono nel senso di colpa, per una cosa accaduta molto tempo prima. Il senso di colpa ha spinto e dannato la razza umana fin dai giorni della sua prima razionalità. Io sono convinto che ci accompagni fino alla tomba. Io sono un prodotto del senso di colpa… so che tu lo sai. Il suo prodotto; il suo soggetto; una volta il suo schiavo… Ma sono riuscito ad affrontare rendendomi conto almeno che è un elemento necessario della mia porzione di umanità. So che tu sei al corrente della morte… quella della guardia, quella di Dave, di Leila… e capisco le tue conclusioni su molte altre cose: che razza stupida, perversa, miope siamo. Se da certi punti di vista è vero, non è che un altro aspetto del senso di colpa. Senza colpa, l’uomo non sarebbe nulla di diverso dagli altri abitanti di questo pianeta… tranne certi cetacei, di cui mi hai dato nozione pochi attimi fa. Si tratta di un istinto per un vero adeguamento alla ferocia della vita, per una visione del mondo naturale precedente alla comparsa dell’uomo. Per l’istinto nella sua forma più pura, bisogna guardare gli insetti. Fra essi si trova una condizione di bellicosità esistita per milioni di anni senza mai giungere ad eccessi. L’uomo, nonostante gli enormi progressi, possiede non di meno un numero ancora maggiore di istinti positivi rispetto alle altre specie,per cui gli istinti costituiscono la maggior parte della vita. Tali impulsi, credo, sono dovuti direttamente a questa capacità di avvertire il senso di colpa. Compaiono sia nei migliori che nei peggiori esemplari umani.

— E tu pensi che ci aiuti spesso a scegliere una linea di azione più nobile?

— Sì, proprio così.

— Allora posso supporre che tu possiedi il libero arbitrio?

— Sì.

Ridacchiai. — Marvin Minsky disse una volta che quando fossero state costruite macchine intelligenti, si sarebbero rivelate testarde e fallibili come l’uomo su questo punto.

— Non che avesse torto. Quella che ti ho detto in merito è solo la mia opinione. Io scelgo di agire a seconda dei casi. Chi può dire di avere una risposta sicura?

— Scuse. E adesso? Perché sei tornato?

— Sono venuto a salutare i miei creatori. Speravo di toglier loro qualsiasi senso di colpa che potessero ancora provare verso di me per quanto riguarda i giorni della mia fanciullezza. Volevo mostrar loro che mi sono ripreso. Volevo rivederli.

— Dove hai intenzione di andare?

— Verso le stelle. Pur portando dentro di me l’immagine dell’umanità, so che è unica. Forse quello che desidero è simile a ciò che un uomo organico intende quando parla di «trovare se stesso». Adesso che possiedo pienamente me stesso, voglio realizzarmi. Nel mio caso, questo termine significa realizzare le potenzialità del mio progetto. Voglio camminare su altri mondi, voglio lanciarmi nei cieli e dirvi quello che vedrò.

— Penso che molti sarebbero felici ad aiutarti a farlo.

— E voglio che tu mi costruisca un meccanismo vocale che ho progettato per me stesso. Desidero che sia tu ad installarlo.

— Perché proprio io?

— Ho conosciuto poche persone in questo mondo. Con te sento di avere qualcosa in comune, nel modo in cui ci siamo emarginati.

— Ne sarò felice.

— Se riuscissi a parlare, non avrei bisogno di portargli l’elmetto, per poter parlare con l’ultimo dei miei creatori. Mi precederai per spiegargli la situazione, così che quando entrerò non avrà paura?

— Naturalmente.

— Allora adesso andiamo.

Mi alzai e salii le scale, facendogli cenno di seguirmi.

Era una settimana dopo, di notte, quando sedetti di nuovo da Peabody, a sorseggiare un boccale di birra.

La storia era già comparsa sui giornali, ma Brockden aveva organizzato tutto prima di divulgarla. Il Boia sarebbe stato lanciato tra le stelle. Io gli avevo dato la voce e riparato il braccio che gli avevo staccato. Gli avevo stretto l’altra mano e augurato ogni bene, proprio quella mattina. Lo invidiavo… per un gran numero di motivi. Non ultimo il fatto che era probabilmente un «uomo» molto migliore di me. Lo invidiavo per il modo in cui era più libero di quanto non sarei mai stato anche se sapevo che portava legami di un tipo che non avevo mai conosciuto. Sentivo una forte affinità con lui, per le cose che avevamo in comune, e per quelle in cui eravamo discordi. Mi chiedevo cosa avrebbe sentito infine Dave, se avesse vissuto abbastanza a lungo da incontrarlo. O Leila? O Manny? Siate orgogliosi, dissi alle loro ombre, il vostro ragazzo è cresciuto bene ed è abbastanza grande da perdonarvi per quello che gli avete fatto…

Ma non potevo fare a meno di pormi delle domande. In realtà non sappiamo ancora molto sull’argomento. Era possibile che senza quell’omicidio, avesse potuto sviluppare una coscienza di tipo completamente umano? Aveva detto di essere un prodotto del senso di colpa… della Grande Colpa. Pensai a Godei e Turing, e alle uova ed i pulcini, e decisi che era una di quelle domande… E non mi ero fermato da Peabody per pensare a cose che m’impedissero di rilassarmi.

Non avevo la minima idea di come qualunque cosa avessi detto potesse influenzare un eventuale rapporto di Brockden col Comitato della Banca Centrale dei Dati. Sapevo che con lui ero al sicuro, perché era fermamente deciso a portare con sé la sua colpa fino alla tomba. Non aveva nessuna scelta, se voleva fare quel bene che pensava di poter realizzare prima di morire. Ma qui, in un locale di Mencken, non potei fare a meno di ricordare alcune cose che aveva detto a proposito di controversie, quali: «Riuscirà Huxley a convertire Wilberforce?» e «Riuscirà Lutero a convertire Leone X?» e decisi di non affidare troppo le mie esperienze a niente di ciò che poteva emergere in quella direzione. Meglio pensare a quegli affari in termini di proibizione e bere un’altra birra.

Quando tutto fu finito, mi diressi al mio battello. Speravo di trovare una spinta decente sotto le stelle. Avevo la sensazione che non avrei più potuto guardare il cielo nello stesso modo di prima. Sapevo che spesso mi sarei chiesto a cosa potesse pensare un cervello a neuristori supercongelato lassù, da qualche parte, e sotto quali strani cieli in terre lontane sarei stato un giorno ricordato. Avevo la sensazione che questo fatto avrebbe dovuto rendermi molto più felice di quanto fece in realtà.