Выбрать главу

La sua espressione era indecifrabile, ma indubbiamente da lei non mi ero aspettato niente di diverso.

— Quali fatti? — chiese.

— Non ne ho idea. Sono io a chiederlo.

Lei scosse la testa.

— Temo di non avere idee neanch’io.

— Allora è tutto — dissi. — Non riesco a pensare ad altre domande da farle.

Lei annuì.

— Neanch’io.

Finii il caffè, e posai la tazzina.

— Grazie, allora — dissi — per il suo tempo e per il caffè. Mi è stata di grande aiuto.

Mi alzai. Lei mi imitò.

— Cosa farà adesso? — chiese.

— Non ho ancora ben deciso — risposi. — Voglio fare il miglior rapporto possibile. Ha qualche suggerimento in proposito?

— Penso che non ci sia più nulla da suggerire, in quanto le ho dato la sola spiegazione plausibile dei fatti.

— Non pensa che David Fentris potrebbe fornirmi altri dati?

Lei sospirò.

— No — disse. — Non penso che potrebbe dirle altro di utile.

— Cosa intende dire? Dal modo in cui parla…

— Lo so. No, volevo dire che… alcuni trovano conforto nella religione. Altri… Sapete. Altri cercano una vendetta nella vita. Vedono tutto in funzione del loro modo di pensare.

— Fanatismo? — dissi.

— Non esattamente. Zelo mal collocato. Una cosa abbastanza simile al masochismo… Diavolo! Non dovrei formulare diagnosi a distanza… né influenzare la sua opinione. Dimentichi quello che ho detto. Si faccia una sua opinione quando lo incontrerà.

Alzò la testa, approvando la mia reazione.

— Bene — risposi io. — Non sono del tutto certo che lo vedrò. Ma mi ha reso curioso. Come può la religione influenzare l’ingegneria?

— Ho parlato con lui dopo che Jesse ci diede la notizia del ritorno della capsula. In quell’occasione ebbi l’impressione che pensasse che avevamo violato prerogative divine cercando di creare un’intelligenza artificiale. Il fatto che la nostra creazione fosse impazzita era solo logico, essendo prodotto di uomini imperfetti. Sembrava considerare giusto che essa fosse tornata indietro per vendicarsi, come un segno di giudizio su di noi.

— Oh — dissi.

Sorrise. La imitai.

— Sì — continuò — ma forse l’ho solo sentito in un momento in cui era di cattivo umore… Forse dovrebbe andare personalmente a trovarlo.

Qualcosa mi disse di scuotere la testa… c’era una differenza notevole tra questa visione, i miei ricordi, ed i commenti di Don secondo cui David aveva detto che conosceva il suo cervello e non ne era particolarmente interessato. In mezzo a questi dati c’era qualcosa che sentivo avrei dovuto sapere, senza però dare l’impressione di farlo.

Così dissi: — Penso di aver capito abbastanza la situazione, adesso. E la sua dimensione psicologica quella che sembra più importante, non la meccanica… o la teologica. Mi è stata di grandissimo aiuto. Ancora grazie.

Lei mi accompagnò sorridendo alla porta.

— Se non le crea problemi — disse, mentre uscivo. — Mi piacerebbe molto sapere come andrà a finire la questione… o qualsiasi sviluppo significativo.

— Il mio interesse per questo caso termina con questo rapporto, e andrò subito a scriverlo.

— Ha il mio numero…?

— Probabilmente, ma…

L’avevo già, ma lo scrissi di nuovo, appena dopo le risposte di Mrs. Gluntz sui detersivi.

Appena uscito mi diressi all’aeroporto, presi un volo per Memphis, su cui salii per ultimo essendo arrivato appena in tempo. Era il turno di David Fentris; purtroppo non potevo più fare a meno di evitarlo. Avevo una sensazione troppo intensa che Leila Thackery non mi avesse raccontato la storia intera. Dovevo controllare le conseguenze della situazione da vicino. Sentivo che la cosa poteva avere un’importanza vitale.

Appena sceso dall’aereo mi diressi subito all’ufficio di Dave.

Mentre mi avvicinavo, cominciò a cadere una pioggerella fastidiosa ed insistente che tentava inutilmente di ripulirne la facciata polverosa.

Nell’atrio il portinaio mi indicò la strada, l’ascensore mi fece salire, i miei piedi trovarono la strada per la porta dell’ufficio. Bussai. Dopo un attimo, ribussai di nuovo ed attesi. Ancora nulla. Cosi tentai di entrare, scoprii che la porta era aperta e lo feci.

Era un ingresso piccolo e deserto, dalle pareti verdi. La scrivania era polverosa. L’uomo che c’era seduto mi volgeva la schiena. Bussai di nuovo sulla scrivania. Mi sentì e si voltò.

— Sì?

I nostri occhi si incontrarono, ed i suoi mi scrutarono: lenti spesse e molto graduate li nascondevano.

La sua domanda riempì l’aria, e nulla dei suoi modi diede l’impressione che mi avesse riconosciuto.

— Mi chiamo Donne, John Donne — dissi. — Sto cercando David Fentris.

— Sono io.

— Felice di conoscerla — dissi, avvicinandomi a lui. — Sto collaborando ad un’inchiesta riguardante il progetto a cui lei un tempo ha lavorato.

Lui sorrise ed annuì, stringendomi la mano.

— Il Boia — dissi. — Sto scrivendo un rapporto…

— …E vuole la mia opinione sulla sua pericolosità. Si sieda. — Indicò una sedia di fianco alla scivania. — Vuole una tazza di tè?

— No grazie.

— Lo sto preparando.

— Be’, in tal caso…

— Non ho latte. Mi dispiace.

— Va benissimo… Come ha immaginato che riguardava il Boia? Lui si accigliò mentre mi porgeva la tazza.

— Perché è tornato — disse — ed è l’unico progetto a cui ho partecipato che possa interessare qualcuno.

— Le dispiace parlarmene?

— Fino ad un certo punto, no.

— Qual è il punto?

— Se ci avviciniamo troppo, glielo farò sapere.

— Benissimo… Fino a che punto è pericoloso?

— Direi che è del tutto innocuo — rispose — tranne per tre persone.

— Una volta quattro?

— Precisamente.

— Perché?

— Abbiamo fatto una cosa che non avevamo il diritto di fare.

— Che sarebbe?…

— Per dirne una, tentare di creare un’intelligenza artificiale.

— Perché, non avevate il diritto di farlo?

— Un uomo con un nome come il vostro non dovrebbe fare queste domande.

Ridacchiai.

— Se io fossi un predicatore — dissi, — sottolineerei che non esiste nessuna ingiunzione biblica in proposito… a meno che non l’abbiate adorato.

Lui scosse la testa.

Niente di così semplice, di così evidente, di così esplicito. I tempi sono cambiati da quando è stato scritto l’Antico Testamento, e non ci si può limitare ad un approccio esclusivamente fondamentalista in momenti così complessi. Quello a cui volevo arrivare è qualcosa di più astratto. Una forma di orgoglio… il tentativo di mettersi sullo stesso livello del Creatore.

— Lei sente un tale… orgoglio?

— Sì.

— È sicuro che non si sia trattato solo di un entusiasmo per un progetto ambizioso che stava andando bene?

— Oh, ce n’era in abbondanza. Una manifestazione della stessa cosa.

— Mi sembra di ricordare qualcosa sul fatto che gli uomini sono stati creati ad immagine e somiglianza del Creatore, e qualcos’altro sulla necessità di realizzare una tale somiglianza. Sembrerebbe derivarne che esercitare le proprie capacità lungo linee analoghe costituirebbe un passo nella direzione giusta… un atto di conformismo all’ideale divino, se preferisce.