Выбрать главу

Ad un cenno del comandante, Tey Eron ed Afra Devi mossero verso la divisione trasparente. Nonostante l’illuminazione sfavorevole, che dava ai loro corpi la fredda colorazione azzurra del marmo, la loro superba bellezza strappò una esclamazione ammirata ai loro compagni. Anche gli stranieri, scarsamente visibili nella galleria buia, sembrarono altrettanto impressionati: si guardarono l’un l’altro, meravigliati, e si scambiarono grevi gesti.

Alla fine, gli stranieri smisero di scattare fotografie e riaccesero la luce.

«Non dubito affatto che conoscano il significato dell’amore,» disse Taina. «Del vero, meraviglioso amore umano… dal momento che sono esseri umani così intelligenti e così belli.»

«Hai perfettamente ragione, Taina; e questo è incoraggiante, per noi, perché significa che sono in grado di comprenderci perfettamente,» rispose Moot Ang. «Guarda Kari! Kari, cerca di non innamorarti di quella ragazza del pianeta al fluoro! Sarebbe una vera tragedia, per te.»

Il navigatore trasalì, distolse a fatica lo sguardo dagli occupanti dell’astronave bianca.

«Oh, potrei innamorarmene davvero,» confessò, malinconico. «Lo potrei, nonostante tutte le differenze fra noi e loro, nonostante l’immensa distanza che intercorre tra i nostri pianeti.» E il giovane tornò a contemplare, sospirando, il viso sorridente della ragazza.

Gli stranieri montarono uno schermo verde, accanto alla parete divisoria. Su di esso, minuscole figure salivano un piano inclinato, in processione, portando carichi pesanti; quando raggiunsero la sommità, lasciarono cadere il carico e si distesero al suolo. Come negli antichi cartoni animati terrestri, l’immagine rendeva chiaramente l’idea della fatica. Gli stranieri stavano proponendo una breve sospensione per un periodo di riposo. Anche i terrestri erano stanchi, dopo aver trascorso ore ed ore di tensione in attesa dell’incontro; e l’emozione dell’incontro stesso li aveva addirittura sfiniti.

Gli abitanti del pianeta di fluoro avevano evidentemente previsto di incontrare, nei loro viaggi, uomini di altri mondi, e si erano preparati a quegli incontri realizzando pellicole mimiche che potevano sostituire il linguaggio parlato.

La Tellur non aveva compiuto preparativi del genere; ad ogni modo, fu trovata una soluzione. Yas Tin, che era l’artista della compagnia, buttò giù una serie di schizzi su di una tavola da disegno. Cominciò a disegnare figure che esprimevano la stanchezza, poi un viso dall’espressione così intensamente interrogativa che le persone dall’altra parte della divisione sembrarono colpiti come quando avevano veduto davanti a sé Afra e Tey. Poi Yas tracciò uno schizzo della Terra che ruotava attorno al proprio asse, mentre percorreva la sua orbita attorno al Sole; divise la rivoluzione completa in ventiquattro parti eguali ed ombreggiò metà del diagramma.

Gli altri mostrarono un diagramma simile: poi, entrambi gli equipaggi misero in moto dei metronomi che servirono a stabilire la durata delle unità di tempo. I terrestri appresero che il pianeta di fluoro compiva una rivoluzione completa attorno al proprio asse in circa quattordici ore terrestri, e girava attorno al suo Sole in novecento giorni. L’interruzione per il riposo, proposta dagli stranieri, corrispondeva a cinque ore terrestri.

Ancora abbagliati dalla nuova esperienza, i terrestri lasciarono il dotto tubolare. Le luci si spensero, venne spenta anche l’illuminazione esterna delle due navi.

Adesso, i due vascelli spaziali erano bui e senza vita, fianco a fianco, nella gelida oscurità dell’infinito.

Tuttavia, nell’interno il lavoro procedeva con grande alacrità. Il cervello umano ricorse alle sue inesauribili riserve di ingegnosità per studiare nuovi mezzi adatti a portare agli altri esseri umani la conoscenza accumulatasi nel corso di migliaia d’anni di lavoro, di pericoli e di sofferenze… la conoscenza che aveva liberato l’uomo prima dallo strapotere della natura primordiale, poi alle strettoie di un feroce ordine sociale, dalle malattie, dall’invecchiamento precoce, e che finalmente aveva aperto la strada verso l’estensione infinita dell’universo.

Il secondo incontro nella galleria cominciò con una esibizione di carte astronomiche. Né i terrestri né gli abitanti del pianeta di fluoro avevano mai veduto le costellazioni che avevano superato nelle rispettive rotte. Soltanto più tardi, poi, sulla Terra, fu accertato che il sole azzurro del pianeta di fluoro era situato in un ammasso stellare minore, nella Via Lattea, non lontano da Tau Ophiuchi.

Gli stranieri erano diretti verso un ammasso stellare, all’estremità settentrionale di Ophiucus, quando avevano incontrato la Tellur, verso i limiti meridionali della costellazione di Ercole.

Gli stranieri innalzarono uno schermo, fatto di stecche di metallo rosso, alto all’incirca la statura di un uomo. Nelle fenditure fra le stecche, i terrestri videro improvvisamente qualcosa che turbinava; poi, improvvisamente, le stecche girarono, scomparvero alla vista, e davanti allo sguardo dei terrestri si aprì una vasta distesa di spazio nelle cui profondità stavano ruotando splendenti sfere azzurre. Erano i satelliti del pianeta di fluoro.

Lentamente, anche il pianeta si avvicinò; una vasta fascia azzurra di nuvola solida lo cingeva all’equatore. Nelle zone polari e sub-polari c’erano deboli scintillii di grigio e di rosso: fra queste e la fascia equatoriale c’erano strisce del bianco più puro, simile al colore della superficie della astronave straniera. L’atmosfera conteneva meno vapore, in quelle zone, e si poteva scorgere il contorno dei mari, dei continenti, delle catene montuose. Il pianeta era più grande della Terra; la sua rapida rotazione gli creava intorno un potente campo magnetico. Un bagliore violetto si stendeva, in lingue lunghissime, dall’equatore verso l’oscurità dello spazio.

Ora dopo ora, i terrestri sedettero in silenzio, senza respiro, davanti alla parete divisoria, osservando le immagini sorprendentemente realistiche del pianeta di fluoro, che il misterioso strumento stava mostrando loro. Videro le onde violette degli oceani di acido fluoridrico bagnare le spiagge di sabbia nera, i picchi rossi, i pendii di montagne che irradiavano una debole luminosità azzurrina.

Verso i poli, l’azzurro dell’atmosfera diventava più intenso e la luce azzurra della stella viola attorno alla quale girava il pianeta sembrava ancora più pura. Qui le montagne erano cupole arrotondate, rilievi dalle sommità piatte, che emanavano un dolce splendore. Strisce opalescenti di nuvole azzurre si specchiavano sui grandi golfi. Le rive dei mari erano orlate di gigantesche strutture di metallo rosso e di pietra verde-erba. Strutture dello stesso genere si alzavano nelle vallate longitudinali che si protendevano verso i poli. Dovevano coprire aree vastissime, per essere visibili da una simile altezza. Fra le zone dove sorgevano le costruzioni si stendevano vasti tratti di densa vegetazione azzurro-verde, o le cupole arrotondate delle montagne, che avevano lo splendore interiore degli opali terrestri. Le calotte di fluoruro d’idrogeno ghiacciato, ai poli, splendevano come zaffiri.

Azzurro e violetto in ogni loro sfumatura erano i colori predominanti; l’aria stessa sembrava percorsa da una radiazione azzurrina. Era un mondo freddo ed impassibile, puro, distante, illusorio come se si riflettesse in un cristallo. Un mondo privo del calore carezzevole delle innumerevoli sfumature del rosso, dell’arancione e del giallo della Terra.

C’erano molte città, in entrambi gli emisferi, nelle aree corrispondenti alle zone polari e temperate della Terra. Le montagne erano più alte, più dentellate e più scure, verso l’equatore. Picahi aguzzi si levavano dal mare, avvolti in nuvole di vapori, e le catene si estendevano in senso latitudinale, lungo le regioni equatoriali.

Dense masse di vapore azzurro si increspavano sulla zona tropicale. Sotto il calore della stella azzurra l’acido fluoridrico, altamente volatile, saturava l’atmosfera con i suoi vapori, che si addensavano in alte muraglie di nubi verso le zone temperate, per riversarsi sulle zone equatoriali.