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Merise afferrò in una mano i capelli neri del ragazzo scuotendogli gentilmente il capo. «Costante, bello mio» mormorò. «Oh, costante, mio potente adorato.» Lui le sorrise seducente. Cadsuane scosse lievemente il capo. Comprendere la relazione di ogni Sorella col proprio Custode era difficile, in special modo fra le Verdi, ma non riusciva neanche a immaginare cosa ci fosse fra Merise e i suoi ragazzi. La sua vera attenzione era su un altro ragazzo, però. Nynaeve ondeggiava, mugolando dall’estasi di una massa incredibile di saidar che la inondava, ma Rand sedeva come una roccia, il sudore che gli colava dal volto. I suoi occhi erano vuoti, simili a lucidi zaffiri. Era conscio di quello che stava accadendo attorno a lui?

La rondine roteò sulla sua catenella sotto la sua mano.

«Là» esclamò lei, indicando verso le rovine di Shadar Logoth. Rand non riusciva più a vedere Nynaeve. Non riusciva più a vedere né a percepire nulla. Nuotava in ondeggianti mari di fuoco, si inerpicava su montagne di ghiaccio che stavano per franare. La contaminazione fluiva come una marea oceanica, tentando di spazzarlo via. Se per un istante avesse perso il controllo, gli avrebbe strappato via ogni cosa che lo rendeva chi era e. avrebbe trasportato anche quella lungo il condotto. L’altro fatto negativo, forse ancora peggiore, era che, malgrado la marea di lordura che allagava quello strano fiore, la corruzione della metà maschile della Fonte non sembrava diminuire. Era come olio che galleggiava sull’acqua in uno strato tanto sottile da non poter essere percepito finché non si toccava la superficie, che tuttavia ricopriva la metà maschile in tutta la sua vastità; era un oceano di per sé stesso. Doveva resistere. Doveva. Ma per quanto? Per quanto poteva resistere?

Se fosse riuscito a disfare quello che al’Thor aveva fatto alla Fonte, pensò Demandred mentre passava attraverso il suo passaggio per Shadar Logoth, disfarlo nettamente e all’improvviso, questo sarebbe potuto riuscire a ucciderlo o almeno a privarlo della capacità di incanalare. Aveva dedotto quale doveva essere il piano di al’Thor non appena si era reso conto di dove si trovava la chiave d’accesso. Un piano brillante, non gli spiaceva ammetterlo, seppur follemente pericoloso. Anche Lews Therin era sempre stato un geniale pianificatore, anche se non quanto tutti lo descrivevano. Nemmeno lontanamente geniale quanto Demandred stesso.

Uno sguardo alla strada disseminata di macerie gli fece cambiare idea sul fatto di modificare qualcosa, però. Accanto a lui si ergeva una mezza cupola pallida, la sua sommità in rovina a duecento metri o più sopra la strada e, sopra di essa, nel cielo brillava la luce di metà mattina. Dall’orlo spezzato delle rovine fin giù nella strada, però, l’aria era buia per le ombre, come se la notte stesse già calando. La città... vibrava. Poteva avvertirlo attraverso i suoi stivali. Fuoco eruttava nella foresta, enormi esplosioni formate da saidin che scagliavano alberi in aria su zampilli di fiamma che si muovevano veloci verso di lui, ma Demandred stava già intessendo un passaggio. Balzandoci attraverso, lo lasciò svanire e corse attraverso gli alberi coperti di rampicanti più rapido che poteva, arrancando in mezzo alle chiazze di neve, incespicando sopra rocce nascoste nel sottobosco, ma non rallentando mai. La tela era stata capovolta, come misura cautelativa, ma così aveva fatto con la prima, ed era stato un soldato. Ancora correndo, udì le esplosioni che si aspettava e seppe che stavano correndo verso il punto dove si era trovato il suo passaggio con sicurezza uguale a quella con cui si erano dirette verso di lui fra le rovine. Ora erano abbastanza distanti da lui da non rappresentare un pericolo, però. Senza rallentare, svoltò verso la chiave d’accesso. Con la quantità di saidin che si riversava attraverso di esso, era come se ci fosse una freccia infuocata nel cielo che puntava verso al’Thor. E così... A meno che qualcuno in questa dannata Epoca non avesse scoperto un’altra capacità sconosciuta, al’Thor doveva essere entrato in possesso di un congegno, un ter’angreal, che poteva rivelare un uomo che stava incanalando. Da quello sapeva di ciò che la gente ora chiamava la Frattura, dopo che lui stesso era stato imprigionato a Shayol Ghoul, ogni donna che sapeva come creare un ter’angreal avrebbe cercato di costruirne uno che potesse farlo. In guerra, l’altra fazione ideava sempre qualcosa che non ti aspettavi, e bisognava contrastarlo. Lui era sempre stato abile nella guerra. Per prima cosa, doveva arrivare più vicino. All’improvviso vide delle persone sulla destra attraverso gli alberi davanti a lui e si riparò dietro uno scabro tronco grigio. Un vecchio, completamente calvo a parte una frangia di capelli bianchi, stava procedendo zoppicante fra due donne, una di loro bella in maniera selvaggia, l’altra affascinante. Cosa stavano facendo in questi boschi? Chi erano? Amici di al’Thor o solo persone nel posto sbagliato al momento sbagliato? Esitava a ucciderli, chiunque fossero. Qualunque utilizzo del Potere avrebbe avvisato al’Thor. Avrebbe dovuto attendere finché non fossero passate. La testa del vecchio si voltava qua e là come se stesse cercando qualcosa fra gli alberi, ma Demandred dubitava che un tizio tanto decrepito potesse vedere molto lontano.

All’improvviso il vecchio si fermò e distese la mano verso Demandred, e lui si ritrovò a schivare freneticamente una rete di saidin che colpì il suo sigillo di protezione molto più forte di quanto avrebbe dovuto, tanto forte quanto i suoi stessi flussi. Quel vecchio traballante era un Asha’man! E almeno una delle donne doveva far parte di quelle che in questo tempo venivano considerate Aes Sedai, ed erano unite al tizio in un anello. Demandred cercò di lanciare il proprio attacco e sbaragliarli, ma il vecchio gli scagliò contro una tela dietro l’altra senza posa, e l’unica cosa che poté fare fu schivarle. Quelle che colpivano gli alberi li avviluppavano nelle fiamme o facevano esplodere i tronchi in centinaia di schegge. Era un generale, un grande generale, ma i generali non dovevano combattere accanto agli uomini che comandavano! Ringhiando, cominciò ad arretrare nel crepitio degli alberi in fiamme e nel fragore delle esplosioni. Lontano dalla chiave. Presto o tardi il vecchio si sarebbe stancato, e allora si sarebbe potuto occupare di uccidere al’Thor. Se uno degli altri non fosse arrivato lì prima. Sperava ardentemente che non lo facessero. Le gonne sollevate sopra le ginocchia, imprecando, Cyndane corse lontano dal suo terzo passaggio non appena l’ebbe attraversato. Poteva sentire le esplosioni avvicinandosi al sito, ma questa volta aveva capito perché arrivavano dritte verso di lei. Inciampando su rampicanti nascosti nella neve, sbattendo contro tronchi d’albero, correva. Odiava le foreste! Almeno alcuni degli altri erano qui — aveva visto quei fuochi zampillanti sfrecciare anche in altri posti, non solo verso di lei; poteva percepire saidar che veniva intessuto in più di un posto, intessuto con furia — ma pregò il Sommo Signore di essere lei a raggiungere Lews Therin per prima. Voleva vederlo morire, comprese, e per far questo avrebbe dovuto avvicinarsi. Accucciandosi dietro un tronco caduto, Osan’gar ansimava per lo sforzo della corsa. Quei mesi spacciandosi per Corlan Dashiva non gli avevano fatto amare di più l’esercizio fisico. Le esplosioni che l’avevano quasi ucciso si smorzarono, poi ricominciarono a qualche distanza, e lui si sollevò con cautela quanto bastava per scrutare oltre il tronco. Non che pensasse che un pezzo di legno gli potesse offrire una gran protezione. Non era mai stato un soldato, non proprio. I suoi talenti e il suo genio risiedevano altrove. I Trolloc erano una sua creazione, e così i Myrddraal che erano nati da loro, e molte altre creature che avevano sconvolto il mondo e avevano reso il suo nome famoso. La chiave d’accesso sfavillava di saidin, ma poteva percepire altre quantità minori che venivano adoperate in varie direzioni. Si era aspettato che altri fra i Prescelti fossero qui prima di lui, aveva sperato che portassero a termine il lavoro prima del suo arrivo, ma evidentemente non era così. Era chiaro che al’Thor aveva portato con sé alcuni di quegli Asha’man e, a giudicare dalla quantità di saidin presente nelle esplosioni di cui era stato bersaglio, anche Callandor. E forse anche alcune delle sue addomesticate cosiddette Aes Sedai.