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«È probabile che si rallegri non poco quando scoprirà che dopotutto il mondo non verrà affatto devastato,» si disse Tas.

E poi il kender udì delle voci lontane levarsi in un canto. La processione! Stava cominciando. Per l’eccitazione Tas fu quasi sul punto di lanciare un evviva. Temendo di venir scoperto, si affrettò a tapparsi la bocca con le mani. Poi diede un’ultima rapida sbirciata a Crysania. Sedeva sconsolata, facendosi piccola piccola al suono della musica. Distorta dalla distanza, questa suonava stridente, aspra e sgradevole. Il volto di Crysania era cinereo, al punto che Tas, per un attimo, si allarmò, ma poi vide che stringeva le labbra con fermezza, con lo sguardo che le s’incupiva.

«Ti sentirai bene molto presto,» le disse Tas in silenzio, poi il kender si ritrasse dietro la tenda per tirar fuori dalla sua borsa il meraviglioso congegno magico. Si sedette, tenendo il congegno fra le mani, e attese.

La processione parve durare un’eternità, per lo meno dal punto di vista del kender. Sbadigliò. Le Missioni Importanti erano decisamente noiose, decise con irritazione, e sperò che qualcuno avrebbe apprezzato quello che lui aveva dovuto sopportare, una volta che tutto fosse finito. Gli sarebbe piaciuto da matti giocherellare con quel congegno magico, ma Raistlin gli aveva bene inculcato nella mente che doveva lasciarlo stare fino a quando non fosse giunto il momento, e poi seguire le istruzioni alla lettera. Talmente intensa era stata l’espressione negli occhi di Raistlin e talmente gelida la sua voce da penetrare perfino l’atteggiamento incurante del kender. Tas sedeva là, tenendo stretto l’oggetto magico, quasi timoroso di muoversi.

Poi, proprio quand’era sul punto di rinunciare, in preda alla disperazione (e il suo piede sinistro stava lentamente perdendo ogni sensibilità) sentì un’esplosione di voci bellissime subito fuori della porta! Una luce brillante penetrò le tende. Il kender combatté la propria curiosità, ma alla fine non riuscì a resistere alla tentazione di dare una sbirciatina. Dopotutto, non aveva mai visto il Gran Sacerdote. Dicendosi che aveva bisogno di vedere quello che stava succedendo, lanciò un’altra occhiata attraverso la fessura.

La luce quasi lo accecò.

«Grande Reorx!» farfugliò il kender, coprendosi gli occhi con le mani. Ricordò che una volta, da bambino, aveva sollevato lo sguardo sul sole, cercando di capire se era davvero una gigantesca moneta d’oro e, se era così, in qual modo avrebbe potuto toglierla dal cielo. Era stato costretto a letto per tre giorni, con degli stracci inzuppati sugli occhi.

«Chissà come ci riesce?» si chiese Tas, mentre arrischiava un’altra occhiatina attraverso le dita.

Fissò il cuore di quella luce, come aveva fissato il sole. E vide la verità. Il sole non era una moneta d’oro. Il Gran Sacerdote era soltanto un uomo.

Il kender non provò il tremendo choc che aveva scosso Crysania quando aveva visto l’uomo vero che c’era dietro l’illusione. Forse ciò era dovuto al fatto che Tas non aveva preconcetti su come il Gran Sacerdote avrebbe dovuto essere. I kender non si lasciavano mai sgomentare da niente o da nessuno (anche se Tas doveva ammettere di sentirsi un po’ strano nelle vicinanze del cavaliere della morte, Lord Soth.) Rimase perciò solo moderatamente sorpreso nel vedere che il tanto sacro Gran Sacerdote era niente più di un umano di mezza età, mezzo calvo, con pallidi occhi azzurri, e l’espressione terrorizzata di un cervo intrappolato in una macchia. Tas rimase sorpreso, e deluso.

«Mi sono preso tutti questi fastidi per niente,» pensò il kender, irritato. «Non ci sarà nessun Cataclisma. Non credo che quest’uomo riuscirebbe a farmi arrabbiare abbastanza da indurmi a lanciargli addosso una torta, per non parlare di un’intera montagna di fuoco.»

Ma Tas non aveva nient’altro da fare (e moriva davvero dalla voglia di far funzionare il congegno magico), perciò decise di rimanere là ad osservare e ad ascoltare. Malgrado tutto, qualcosa avrebbe potuto succedere. Cercò di vedere Crysania, chiedendosi cosa provasse, ma l’alone di luce che circondava il re sacerdote era così luminoso che non riusciva a, vedere nient’altro nella stanza.

Il Gran Sacerdote camminò fin davanti all’altare, muovendosi lentamente, con lo sguardo che guizzava a destra e a sinistra. Tas si chiese se, il Gran Sacerdote avrebbe visto Crysania, ma a quanto pareva era accecato anche lui dalla propria luce, poiché il suo sguardo le passò sopra senza notarla. Arrivato all’altare, non s’inginocchiò a pregare come aveva fatto Crysania. Tas ebbe l’impressione che fosse sul punto di farlo, ma poi il Gran Sacerdote scosse rabbiosamente la testa e rimase là in piedi.

Dal suo punto di visuale, direttamente dietro e un po’ sulla sinistra dell’altare, Tas era in grado di contemplare senza difficoltà la faccia dell’uomo. Ancora una volta il kender strinse il magico congegno in preda all’eccitazione, poiché l’espressione di puro terrore in quegli occhi acquosi era stata nascosta dalla maschera dell’arroganza.

«Paladine,» strombazzò il Gran Sacerdote, dando a Tas la chiara impressione che quell’uomo si stesse rivolgendo a un subalterno. «Paladine, vedi il male che mi circonda! Sei stato testimone delle calamità che hanno flagellato Krynn nei giorni scorsi. Tu sai che questo male è diretto contro la mia persona, poiché io sono il solo che lo combatte! Certamente, adesso devi aver capito che questa dottrina dell’equilibrio non può funzionare!»

La voce del Gran Sacerdote perse quello squillo aspro, per diventare morbida e sommessa come un flauto. «Capisco, naturalmente. Ai vecchi tempi, quand’eri debole, dovevi praticare questa dottrina. Ma adesso hai me, il tuo braccio destro, il tuo vero rappresentante su Krynn. Con la nostra potenza unita, posso spazzare via il Male da questo mondo. Posso distruggere la razza degli orchi! Mettere in riga i capricciosi umani! Trovare nuove terre lontane per i nani e i kender e gli gnomi, quelle razze che non hai creato...»

Che insulto! pensò Tas, irritatissimo. Ho una mezza idea di lasciare che procedano e gli facciano cascare addosso la montagna!

«E regnerò nella gloria,» la voce del Gran Sacerdote divenne un crescendo, «dando inizio a un’epoca in grado di rivaleggiare perfino con la favolosa Era dei Sogni!» Il Gran Sacerdote spalancò le braccia. «Paladine, hai dato questo e anche di più a Huma, il quale altri non era che un cavaliere rinnegato di infimi natali! Esigo che tu dia anche a me il potere di cacciare le ombre del Male che oscurano questa terra.»

Il Gran Sacerdote a questo punto tacque, aspettando, con le braccia sollevate.

Tas trattenne il fiato, aspettando anche lui, stringendo il magico congegno fra le mani.

E poi il kender sentì la risposta. L’orrore s’impadronì di lui, una paura che non aveva mai provato prima, neppure in presenza di Lord Soth o vicino al Bosco di Shoikan. Tremando, il kender cadde sulle ginocchia e chinò la testa, piagnucolando e tremando, implorando misericordia e perdono da qualche forza invisibile. Potè sentir giungere, da oltre la tenda, in risposta al suo farfugliare incoerente, un’eco, e seppe che Crysania era là, e anche lei sentiva quell’orribile collera rovente che si stava abbattendo su di loro come il tuono della tempesta.

Ma il Gran Sacerdote non disse una sola parola. Rimase là a fissare speranzoso il cielo che non poteva vedere attraverso le massicce mura e i soffitti del suo Tempio... il cielo che non poteva vedere a causa della propria luce.

Capitolo diciassettesimo.

Fermamente deciso ad agire, Caramon piombò in un sonno esausto e, per alcune ore, fu benedetto dall’oblio. Si svegliò con un sussulto e trovò Raag chino su di lui intento a spezzargli le catene.

«E questi?» gli chiese Caramon, sollevando i polsi imprigionati.

Raag scosse la testa. Anche se Arack non pensava proprio che lo stesso Caramon sarebbe stato così pazzo da tentare, disarmato, di sopraffare l’orco, il nano aveva visto abbastanza follia negli occhi dell’uomo, la sera prima, da non voler correre rischi.