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«E cosa successe?» chiese Tanis, anche se aveva già indovinato la risposta.

«La lettera tornò indietro,» bisbigliò Tika. «Non era stata aperta. Il sigillo non era stato neppure strappato. E all’esterno era scritto: “Non ho nessun fratello. Non conosco nessuno che si chiami Caramon”. Ed era firmata Raistlin.»

«Raistlin!» Crysania guardò Tika, come se la vedesse per la prima volta, i suoi occhi grigi si erano spalancati per la sorpresa mentre passavano dalla giovane donna dai capelli rossi a Tanis, e poi al gigantesco guerriero sul pavimento, che ruttava, a proprio agio nel suo sonno di ubriaco.

«Caramon... Costui è Caramon Majere! Questo è suo fratello? Il gemello di cui mi parlavi? L’uomo che poteva condurmi...»

«Mi spiace, Reverenda Figlia,» disse Tanis, arrossendo. «Non avevo nessuna idea che lui...»

«Ma Raistlin è così... intelligente, potente. Pensavo che il suo gemello gli somigliasse. Raistlin è sensibile, esercita un controllo così forte su se stesso e su quelli che lo servono! È un perfezionista, mentre costui...» Crysania fece un gesto. «Questo patetico relitto, pur meritando la nostra pietà e le nostre preghiere, è...»

«Il tuo “sensibile e intelligente perfezionista” ha posto mano nel trasformare quest’uomo nel “patetico relitto” che tu vedi, Reverenda Figlia,» replicò Tanis, in tono acido, facendo attenzione a tenere la collera sotto controllo.

«Forse è stato il contrario,» disse Crysania, fissando Tanis con freddezza. «Forse è stato per mancanza di amore che Raistlin ha voltato le spalle alla luce per incamminarsi nel buio.»

Tika sollevò lo sguardo su Crysania. C’era una strana espressione nei suoi occhi. «Mancanza di amore?» ripetè con gentilezza. Caramon gemette nel sonno e cominciò a dimenarsi sul pavimento.

Tika balzò in piedi.

«Faremo meglio ad accompagnarlo a casa.» Sollevò lo sguardo, vide l’alta figura di Riverwind comparire sulla soglia, poi si rivolse a Tanis. «Ti rivedrò domattina, vero? Non potresti rimanere, anche soltanto per questa notte?»

Tanis guardò i suoi occhi imploranti e gli venne voglia di troncarsi la lingua con un morso prima di rispondere. Ma non c’era niente che potesse fare. «Mi spiace, Tika,» disse, afferrandole le mani.

«Vorrei poterlo fare, ma devo andare. È una lunga cavalcata da qui fino a Qualinost, e non oso arrivare in ritardo. Forse il destino di due regni dipende dalla mia presenza laggiù.»

«Capisco,» disse Tika con voce sommessa. «Comunque, questo non è il tuo problema. Me la caverò.»

Tanis avrebbe voluto strapparsi la barba per la frustrazione. Smaniava dal desiderio di rimanere e di aiutarla, sempre che avesse potuto aiutarla. Per lo meno avrebbe potuto parlare a Caramon per cercare di far entrare un po’ di buon senso in quel suo craniaccio. Ma Porthios l’avrebbe preso per un affronto personale se lui non fosse intervenuto al funerale, il che non avrebbe influenzato soltanto il suo rapporto personale con il fratello di Laurana, ma avrebbe proiettato un’ombra sul trattato di alleanza il cui negoziato era in corso fra Qualinesti e Solamnia.

E poi, quando i suoi occhi si posarono su Crysania, Tanis si rese conto di avere un altro problema.

Gemette dentro di sé. Non poteva condurla a Qualinost. Porthios non sapeva che farsene dei chierici umani.

«Ascolta,» disse Tanis all’improvviso, facendosi venire un’idea. «Tornerò dopo il funerale.» Gli occhi di Tika s’illuminarono. Si voltò verso Dama Crysania. «Ti lascerò qui, Reverenda Figlia,» continuò Tanis. «Sarai al sicuro in questa città, nella locanda. Poi ti scorterò nuovamente fino a Palanthas, dal momento che il tuo viaggio è fallito...»

«Il mio viaggio non è fallito,» dichiarò Crysania in tono risoluto. «Continuerò come ho cominciato. Intendo raggiungere la Torre della Grande Stregoneria a Wayreth, per tener consiglio colà, con Par-Salian delle Vesti Bianche.»

Tanis scosse la testa. «Io non posso portarti fin là,» disse. «Ed è ovvio che Caramon ne è incapace. Perciò suggerisco...»

«Sì,» lo interruppe Crysania, condiscendente. «È chiaro che Caramon è inabile. Perciò aspetterò che quel vostro amico kender arrivi qui, per incontrarmi con la persona che è stato mandato a cercare, poi continuerò il viaggio da sola.»

«Assolutamente no!» urlò Tanis. Riverwind sollevò le sopracciglia per ricordare a Tanis con chi stava parlando. Con uno sforzo, il mezzelfo recuperò il controllo. «Mia signora, non hai nessuna idea dei pericoli. Oltre a quelle creature tenebrose che ci hanno inseguito - e credo che tutti noi sappiamo chi le ha mandate - ho ascoltato le storie di Caramon sulla Foresta di Wayreth. È ancora più buia! Torneremo a Palanthas, troverò dei cavalieri...»

Per la prima volta Tanis vide una pallida macchia di colore disegnarsi sulle guance di marmo di Crysania. Le sue nere sopracciglia si contrassero mentre sembrava riflettere. Poi il suo volto si schiarì. Sollevando lo sguardo su Tanis, sorrise.

«Non c’è nessun pericolo,» disse. «Io sono nelle mani di Paladine. Le creature delle tenebre potranno anche essere state mandate da Raistlin, ma non hanno alcun potere di far del male a me! Sono servite soltanto a rafforzare la mia decisione.» Vedendo il volto di Tanis che s’incupiva sempre più, sospirò. «Ti prometto questo. Ci penserò. Forse hai ragione. Forse il viaggio è troppo pericoloso...»

«È una perdita di tempo,» mormorò Tanis, il dolore e la fatica lo inducevano a dire con franchezza ciò che aveva provato sin dall’inizio del folle piano di quella donna. «Se Par-Salian avesse potuto distruggere Raistlin, l’avrebbe fatto già da molto tempo...»

«Distruggere!» Crysania guardò Tanis scioccata, i suoi occhi grigi erano di ghiaccio. «Non cerco la sua distruzione.»

Tanis la fissò sbalordito.

«Sto cercando di recuperarlo» proseguì Crysania. «Adesso andrò nelle mie stanze, se qualcuno vuol essere così gentile da condurmici.»

Dezra si affrettò a farsi avanti. Con calma, Crysania augurò a tutti loro la buona notte, poi seguì Dezra fuori della sala. Tanis la seguì con lo sguardo, del tutto incapace di spiccicar parola. Sentì Riverwind borbottare qualcosa in queshu. Poi Caramon gemette di nuovo. Riverwind diede una gomitata a Tanis. Insieme si chinarono sull’addormentato Caramon e, con uno sforzo, sollevarono in piedi l’omone.

«In nome dell’Abisso, se pesa!» Tanis rantolò, barcollando sotto il peso morto mentre le braccia flaccide di Caramon gli penzolavano da sopra le spalle. Il fetore dello spirito dei nani semidigerito lo fece quasi vomitare.

«Come può bere quella roba?» chiese Tanis a Riverwind, mentre trascinavano l’ubriaco fino alla porta. Tika li seguiva piena d’ansia.

«Dovrei rimanere...» mormorò Tanis.

«Non puoi combattere un’altra battaglia, amico mio,» dichiarò con fermezza Riverwind.

«Specialmente quando è fra un uomo e la propria anima.»

Era passata mezzanotte quando Tanis e Riverwind finalmente riuscirono a portare a casa Caramon, scaricandolo senza tante cerimonie sul suo letto. Tanis non si era mai sentito tanto stanco in vita sua. Le spalle gli facevano male per aver trasportato il peso morto del gigantesco guerriero. Era esausto e si sentiva svuotato, i suoi ricordi del passato - un tempo piacevoli - adesso erano come vecchie ferite, aperte e sanguinanti. E doveva cavalcare ancora per ore prima dell’alba.

«Vorrei poter rimanere,» ripetè di nuovo a Tika, mentre sostavano insieme a Riverwind fuori della porta, contemplando la pacifica e sonnacchiosa città di Solace. «Mi sento responsabile...»

«No, Tanis,» disse Tika in tono pacato. «Riverwind ha ragione. Non puoi combattere questa guerra. Adesso devi vivere la tua vita. Inoltre non c’è niente che tu possa fare. Puoi soltanto peggiorare le cose.»

«Suppongo di sì.» Tanis corrugò la fronte. «Tornerò fra una settimana. Allora ne parlerò a Caramon.»

«Questo sarebbe simpatico,» sospirò Tika. Poi, dopo una pausa, cambiò argomento. «A proposito, che cosa voleva dire Dama Crysania quando ha accennato all’arrivo di un kender? Tasslehoff?»