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Si avvicinò alla casetta e si fermò fuori dalla porta, ascoltando con attenzione. All’interno si udiva il più orrendo subbuglio. Poteva udire una serie ininterrotta di tonfi e il rumore di vetri che andavano in frantumi, e passi rimbombanti.

«Credo che farai meglio ad aspettare qua fuori,» disse Tas al fagotto di cenci.

Il fagotto grugnì e si accovacciò comodamente sulla strada fangosa, accanto alla casetta. Tas lo fissò incerto, poi scrollò le spalle e tornò ad avvicinarsi alla porta. Mise una mano sulla maniglia, la girò e fece un passo avanti, fiducioso di poter entrare. Invece andò a sbattere il naso contro il legno.

La porta era chiusa a chiave.

«È strano,» mormorò Tas, facendo un passo indietro e guardandosi intorno. «Cos’è venuto in mente a Tika? Mettersi a chiudere le porte a chiave... che barbarie! E un catenaccio per giunta. Sono sicuro che mi aspettavano...». Fissò con aria cupa la serratura. All’interno le urla e le grida non erano cessate. Gli parve di udire la voce profonda di Caramon.

«Pare che stia davvero succedendo qualcosa d’interessante là dentro.» Tas si guardò intorno, e si sentì subito incoraggiato. «La finestra! Naturalmente!»

Ma, nel l’affrettarsi verso la finestra, Tas scoprì che anche quella era chiusa! «Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da parte di Tika, fra tutte le persone che conosco,» commentò fra sé con tristezza il kender. Studiando la serratura notò che era di tipo semplice: sarebbe stato facile aprirla. Dalla serie di arnesi che aveva in borsa, Tas tirò fuori lo scassinaserrature che appartiene a ogni kender per diritto di nascita. Lo inserì, poi lo torse con mano esperta ed ebbe la soddisfazione di sentire la serratura che faceva clic. Sorridendo felice aprì con una spinta il pannello di vetro e strisciò dentro. Cadde sul pavimento senza produrre il benché minimo rumore. Sbirciando dietro di sé attraverso la finestra vide il fagotto informe appisolato nel rigagnolo.

Confortato su quel punto, Tasslehoff ristette per dare un’occhiata alla casa, i suoi occhi acuti videro ogni cosa, le sue mani toccarono ogni cosa.

«Cielo, questo sì che è interessante,» disse Tas, proseguendo il suo interminabile commento mentre si avvicinava a una porta chiusa da oltre la quale giungevano gli schianti. «A Tika non dispiacerà se lo studio per un momento. Lo rimetterò subito al suo posto.» L’oggetto ruzzolò come per volontà propria dentro la sua borsa. «E guarda questo! Uh-oh, è crepato. Tika mi ringrazierà quando glielo dirò.» L’oggetto scivolò dentro un’altra delle sue tasche. «E cosa ci fa qua, il piatto del burro? Sono sicuro che Tika lo terrebbe nella dispensa. Farò meglio a rimetterlo nel posto che gli si addice.» Il burro finì in una terza tasca.

A questo punto Tas aveva raggiunto la porta chiusa. Girò la maniglia (provò una viva gratitudine nello scoprire che Tika non aveva chiuso a chiave anche quella porta) ed entrò.

«Ehi!» esclamò in tono allegro. «Vi ricordate di me? Ah, questo sembra divertente. Posso giocare anch’io? Dai qualcosa anche a me da tirargli addosso, Tika. Ciao, Caramon.» Tas entrò nella camera da letto e si avvicinò a Tika che, con un pettorale in mano, lo stava fissando con profondo stupore.

«Che cosa avete?... siete spaventosi, proprio spaventosi! Dimmi, perché stiamo buttando addosso a Caramon l’armatura, Tika?» chiese Tas, prendendo in mano una cotta di maglia e girandosi verso il grosso guerriero che si era barricato dietro il letto. «È qualcosa che voi due fate regolarmente? Ho sentito dire che le coppie sposate fanno cose strane, ma questo mi pare davvero bizzarro...»

«Tasslehoff Burrfoot!» Tika aveva recuperato la favella. «In nome degli dei, che cosa ci fai, qui?»

«Diamine, sono sicuro che Tanis deve averti detto che sarei venuto,» disse Tas, scagliando la cotta di maglia addosso a Caramon. «Ehi! Questo sì che è divertente! Ho trovato la porta d’ingresso chiusa a chiave.» Tas le lanciò un’occhiata di rimprovero. «In effetti ho dovuto entrare dalla finestra, Tika,» le disse in tono severo. «Credo che dovresti avere più considerazione per la gente. Comunque, dovrei incontrare Dama Crysania qui da voi e...»

Con vivo stupore di Tas, Tika lasciò cadere il pettorale, esplose in lacrime e si accasciò sul pavimento. Il kender guardò in direzione di Caramon, il quale si stava risollevando da dietro il letto come uno spettro che sorgesse dalla tomba. Caramon se ne stette là immobile a fissare Tika con un’espressione smarrita e nostalgica. Poi si fece strada in mezzo ai vari pezzi di armatura che giacevano sparpagliati sul pavimento e s’inginocchiò accanto a lei.

«Tika,» bisbigliò patetico, battendole una mano sulla spalla. «Mi spiace. non intendevo dire tutte queste cose che ho detto, lo sai. Ti amo! Ti ho sempre amata. È soltanto che... non so che cosa fare!»

«TU sai che cosa fare!» urlò Tika, staccandosi da lui. Balzò in piedi. «Te l’ho appena detto! Dama Crysania è in pericolo. Devi raggiungerla!»

«Chi è questa Dama Crysania?» gridò Caramon in risposta. «Perché dovrebbe importarmi se è in pericolo oppure no?»

«Ascoltami una volta tanto in vita tua,» sibilò Tika a denti stretti. La rabbia le prosciugò le lacrime.

«Dama Crysania è un potente chierico di Paladine, uno dei più potenti al mondo, dopo Elistan. È stata avvertita in un sogno che il male di Raistlin potrebbe distruggere il mondo. Sta andando alla Torre della Grande Stregoneria a Wayreth per parlare a Par-Salian e...»

«... e ottenere l’aiuto necessario a distruggerlo, non è vero?» ringhiò Caramon.

«E se anche fosse questo?» avvampò Tika. «Merita forse di vivere? Ti ucciderebbe senza pensarci una seconda volta!»

Gli occhi di Caramon lampeggiarono pericolosamente, il suo volto s’imporporò. Tas deglutì, vedendo serrarsi il pugno dell’omone, ma Tika si avvicinò, fermandosi proprio davanti a lui.

Malgrado la sua testa arrivasse a malapena al mento di Caramon, a Tas parve che l’omone si facesse piccolo piccolo davanti alla sua collera. La sua mano si aprì, floscia.

«Ma no, Caramon,» disse Tika, con voce cupa. «È pazza tanto quanto lo sei tu. Ama tuo fratello, che gli dei la aiutino. Vuole salvarlo, vuole fargli voltare le spalle al male.»

Caramon fissò Tika in preda allo stupore. La sua espressione si ammorbidì.

«Davvero?» chiese.

«Sì, Caramon,» confermò Tika con stanchezza. «È per questo che è venuta qui ad incontrarti. Ha pensato che tu potessi essere in grado di aiutarla. Poi, ieri sera, quando ti ha visto...»

Caramon abbassò la testa. I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Una donna, un’estranea, vuole aiutare Rais. E rischia la sua vita per farlo.» Ricominciò a piagnucolare.

Tika lo fissò esasperata. «Oh, per l’amore di... valle dietro, Caramon!» gridò, picchiando il piede sul pavimento. «Non raggiungerà mai da sola la Torre, lo sai! Tu hai attraversato la foresta di Wayreth.»

«Sì,» disse Caramon, tirando su col naso. «Ci sono stato con Rais. L’ho accompagnato là, in modo che potesse trovare la Torre e affrontare la Prova. Quella malefica Prova! Io l’ho protetto, aveva bisogno di me... allora.»

«E Crysania ha bisogno di te adesso!» esclamò Tika, ancora cupa. Caramon appariva tuttora indeciso, immobile, e Tas vide il volto di Tika irrigidirsi in linee dure e ferme. «Non hai molto tempo da perdere, se vuoi raggiungerla. Ricordi la strada?»

«Io la ricordo!» grido Tas tutto eccitato. «Vale a dire, ho una mappa.» E Tika e Caramon si voltarono a fissare il kender con stupore: entrambi si erano dimenticati della sua esistenza.

«Non so,» disse Caramon, fissando, scuro in volto, Tas. «Ricordo le tue mappe. Una ci ha condotto in un porto di mare che non aveva nessun mare!»

«Quella non è stata colpa mia!» gridò Tas indignato. «Perfino Tanis lo disse. La mia mappa era stata disegnata prima che arrivasse il Cataclisma e si portasse via il mare. Ma tu devi portarmi con te, Caramon! Devo incontrarmi con Dama Crysania. Mi aveva mandato a fare una cerca, ed io l’ho completata. Ho trovato...» un improvviso movimento attrasse l’attenzione di Tas, «oh, eccola qua.»